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SCHEDA RISORSA
Transdisciplinare
Storia
Guido Rossa - Uno dei nostri, con la memoria rivolta al futuro
di Walter Veltroni
Lingua:
Italiana
Destinatari:
Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia:
Documentazione
Abstract: Uno dei nostri, con la memoria rivolta al futuro di Walter Veltroni
Una mattina di venticinque anni fa. Un operaio infila l’eskimo, scende le scale di casa e sale sull’auto parcheggiata di fronte. Sta per avviare il motore e partire alla volta della fabbrica, per il suo turno di lavoro. Non vi arriverà mai: sei colpi di pistola lo uccideranno, sei colpi sparati in nome del riscatto degli operai uccideranno un operaio impegnato nel partito e nel sindacato. Con la rievocazione asciutta, tesa e puntuale dell’omicidio di Guido Rossa, Giancarlo Feliziani inizia un libro che racconta e documenta un momento decisivo della recente (e travagliata) storia nazionale. (...) Rossa scelse di schierarsi, rifiutò lo slogan di chi voleva non si fosse «né con lo Stato, né con le Br» per stare con la grande maggioranza della sinistra - insieme al Pci di Enrico Berlinguer e con la Cgil di Luciano Lama - che si pose senza equivoci dalla parte delle istituzioni. (...) La scelta di Rossa e di quella parte della sinistra fu di stare con la legalità e la democrazia. Su questo non ci possono essere dubbi, anche se - il tempo e le più importanti inchieste sulla P2 o sulle stragi che hanno segnato la storia italiana ce l’hanno insegnato - bisogna riflettere sul fatto che il Pci, quasi per una sorta di eccesso di responsabilità, mentre difendeva lo Stato democratico non riuscì con uguale capacità a poggiare il proprio sguardo su ciò che di corroso c’era al suo interno. Dal ritratto di questo libro, ben documentato, possiamo comunque avere un’idea più completa e profonda della forza ideale che ha sostenuto l’impegno di Rossa. Mi riferisco alle pagine che ricordano la passione di Guido per la montagna, e di come egli ebbe occasione di parlare delle motivazioni che lo spinsero ad abbandonare la solitudine dei monti e l’impegno per le scalate per affrontare direttamente i problemi di fronte ai quali egli sentiva, fortissima, la necessità di intervenire in prima persona. «Da parecchi anni, ormai - scriveva - mi ritrovo sempre più spesso a predicare agli amici che mi sono vicini l’assoluta necessità di trovare un valido interesse nell’esistenza, un interesse che si anteponga a quello quasi inutile (e non nascondiamocelo, forse inutile anche a noi stessi) dell’andar sui sassi» per raggiungere «un paradiso di vette pulite, perfette, scintillanti, dove per un attimo, o per sempre, possiamo dimenticare di essere gli abitanti di un mondo colmo di soprusi e di ingiustizie, di un mondo dove un abitante su tre vive in uno stato di fame cronica, due su tre sono sottoalimentati e dove su sessanta milioni di morti all’anno, quaranta milioni muoiono di fame! Per questo penso che anche noi dobbiamo finalmente scendere giù in mezzo agli uomini e lottare con loro» così da «rendere valida l’esistenza nostra e dei nostri figli». In fondo, in queste parole così intense, c’è la chiave per comprendere le ragioni di un uomo che, anche a costo di pagare questa sua decisione con la propria, non ebbe paura di essere coerente con la sua concezione della vita: una volta, a chi gli domandava dei pericoli di una scalata, rispose che ci voleva «più fegato a essere coerenti tutti i giorni». Non voglio comunque rassegnarmi al fatto che una tale concezione della politica sia consegnata ai ricordi di un passato ormai remoto. L’idea di una politica intesa come spirito di servizio a favore della collettività, come preminenza del bene pubblico sugli interessi particolari, ha attraversato la storia della sinistra italiana. È una storia che ha visto come protagonisti donne e uomini che dell’impegno politico hanno fatto il momento alto della propria esistenza, con intelligenza, coraggio, passione. Antonio Gramsci e Carlo Rosselli, certo. E con loro anche molti che hanno sacrificato la loro giovinezza con una nobiltà e con una semplicità tali da sembrare, oggi, quasi incredibili. Con quella nobiltà e quella semplicità che si ritrova nelle parole scritte durante la Resistenza da un giovane studente - non importa se azionista, socialista o comunista - poco prima di essere fucilati dai tedeschi: «Sono tranquillo e sereno, perché pienamente consapevole di aver fatto tutto il mio dovere... Ho amato soprattutto i miei ideali, pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare, anche la vita». Oggi, per fortuna, nella nostra parte di mondo la scelta di volersi impegnare per gli altri, per i propri ideali, non deve misurarsi con le condizioni terribili di allora. Questo non vuol dire, però, che non occorrano coraggio e passione. Il coraggio e la passione che dimostrano ogni giorno i magistrati e le forze dell’ordine che sono in prima linea contro la grande criminalità. Il coraggio dei commercianti che denunciano il racket. È proprio su questa nobile tradizione e sulla memoria di persone come Guido Rossa, sulla loro forte tensione etica, che deve fondarsi anche il nostro impegno politico attuale, perché i nuovi valori che vogliamo affermare devono poter poggiare su basi solide. Dico questo proprio in un momento storico in cui è sempre più forte il rischio che l’idea della politica come qualcosa di alto e nobile sia ormai un’idea consegnata al passato
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