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Storia
Musica
Intercultura
Marcello Romani - Breve storia della danza.

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola elementare, Alunni scuola media inferiore, Alunni scuola media superiore
Tipologia: Ipermedia

Abstract:

Breve storia della DANZA

Marcello Romani

Dal PALEOLITICO al NEOLITICO

Le prime danze di forma compiuta risalgono al Paleolitico: erano eseguite da gruppi di adulti che si disponevano in cerchio. Erano danze tematiche, in quanto legate, da un lato, ai temi della fertilità, della vita e della morte, dall'altro, ai misteri astrali. La testimonianza di queste danze ci è data dalle pitture rupestri rinvenute nelle regioni francese e spagnola, la cui interpretazione non è sempre univoca e sicura. Nell'opera di ricostruzione delle civiltà, si fa riferimento ad un principio elementare: i gradi e le tappe del progresso dei popoli primitivi si ripetono con forme e cadenze ricorrenti; per cui ciò che osserviamo presso i popoli primitivi contemporanei è applicabile alle civiltà preistoriche.

Per quanto riguarda le origini della danza, si ipotizza addirittura una analogia di comportamenti tra i primi uomini e gli scimpanzè che hanno l'abitudine di danzare in circolo attorno a un punto fisso del terreno. Dagli studi condotti sui Pigmei presenti in Africa, Asia e Nuova Guinea, Oswald Menghin (Weltgeschichte der Steinzeit, Wien, 1931) ha ricostruito la civiltà paleolitica media che rappresenta il primo livello preistorico verificabile attualmente. Egli ha riscontrato, in questo stadio di sviluppo dell'uomo, una forte propensione per la danza imitativa, ed ha ipotizzato una danza di forma corale eseguita in circolo, senza presa delle mani da parte dei danzatori. L'attitudine alla danza non è comunque una costante presente in tutti i popoli. Uno studio comparato degli Andamani e dei Vedda ha dimostrato due opposte tendenze: accentuata propensione a ballare nei primi, scarsa attitudine nei secondi. Il dato comune è che entrambi i popoli praticavano la danza, ma con modalità diverse. Per cui abbiamo una danza armonica nel primo caso, una danza disarmonica nel secondo caso.

Dalla premessa fatta possiamo far scaturire una ipotesi di classificazione delle prime forme di danza, che attiene a parametri puramente estetici, e che riguarda il rapporto tra i movimenti dei danzatori e il proprio corpo. A tale proposito, Curt Sachs (Storia della Danza, Milano, Il Saggiatore, 1966) distingue danze disarmoniche (convulse) e danze armoniche. La fase delle danze disarmoniche riguarda un ciclo chiuso e la storia di popolazioni o gruppi etnici particolari, in quanto universalmente la danza è, o diviene ben presto, sinonimo di Armonia. Una seconda distinzione, che accompagna anche le danze mature, è relativa alla loro natura, astratta o imitativa. Le danze astratte hanno come unico scopo il raggiungimento di una dimensione estatica; le danze imitative raffigurano avvenimenti per i quali si auspicano risultati favorevoli e importanti aspettative.

Un problema importantissimo relativo alle danze delle origini è l'accompagnamento ritmico, che noi moderni diamo per scontato quando pensiamo all'azione del ballare. Senonchè, il parallelismo fra musica e danza è una conquista che possiamo considerare definitiva solo successivamente alla preistoria. Il modo più naturale di segnare il tempo è stato ovunque il battere i piedi a terra, oppure il battere le mani, o il percuotere con le mani parti specifiche del corpo. Dopo di che, l'uomo ha prodotto suoni vari con oggetti naturali o manufatti. I primi strumenti musicali sono stati il tamburo a fessura e il flauto: entrambi, a detta degli studiosi, concepiti ed utilizzati, oltre che come produttori di ritmo, anche come simboli sessuali in danze legate alla fertilità.
Il passaggio dal ritmo alla melodia come accompagnamento della danza non è stato di breve intervallo. La costruzione di una melodia, sia pure di tipo elementare, va oltre la percezione istintuale. Proprio in quanto elaborazione avanzata della mente, essa è apparsa tardi: precisamente, presso le tribù dell'Indonesia che già avevano una cultura contadina. Le prime melodie sono state di tipo cantato e non musicale. Il testo era dato da una sequenza di parole casuali, spesso senza alcuna attinenza con il tema della danza.

