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Pluridisciplinare
Italia, record dei parti cesarei

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore
Tipologia: Documentazione

Abstract: Una tendenza in crescita, superato il 35% sul totale
Ecco l'analisi di un fenomeno messo da molti sotto accusa
Italia, record dei parti cesarei
in Campania punte dell'88%

di RICCARDO STAGLIANÒ


ROMA - Per una volta battere il Brasile non dà alcuna soddisfazione. Anzi, rattrista, dal momento che la finale era tra i paesi al mondo che fanno più tagli cesarei. L'Organizzazione mondiale della sanità dice che non si dovrebbe superare la soglia del 10-15 per cento del totale, da noi la media è del 35 con punte, in strutture private della Campania, dell'88 per cento. Dove sta lo scandalo? Parto moderno, efficiente, che sembra finalmente smentire l'anatema delle Scritture ("partorirai con dolore"). Ma anche chirurgico, rischioso (almeno 4 volte di più del naturale quanto a mortalità della madre), con innumerevoli possibili complicazioni per entrambi. Un'eccezione diventata la regola per motivi che non sempre hanno a che fare con la salute. Non quella della donna, almeno, mentre per i ginecologi che lo scelgono si tratta di un sacco di stress in meno: una mezz'oretta ed è tutto finito, niente in confronto alle imponderabili attese del travaglio. "Oggi sembra che tutto vada bene ma tra dieci anni - spiega Roberta Arsieri, per trent'anni neonatologa al Cardarelli di Napoli - se dovrà essere operata all'utero o alle ovaie, ad esempio, il chirurgo troverà un addome già tagliato, con aderenze e altri problemi che si sarebbero potuti evitare".

Considerando il parto un evento naturale e non una malattia. "Il cesareo è un salvavita, va assolutamente praticato quando è necessario - esordisce Michele Grandolfo, epidemiologo dell'Istituto superiore della sanità - ma se non ne esistono i requisiti presenta maggiori effetti collaterali dello spontaneo, è più pericoloso". I casi obbligati, quando a dettarlo sono complicazioni nella salute del bambino o della madre, sono ormai la minoranza. Il grosso riguarda quelli "elettivi". Uno studio apparso nel novembre 2004 sul British Medical Journal ne ha calcolato un aumento del 67% tra il 1991 e il 2001 negli Usa che, nel 2003, erano arrivati a quota 27,6% del totale. E la finalissima mondiale è tra Brasile (40% nel ?99, ma la tendenza è in calo) e Italia, seconda sino quando non manda in campo i fuoriclasse campani che battono i carioca a mani basse. Perché?

SICURO. Il cesareo è più sicuro, si sente ripetere. Ma c'è una sterminata letteratura internazionale di tutt'altro avviso e basta un'occhiata all'illuminante tabella realizzata da SaPeriDoc, un centro di documentazione sulla salute perinatale che lavora con la usl di Modena, per rovesciare la saggezza popolare. Il dolore immediato, certo, è quasi un terzo ma quello dei giorni successivi è il doppio, le probabilità di lesione vescicale sono 36 volte più alte, quelle di ulteriore intervento chirurgico 17, di isterectomia 95. La lista proseguirebbe a lungo, ma la liquidiamo con tre indicatori per cui non serve una laurea in medicina: il pericolo di trombosi è 4 volte superiore, quello di rottura uterina nelle successive gravidanze di 42 e il ricovero dura in media 3-4 giorni contro 1-2. Per il neonato lo svantaggio più vistoso sembra riguardare i problemi respiratori (7 volte più frequenti). L'argomento sanitario, quindi, non regge.

LE DONNE LO VOGLIONO. In Gran Bretagna le hanno battezzate in maniera derisoria "too posh to push", "troppo eleganti per spingere". Pur di non soffrire, a differenza delle loro madri, preferiscono farsi tagliare. "Ma di quale scelta parliamo? La donna si fida del medico e se chiede un trattamento è perché le è stato suggerito - rincara Grandolfo - . Nel ?99 e nel 2002 chiedemmo rispettivamente a 2000 e 7500 puerpere: il 90 per cento confermava la propria preferenza per lo spontaneo mentre il 70% dei cesarei diceva che avrebbe preferito lo spontaneo".

