centro risorse per la didattica
Risorse per area disciplinare:   
Homepage
La redazione
 
Ricerca
Iscriviti alla news
Le newsletter
 
Attualità
Percorsi
Novità
Recensioni
 
Disabilità
Lavagna Interattiva
 
La tua segnalazione
Il tuo giudizio
 
Cataloghi in rete
 
DIDAweb
 

risorse@didaweb.net
 
Fai conoscere ai tuoi amici
questa pagina

 

  Cerca nel web:
Se sei un utilizzatore della toolbar di Google, puoi aggiungere anche il nostro pulsante:
Centro Risorse
  SCHEDA RISORSA


Transdisciplinare


Orientamento -  Il fragile mondo degli atipici



Lingua: Italiana
Destinatari: Formazione permanente, Alunni scuola media superiore
Tipologia: Utilità e strumenti

Abstract:
Il fragile mondo degli atipici
Forme contrattuali sempre più flessibili, tutele esigue se non assenti. Il pianeta degli atipici, popolato soprattutto da donne, rischia di favorire una sorta di precariato dei lavori meno qualificati. Intervista a Giovanna Altieri, direttore dell'Ires e autrice del Terzo rapporto sul lavoro atipico

Anche i dati e le ricerche sembrano confermarlo: mentre i lavoratori molto qualificati e con elevati livelli di istruzione hanno maggiori possibilità di stabilizzazione, quelli meno qualificati e con bassi livelli di istruzione con il passare degli anni rischiano, invece, di tramutarsi in precari a vita. Questo in sintesi il quadro che emerge dalla lettura del Terzo rapporto sul lavoro atipico presentato dall’Ires.

Andando in profondità si scoprono tutte gli aspetti di queste nuove forme di lavoro. Si capisce, ad esempio, secondo quali criteri ad essi si ricorre all’interno della stessa azienda: “Le forme flessibili d’impiego sono usate soprattutto per razionalizzare l’organizzazione del lavoro, per fronteggiare i picchi della domanda, ma anche per ridurre il costo del lavoro. – ci spiega Giovanna Altieri direttore Ires e autrice del Rapporto - Ogni forma di rapporto tendenzialmente corrisponde a specifici obiettivi, ma ci sono anche molte sovrapposizioni. Ad esempio: il contratto di lavoro a tempo determinato e il lavoro interinale vengono utilizzati soprattutto per fronteggiare le variazioni della domanda, ma anche, in alcuni casi per selezionare e provare lavoratori che verranno poi assunti. Le collaborazioni invece difficilmente danno luogo ad una vera e propria assunzione.”

Esiste una sorta di discriminazione anche a parità di prestazione professionale?
In generale la professionalità non influenza le forme di flessibilità impiegate, anche se agli “intellettuali” si offrono per lo più rapporti indipendenti mentre agli “esecutivi” si offre il tempo determinato o l’interinale. Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa ha, comunque, un uso polarizzato: è riservato infatti ai lavoratori intellettuali e a quelli meno qualificati. E’ sempre più frequente che lavoratori con statuti del lavoro diversi lavorino insieme nello stesso luogo. Da qui deriva da parte dei lavoratori flessibili una percezione di deprivazione relativa nei confronti degli altri lavoratori che invece hanno modalità di lavoro “tradizionali”.

Nel Rapporto si fa notare come i contratti di collaborazione coordinata e continuativa non siano una formula riservata prevalentemente ai più giovani per favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro. Quali sono le categorie più coinvolte?
Le donne sono maggiormente presenti, sia tra coloro che svolgono professioni di tipo esecutivo (segretaria, terminalista, intervistatrice telefonica, operatrice dei servizi telefonici), sia tra coloro che svolgono professioni intellettuali ed a elevata specializzazione (ricercatrice, insegnate, redattrice, giornalista). Gli uomini, viceversa, sono più rappresentati tra gli amministratori di società, consulenti aziendali, e nelle professioni intermedie e tecniche (programmatori, consulenti informatici, assicuratori, revisore dei conti).