Nell'ambito delle culture primitive recenti si sono fissate due tipologie di danze che fanno riferimento ai tasmanoidi e agli australoidi: i primi erano dediti a danze di imitazione animale; i secondi svilupparono danze sessuali e di culto lunare.

Con le prime culture tribali compaiono le danze mascherate. Parallelamente si sviluppano:
• civiltà totemistiche, che alle danze in circolo e di imitazione animale aggiungono le danze falliche;
• civiltà legate alla cultura della coltivazione della terra, che introducono danze frontali e danze funebri.
Con l'avvento dei bovari compaiono le prime danze in coppia, mentre presso i tardi coltivatori si praticano danze a più circoli e danze a fronti opposti di maschi (da un lato) e femmine (dall'altro).

Durante il neolitico, con l'età del metallo e con la divisione in classi di padroni e contadini, la danza esplode in una varietà di forme che comunque si ispirano al rapporto maschio_femmina. Sul fronte contadino abbiamo le schermaglie amorose e gli aperti riferimenti fallici. Alla civiltà padronale appartengono le danze lascive: l'esempio più significativo di tale stadio è la danza del ventre che trova giustificazione nella pretesa di esibizione artistica. La danza del ventre è la prima forma di danza spettacolo e rappresenta l'inizio di una nuova civiltà che si basa sui concetti di professionismo e di esibizioni a pagamento. Ne deriva che la danza si arricchisce, a poco a poco e fino in fondo, di quei valori estetici e culturali che la trasformeranno in arte sublime.

CIVILTÀ PALEOLITICA danze in circolo libere
CULTURE PRIMITIVE MEDIE PIGMEI danze in circolo libere, danze animali
PIGMOIDI danze in circolo libere, danze convulse
CULTURE PRIMITIVE RECENTI TASMANOIDI danze in circolo libere, danze serpentine, danze animali
AUSTRALOIDI danze in circolo libere, danze serpentine, danze sessuali e lunari
PRIME CULTURE TRIBALI TOTEMISTI danze mascherate, danze in circolo, danze animali, danze falliche
PRIMI COLTIVATORI danze mascherate, danze in circolo e a fronti, doppio circolo, danze lunari, danze funebri
PROTONEOLITICO BOVARI danze in circolo, danze animali, danze in coppia
CULTURE TRIBALI MEDIE TARDI COLTIVATORI danze a più circoli, uomini e donne in fronti opposti
NEOLITICO: ETÀ DEL METALLO - CULTURE TRIBALI TARDE PADRONI danze a coppie miste, danza con abbraccio, danza della ritrosia, danza del ventre
CONTADINI