I MEDICI. Se il cherchez la femme delude, non resta che guardare al medico. Che ha ottimi incentivi per imboccare la via chirurgica. Intanto il "fattore tempo". "Si tratta dell'impegno di una trentina di minuti - constata Maria Antonietta Bianco, presidentessa della Federazione nazionale delle ostetriche - contro l'incertezza di ore in attesa che le contrazioni sortiscano il loro effetto". Con l'ostetrica e una squadra di sanitari pronti a qualsiasi evenienza "bloccati" in maniera sommamente anti-economica. "Non è un caso - prosegue - che l'importante studio del professor Montanari documentò che la quasi totalità dei cesarei si registravano tra le 8 e le 14". Ben strano per un intervento che dovrebbe essere "di emergenza" e quindi non programmabile. Insomma, conviene seguire i soldi: quelli che si fanno subito, spicciandosi la mattina in ospedale e ricevendo a studio nel pomeriggio, e quelli che si evita di perdere dopo. Perché il rischio vero del parto naturale è che qualche genitore faccia poi causa per lesioni attribuibili al momento dell'estrazione. "Non serve neppure che sia provata la colpa - spiega Nicola Natale, vice-presidente della Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani che sborsa ogni anno 6000 euro per la sua polizza - : basta ricevere una denuncia e l'assicurazione può disdettarvi, salvo riammettervi con premi schizzati alle stelle".

LE OSTETRICHE. In questo quadro le ostetriche sono il proverbiale vaso di coccio in mezzo a quelli di ferro. "Non possiamo dire al chirurgo "non lo fai" ma scrivere che non era necessario, sì" commenta Bianco, "a costo di passare per le talebane della professione". Carta straccia. E se va avanti così anche loro rischiano di dimenticare come si fa a far uscire un bimbo per le vie ordinarie: "Una volta si tiravano fuori, a casa, anche i podalici" è l'esempio più ripetuto. In Lombardia, dove le medie tornano europee, il risultato si è ottenuto ri-valorizzandole: "Il nostro 15% - spiega Natale, primario a Lecco - viene fuori da un'educazione al parto molto accurata, una buona assistenza ostetrica e un reparto di patologia neonatale accanto sul quale, se qualcosa andasse storto, si può contare". E, a evitare tentazioni, il "Diagnosys related group", il tariffario che stabilisce i rimborsi alla struttura sanitaria da parte del sistema sanitario nazionale, è stato modificato in modo tale da "pagare" il cesareo quanto lo spontaneo (mentre nel resto del paese il primo vale assai più del secondo). Insomma, esattamente l'opposto di ciò che succede in Campania dove, si rammarica Arsieri "solo il 10 per cento delle gravide fa un corso di accompagnamento. Una persona preparata se lo gode il parto, una colica biliare dà dolori assai peggiori del travaglio e non c'è neppure l'obiettivo straordinario di dare alla luce un figlio".

SOLUZIONI E MITI. Che fare, quindi, per riacquistare in tutto il paese standard da "primo mondo"? "Il ministro della salute - ipotizza Grandolfo - potrebbe prendere la lista delle regioni, controllare le percentuali e fare una ramanzina a chi sfora. Potrebbe addirittura consigliare di non votare quei governatori che, nominando i direttori generali delle asl e delle aziende autonome ospedaliere, e decidendo quali convenzioni fare con le cliniche, finiscono per sprecare le risorse che arrivano dai contribuenti". Alla fine di gennaio la commissione Affari sociali della Camera ha presentato un disegno di legge sul parto che indica, tra gli obiettivi, anche la riduzione dei cesarei. Il "taglio" prenderebbe il suo nome da Giulio Cesare che sarebbe nato anzitempo dall'addome di sua madre Aurelia. Pare anche che Apollo avesse generato Esculapio facendolo uscire dalla pancia della bellissima ninfa Coronide. Ma dopo averla uccisa per punirla del suo tradimento, però, e non c'era davvero altro modo.

(14 marzo 2005)


http://www.repubblica.it/2005/c/sezioni/scienza_e_tecnologia/cesarei/cesarei/cesarei.html



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