Quali sono le differenze tra gli uomini e le donne?
Per le donne, il lavoro coordinato e continuativo è uno strumento di accesso e parzialmente di permanenza nel mercato del lavoro, sono infatti maggiormente presenti, rispetto ai maschi, nelle classi di età più giovani e fino ai 40 anni. Per gli uomini, tendenzialmente adulti, invece la collaborazione coordinata e continuativa si configura come una attività di carattere professionale o anche come un prolungamento della carriera lavorativa, infatti i pensionati, che rappresentano complessivamente il 13% degli iscritti al fondo, sono prevalentemente maschi.

Insomma, le donne sembrerebbero uscirne penalizzate sia nella scelta professionale che nel tipo di inquadramento contrattuale…
Le occupazioni atipiche hanno offerto alle donne ampie possibilità di ingresso nel mercato del lavoro. Ciò è l’effetto combinato di due fatti: le donne rappresentano il maggior bacino di offerta disponibile sul mercato e, soprattutto per la loro perdurante doppia presenza famiglia-lavoro, accettano di più i lavori “atipici”. Va anche detto, che i lavori “atipici” costituiscono il grosso della domanda di lavoro attuale. Più problematico è capire se la “società dei lavori", stia offrendo alle donne anche maggiori margini di inserimento stabile nel mercato e nei percorsi di carriera, o se viceversa stia provocando un aumento dei rischi di marginalizzazione nel lavoro all’interno di circuiti occupazionali precari e segregati in base a caratteristiche di genere. Forse non è un caso che i lavoratori dei call center siano prevalentemente donne!

Quanta flessibilità offre davvero il mercato? Una volta disoccupati quanto è facile rientare nel mondo dell'occupazione?
I dati Istat sulla mobilità ci dicono che le probabilità di uscita dalla disoccupazione sono collegati alla durata della disoccupazione e alla presenza o meno di precedenti esperienze lavorative. Cioè coloro i quali sono disoccupati da meno di sei mesi hanno molte più probabilità di uscire dalla condizione di disoccupato rispetto ai disoccupati di lunga durata, così come conta molto avere avuto esperienze di lavoro pregresso, ossia avere delle competenze accumulate. Dunque, occorrerebbe evitare che le persone siano per troppo tempo fuori del mercato del lavoro – le politiche attive del lavoro dovrebbero proprio servire a questo scopo – e offrire percorsi formativi, soprattutto a quelli meno dotati di competenze di base.

Quali sono le tutele che ha un lavoratore nell’intervallo tra un contratto e l’altro?
Dipende dal contratto di origine. Si passa da una tutela minima concessa a chi perde un lavoro dipendente a termine- se si sono maturati i requisiti si ha infatti diritto ad una indennità di disoccupazione- all’assenza completa di tutele nel caso di perdita di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Più si scende a Sud e più aumenta la percentuale di coloro che hanno redditi bassissimi. E più aumentano le differenze di reddito a parità di prestazione professionale: una collaboratrice che lavora al Nord – si dice nel rapporto - svolgendo mansioni di segreteria guadagna in media 6.600 euro mentre la sua collega del Sud deve accontentarsi di circa 4.600 euro lorde l’anno. Non è un dato preoccupante?
Si lo è, soprattutto se si considera che la femminilizzazione del lavoro parasubordinato è un fenomeno particolarmente accentuato in alcune province meridionali. Si pensi che a Caltanissetta il 30% delle occupate svolge delle collaborazioni coordinate e continuative, così come a Crotone e a Siracusa, dove il fenomeno coinvolge oltre il 20% delle occupate. Questi dati ci devono far riflettere in merito alla qualità delle occasioni di lavoro per le donne del Mezzogiorno.