L'EGITTO

L'Egitto ha un ruolo importantissimo nella storia della danza in quanto sono stati proprio gli Egizi i primi ad aver introdotto la misura del ritmo.
Dall'anno 3000 avanti Cristo fino al 932 avanti Cristo si sono succedute trenta dinastie (dopo si è instaurato il dominio persiano). Nel corso di oltre due millenni, la civiltà egizia ha elaborato varie finalizzazioni della danza, fino a farne un'arte codificata: inizialmente, portando a sintesi i fermenti del Vicino Oriente e le correnti culturali dell'Occidente; successivamente, producendo dal suo interno forme avanzate di espressione coreica.
La danza è stata vissuta dal popolo egiziano in una forma molto partecipativa: essa è stata usata sia per i funerali che per le feste, oltre che nelle cerimonie pubbliche. Accompagnava il culto, senza tuttavia annullarsi in esso: ne era un elemento decorativo. In un certo senso, la danza faceva parte delle tecniche di gestione del potere. L'intero universo egiziano girava attorno alla danza. Erano danzanti gli dei, i sovrani, i sacerdoti. Le più grandi ricorrenze pubbliche e i più importanti avvenimenti politici e militari erano vissuti e sottolineati, secondo le strategie dei regnanti, dalle danze di popolo. I faraoni favorivano le danze perchè esse rappresentavano un elemento di attrazione delle masse verso le manifestazioni politico_religiose che servivano ad affermare il loro potere.
Attraverso i secoli la danza egizia evolse verso forme dionisiache: dalla letizia della pura festosità si passò a performances orgiastiche sempre più diffuse e consapevolmente dirompenti. Giovanni Calendoli ci parla di un bassorilievo del tempo di Adriano, a Roma, che rappresenta un santuario egizio, all'interno del quale si svolge una danza frenetica di uomini e donne, mentre gli spettatori, dalle tribune, partecipano calorosamente alle varie fasi dell'eccitante spettacolo. (CALENDOLI GIOVANNI, Storia universale della danza, Milano, Mondadori, 1985). Nelle corti e presso le classi elevate, la danza fu molto praticata anche come abitudine privata, specialmente durante i convivii.

Durante il primo millennio avanti Cristo, l'Egitto consegnò alle civiltà successive le acquisizioni coreiche della fase più matura. L'arte figurativa egizia ci ha tramandato i cori femminili che usavano i battiti delle mani per segnare il ritmo delle danze. Sulla base dei ritmi scanditi in tal modo, si componevano figure di danza che coinvolgevano danzatori e danzatrici in un disegno unitario di dinamiche armonie. Non è sbagliato parlare di coreografie vere e proprie, studiate a tavolino, che denotano un processo di teorizzazione avanzata. Siamo lontani dallo spontaneismo delle origini, mentre si creano le premesse per uno studio sistematico delle potenzialità del corpo umano in relazione all'azione motoria correlata alla musica.
L'ipotesi che gli Egizi avessero l'abitudine di scandire, preferibilmente, il ritmo con le mani si incastra con quanto ci riferisce Curt Sachs nell'opera Storia degli strumenti musicali (Mondadori, 1996): "Tra i fatti più sorprendenti della musica egizia è l'assenza completa di tamburi fin verso il 2000 a.C. Può darsi che anche prima siano esistiti tamburi in Egitto senza che ne sia rimasta testimonianza nell'iconografia. Pur ammettendo comunque questa vaga possibilità, la mancanza d'ogni riscontro archeologico in una regione così ricca di documenti d'arte realistica potrebbe quasi ergersi a prova della loro reale assenza. Si può solo dedurre che la musica egizia fosse ispirata a impulsi melodici piuttosto che al ritmo: come oggigiorno, più o meno".

Giovanni Calendoli dimostra la maturità della coreutica egizia riportando quattro termini coniati dalla cultura e dalla lingua ufficiali per distinguere altrettanti tipi di danza, cosa rivoluzionaria per quei tempi:

1. iba: danze lente;
2. khebet: danze saltate;
3. keskes: danze sincopate;
4. tjenef: danze mimate. (CALENDOLI GIOVANNI, Storia universale della danza, Milano, Mondadori, 1985)


GRECIA

In Europa la danza nacque alla fine del secondo millennio avanti Cristo, precisamente in Grecia. La cultura greca operò una sintesi di quanto si era prodotto fino ad allora presso le altre civiltà conosciute: dall'Egitto all'India, alla Cina. Dalle danze africane essa recepì i caratteri della festosità e dell'allegria; dalle danze asiatiche prese l'impostazione etico-religiosa dai toni solenni ed introversi. Attraverso la elaborazione di questi elementi, si crearono due tipologie di danza che corrispondevano ai due poli filosofico_culturali ellenici dell'Ethos e del Pathos. Dalla fusione dei contenuti di queste due impostazioni di pensiero si generò la danza teatrale.
Ad un attento esame del fenomeno coreico in Grecia, viene fuori che non vi sono molti elementi di novità rispetto a quanto si era prodotto presso altre civiltà. Ci troviamo di fronte ad una rielaborazione di temi già esistenti, quali combattimenti, morte, fertilità, iniziazione, nozze. Le modalità ricalcano noti schemi afro_asiatici: danze animali, mascherate e imitative, eseguite in circolo, in coppia, in processione o su fronti contrapposti maschi/femmine. E' anche vero che queste e non altre sono le tipologie espressive; è quindi naturale che i popoli venuti prima, nell'averle realizzate, ci sembrano oggi originali, mentre i popoli venuti dopo ci danno l'impressione di aver copiato passivamente. Certo, le popolazioni elleniche sono state molto creative in tutti i settori della cultura e dell'arte; per questo motivo ci si sarebbe aspettato qualcosa di importante in campo coreico. Probabilmente, i continui flussi migratori verso la Grecia spiegano l'importazione di danze esistenti altrove. I gruppi di immigrati si portarono appresso le danze in uso nelle terre di origine.
E' il caso di evidenziare che, analogamente a quanto emerso per le danze, anche in campo musicale la Grecia si limitò a rielaborare modelli e ritmi di importazione. Dato il nesso strettissimo esistente fra musica e danza, mi piace qui riportare un passaggio interessante dell'antropologo e studioso di storia della danza Curt Sachs: "Architettura e scultura furono arti native della Grecia. Certamente gli artisti greci derivarono tecnica, stile, idee dalle altre nazioni mediterranee. Però, al di fuori di questi imprestiti e influenze, essi crearono quel canone classico che decise il destino dell'arte occidentale per oltre duemila anni e influenzò pure l'arte dell'Oriente di religione buddista. In contrasto stridente con quell'autoctono fiorire delle arti belle, la musica greca fu quasi interamente importata da altre culture. I modi frigio e lidio erano reminiscenza dell'Asia Minore; Olimpo, il patriarca della musica greca fu detto essere figlio del frigio Marsia; il suo discepolo, Talete, era cretese. Nessuno strumento nacque in Grecia... La gran parte degli strumenti della cultura musicale ellenica sono d'una semplicità sorprendente, da poterli definire primitivi, e riesce arduo collegarli alla meravigliosa maturità dell'architettura e scultura contemporanee"(SACHS CURT, Storia degli strumenti musicali, Milano, Mondadori, 1996).

Va comunque evidenziato che il cocktail prodotto dai Greci, utilizzando i vari elementi coreici di importazione, fu caratterizzato da quel concetto di perfezione tipica della cultura ellenica. Fu così costruita una danza immediatamente in linea col supremo ideale di armonia, intesa come equilibrio permanente di spirito e corpo. Per i Greci la danza costituiva una sorta di unità lirica, assieme a musica e poesia. In base al contenuto delle varie danze, di impostazione divina e di finalizzazione ginnico-militare, gli studiosi ne hanno delineato due filoni: danza orchestica e danza palestrica.

I Greci ebbero come maestri di danza i Cretesi che furono i migliori danzatori della loro epoca: questi furono unanimemente considerati i più grandi artisti nei vari generi di ballo. Una loro danza, la pirrica, fu adottata dagli Spartani che la trasformarono in una vera e propria danza di preparazione al combattimento. Platone afferma che la pirrica (pyrrìchios: danza rossa) era stata creata dalla dea Atena, personalmente. Secondo la cultura spartana, un grande danzatore era anche un grande guerriero. Gli storici raccontano che gli eserciti spartani entrassero in battaglia con un tipo di marcia che corrispondeva ad una danza. Fra le danze guerriere, ricordiamo la xiphismòs (danza con la spada) e la thermastrìs (danza dai movimenti convulsi).