Ritiene che le nuove norme sul mercato del lavoro introdotte dal governo possano servire a far ripartire l’economia?
Non sono molto ottimista sull’impatto positivo sull’occupazione di queste misure. La proliferazione ulteriore dei rapporti flessibili contenuti nei provvedimenti governativi rischia di creare più confusione per le imprese che opportunità e di interrompere un certo equilibrio che si era comunque creato sul mercato del lavoro tra occupazione standard e occupazione temporanea. Bisognerebbe cioè interrogarsi su se e quanto il mercato del lavoro italiano avesse bisogno di nuovi strumenti di flessibilità o piuttosto se l’esigenza non fosse quella di perseguire una politica di semplificazione e razionalizzazione delle diverse opportunità contrattuali già a disposizione del sistema , assicurando che coloro i quali si trovano nel mondo del lavoro con un contratto flessibile lavorino in “condizioni di sicurezza e tutela e con un alto stato occupazionale”.

Si può dire che, a fronte di situazioni in cui le persone per lo più subiscono questo tipo di trattamento, ci sia anche chi lo sceglie per dedicare tempo ed energie ad altre occupazioni non solo lavorative? Penso al volontariato, all’impegno sociale…
Non mi pare che i lavoratori atipici in “carne ed ossa” abbiano molte energie e tempo da spendere nel sociale. Il loro tempo è in parte impiegato in una ricerca perenne di lavoro, visto il carattere temporaneo di quello attuale e comunque quando lavorano hanno orari di lavoro da lunghi a lunghissimi. Ad esempio da una ricerca IRES sui collaboratori emerge che circa un terzo dei collaboratori lavora da 31 a 40 ore settimanali, oltre il 30% ha un orario di lavoro settimanale che supera le 40 ore, con un peso rilevante di coloro che lavorano più di 50 ore, mentre solo il 37,3% ha un orario lavorativo inferiore all'orario standard.

Insomma anche chi lo sceglie non fa in completa libertà?
E’ vero che in parte le collaborazioni coordinate e continuative catturano anche in parte motivazioni individuali alla autorealizzazione, che esprimono soprattutto le fasce di lavoro più scolarizzate, che apprezzano l'autonomia e la flessibilità connessa a queste formule contrattuali. Ma spesso, anche per queste fasce di lavoratori l'essere self-employed è una condizione subita o presa in assenza di altre alternative, così che anche quest’ultimi, condividono con la gran parte dei loro colleghi parasubordinati l’insoddisfazione legata alla mancanza di sicurezza, alla irregolarità e/o esiguità della ricompensa, alla progettualità.

Per concludere è ancora troppo ottimistica la visione di Ulrick Beck che auspicava una graduale trasformazione del lavoro in un lavoro di impegno civile?
Il tempo liberato o “l’ozio creativo” appartiene al mondo dei sogni. La realtà a me sembra piuttosto diversa, anche se non necessariamente tutta negativa.

L'indagine:
Terzo rapporto sul lavoro atipico: verso la stabilizzazione del precariato?
Giovanna Altieri , Cristina Oteri
Ires

Leggi anche:
Il collaboratore che verrà
Dal co.co.co al lavoratore al progetto

giovedì 03 luglio 2003


http://lavoro.repubblica.it/lavoro/index.jsp?s=interviste&idContent=417925



I giudizi degli utenti

Assenti

Aggiungi il tuo giudizio    Precedenti risultati   


  Iscriviti alla news
Ricevi in posta elettronica le novità e una selezione di risorse utili per la didattica.

Iscriviti qui


Novità
Le ultime risorse per la didattica catalogate ed inserite nel nostro database.

 

 

PRESENTARSI
Proposta d'apprendimento di italiano per stranieri - livello A1

 



ENGLISH LESSONS AND TESTS.

Percorsi
Proposte di selezioni e percorsi fra le risorse e i materiali in archivio.

Percorsi
Feste e calendari multiculturali.
Calendari solari e lunari, festività religiose e tradizionali delle diverse culture.

Percorsi
Steineriane
Le ''scuole nuove'' della pedagogia steineriana, contrassegnate dal paradosso di un’accettazione pratica e di un’ignoranza teorica da parte degli stessi utenti e degli operatori della scuola pubblica, tra ''fedeltà karmica'', incarnazioni di individualità che ritornano sulla terra, bambini indaco e apparente buon senso pedagogico.

  Ambiente virtuale collaborativo in evoluzione ideato e sviluppato da Maurizio Guercio è una iniziativa DIDAweb