Grande sviluppo ebbero anche le danze di culto dove la figura della donna assunse un ruolo di centralità. Le famose mènadi erano danzatrici invasate, prese dall'ebbrezza sacra e capaci di annullarsi in Dionisio. La loro danza, all'inizio frutto di rapimento e di istintività, diventò prodotto sofisticato e artisticamente rilevante. Basti dire che la gestualità delle mani fu codificata in una serie di significati direttamente connessi ai vari moti dell'animo umano. Confluirono in Grecia molte danze asiatiche, dalla cui 'ellenizzazione' scaturì un fenomeno che, associato o meno al divino, possiamo definire come il culto per la bellezza e per il nudo femminile. Dalle pitture vascolari che ci sono state tramandate si evince un tema quasi fisso: danze di fanciulle che, interpretando gli antichi riti della fertilità, sembrano perseguire l'obiettivo primario di mostrarsi al fine di piacere.

Nell'opera La nascita della tragedia, FRIEDRICH NIETZSCHE suddivide le danze greche in apollinee e dionisiache (1871-1872 - Milano, Adelphi, 1995).

• Le danze apollinee sono severe, a contenuto etico e rituale. La loro origine è dorica o cretese. Oltre la citata pirrica e le altre danze di guerra, le più famose sono:

o gèranos, danza degli Ateniesi a Delo,
o emmèleia, danza usata nella tragedia,
o peana, danza magica che veniva eseguita dal coro,
o ipochermatica, danza allegra che, per le sue caratteristiche, si avvicinava moltissimo a quelle dionisiache.

• Le danze dionisiache sono prevalentemente a contenuto satirico e orgiastico. La loro origine è ionio-asiatica. Esse sfociano anche in forme violente. Le più famose sono:

o kòrdax, danza tipica della commedia, prevalentemente a contenuto volgare,
o òklasma, danza persiana con caratteristiche acrobatiche,
o sikinnis, danza usata nel dramma satiresco, a contenuto scurrile.


ROMA

Il razionalismo di cui fu orgogliosamente impregnata l'antica cultura romana era intrinsecamente antitetico allo spiritualismo delle danze estatiche. Pertanto, non dobbiamo meravigliarci se nella grande e nella lunga storia di Roma non troviamo alcun posto d'onore assegnato alla danza. I Romani furono abbastanza abili nel saper metabolizzare (romanizzare) quanto di meglio trovavano in giro per il mondo, a livello pratico, teorico e culturale. Ma con la danza, che pure imperava dappertutto, non ebbero mai un buon rapporto. Nonostante Plutarco sottolinei la grazia con cui 'danzavano' i sacerdoti di Marte, e nonostante Luciano definisca il tripudium 'danza maestosa', in verità l'intero fenomeno coreico a cui i citati scrittori facevano riferimento va ricondotto a finalità pratiche e alle normali attività di un popolo produttivo e guerriero.
• Il tripudium era una danza sacerdotale, legata alla scadenze della coltivazione delle terre. Consisteva nel battere tre volte il piede a terra, secondo un ritmo che si ispirava all'anapesto, piede della metrica classica composto da due sillabe brevi e una lunga: insomma, una specie di moderno quick, quick, slow!
• Per quanto riguarda le danze d'armi, è fin troppo facile intuire quale armonia esse potessero esprimere, se solo si pensi alla forma mentis e alle maniere dei guerrieri romani.
Secondo la leggenda, Roma fu fondata il 21 aprile del 753 avanti Cristo. I Romani furono sempre impegnati con le guerre: contro gli Etruschi, i Latini, gli Ernici, i Volsci, gli Equi, i Galli, i Tarantini, i Cartaginesi, i Macedoni. Ma dopo tante conquiste, subirono l'influsso della civiltà greco_ellenistica, la più prestigiosa civiltà di tutti i tempi. Dopo secoli di guerre, forse i Romani erano stanchi di vivere secondo le tradizionali regole di austerità e di sacrifici. Sta di fatto che finirono per rinunciare alla semplicità dei loro costumi e si lasciarono prendere, affascinati, dalla dimensione ellenica ed orientale: l'eleganza dell'arte, la sottile cultura, la piacevole mollezza, il lusso esagerato. Perfino nel campo religioso furono assimilati i caratteri greci, e si realizzò una totale identificazione delle divinità romane con quelle elleniche. Questa grande operazione di trasposizione culturale, artistica ed estetica raggiunse il massimo livello di visibilità nel campo dell'architettura urbana.
Così, nell'ambito del fenomeno sopra descritto, attorno all'anno 200 avanti Cristo, la coreutica greca entrò in Roma. Contemporaneamente fu recepita anche la coreutica etrusca, e il ballo diventò una cosa importante nella vita privata e in quella pubblica. Fu istituito l'insegnamento della danza, e tutte le famiglie nobili presero l'abitudine di avviare i propri figli allo studio di questa nuova e raffinata 'arte del muoversi'. E' doveroso precisare che, pur stabilizzatasi col tempo l'abitudine di ballare, anche contro le teorie dei detrattori che vi ravvisavano i segni e i pericoli della decadenza, non scattò mai una fase di creatività che producesse moduli coreici originali. Anzi, nella fase matura dell'Impero, si impose massicciamente la pantomima greca, che rappresentava l'azione drammatica senza l'uso delle parole. La pantomima aveva per contenuto il mito, la storia degli dei e degli eroi. La rappresentazione coreografica del mito si affermò, appunto, come la forma di spettacolo più gradita al popolo romano che, comunque, non diventò mai un popolo di danzatori


IL MEDIOEVO

Durante il Medioevo la danza ebbe vita difficile, in quanto, a parte poche eccezioni, fu avversata dalla Chiesa che vi ravvisava occasioni di peccato e di immoralità. In verità la Chiesa, come ci ricorda Giovanni Calendoli, fu "la sede dove, attraverso il canto, si rinnova la musica mediante un processo nel quale confluiscono e si fondono tradizioni diverse. E nella Chiesa, durante il primo millennio, si è anche danzato. Se ne ha una documentazione indiretta ma continua attraverso le riprovazioni e i divieti". (CALENDOLI GIOVANNI, Storia universale della danza, Milano, Mondadori, 1985). Quando l'abitudine a danzare si diffuse fuori dai luoghi sacri e si affermò come esigenza spontanea di divertimento, la condanna ufficiale si fece sentire un pò dovunque.
Nonostante le condanne, le popolazioni europee, dentro o fuori le chiese, non hanno mai smesso di ballare. Mancò però, nel periodo esaminato, quella spinta propulsiva che è sempre il fondamento di ogni innovazione; per cui, volendo parlare di danza medioevale, si deve fare riferimento al mantenimento ed alla trasmissione di modalità coreiche preesistenti. Sotto questo aspetto, il Cristianesimo non ha modificato nelle masse il modo di concepire ed eseguire le danze. Nella coreutica medioevale, infatti, ritroviamo tutti i temi delle civiltà precedenti: la fertilità, la morte, i raccolti, le nozze. Continuarono ad esistere le danze mascherate, quelle in circolo e quelle legate in qualche modo ai riti magici. I veti della Chiesa esercitarono un effetto solo sulle classi dominanti, che si associarono nel condannare le danze e nel respingerle. La cultura ufficiale, pertanto, non si impegnò nemmeno per una loro revisione.
L'unica importante novità che si verificò in tale periodo fu la nascita di una particolare figura: il giullare. I modi di definire il giullare, oggi, sono tanti: cantastorie, menestrello, esperto nell'arte del mimo, artista ambulante, musico e poeta, attore e perfino buffone. Ma la caratteristica che più interessa ai nostri fini è che egli fu un danzatore, sia pure 'sui generis'. Il suo modo di ballare si discostava dalle forme della danza popolare. Egli eseguiva movimenti ampi ed esteticamente avvincenti. La sua danza non aveva altra finalizzazione che l'intrattenimento ed il divertimento. Per questo motivo, acquisivano importanza l'agilità, la prestanza fisica, la bellezza. Il giullare ballava da solo: essendo egli l'unico centro delle attenzioni, tendeva ad essere acrobata e professionista. Le sue esibizioni non avevano alcun nesso con la religione.

A livello popolare, nel Medioevo, si svilupparono le danze macabre e cimiteriali: la gente si abbandonava a balli spontanei in occasione di cerimonie funebri. Il senso della morte era molto sviluppato: accompagnava le persone comuni in tutte le fasi della giornata e della vita. Si continuava a praticare la danza di corteggiamento, nella forma consolidata della carola, recuperando una antica concezione secondo la quale, girando ritmicamente attorno ad una persona, se ne aveva (o poteva avere) il possesso. La carola era accompagnata dai canti: l'uso di strumenti musicali era rarissimo. La spiegazione è che, mentre la musica si adatta alla danza di coppia, il canto corale unisce anche spiritualmente il gruppo dei partecipanti alle figure elementari del ballo. La critica ha definito cantilene i canti che accompagnavano le carole. Gli elementi costitutivi della cantilena erano il ritornello ed il verso. La caratteristica era data dalla brevità e dalla orecchiabilità. Nel corso del 1300 si affermò la separazione dei ruoli fra danzatori e cantori. Chi ballava non cantava; e chi cantava non ballava. A quel punto cominciava ad avvertirsi la necessità dell'accompagnamento musicale.

Dal RINASCIMENTO ... della DANZA in poi

E' definito Rinascimento il periodo storico che va dalla fine del XIV secolo alla seconda metà del XVI secolo. Si chiama così perchè tale periodo fu caratterizzato dalla fioritura (o rifioritura) delle arti, delle lettere, delle scienze. Sul piano politico esso coincide con l'instaurazione del sistema assolutistico dei grandi Stati nazionali.

La voglia di rinascita esplose anche nella danza, dove per troppo tempo si era registrata una stasi sostanziale in questo senso: le masse si dedicavano agli antichi balli senza rinnovarli; i regnanti condannavano il fenomeno coreico in generale, in linea con le posizioni della Chiesa ufficiale; lo stile gotico imperante aveva imbalsamato con le sue rigide austerità ogni movimento del corpo e della mente. Con l'avvento dell'Umanesimo la danza venne rivalutata al punto da essere paragonata ad una forma di arte. Essa non restava più confinata nelle misere abitudini dei ceti meno abbienti, ma diventava segno distintivo delle classi nobili. Pertanto, da un lato, si sviluppò il saltarello come simbolo di esplosione della danza popolare; dall'altro, si affermò la bassa danza come danza delle cerimonie di corte. Fra il '400 e il '500 la danza accentuò natura e forma rappresentative: il principe rafforzava la sua centralità. Gli spettacoli si ispiravano alle vicende della sua vita: nascite, matrimoni, vittorie, incoronazioni. Accanto a questo tipo di danza che possiamo definire di società, prendevano piede spettacoli che utilizzavano un vero e proprio codice coreico: le danze venivano inserite all'interno di commedie, tragedie e drammi pastorali.
In un contesto del genere, perdeva quota il giullare che fino a questo momento era stato l'unico depositario dei segreti del ballo, una specie di professionista ambulante. Entrò in scena, per la prima volta, un personaggio importantissimo: il maestro di danza. Il fenomeno dei maestri di danza esplose in modo particolare nell'Italia settentrionale. Non ci fu principe che non avesse il suo maestro di fiducia, non ci fu corte dove non si organizzassero feste danzanti. Nei matrimoni dei nobili, la presentazione della sposa avveniva a passi di danza: in alcuni casi, il maestro di danza si sostituiva al padre stesso della sposa. Molti, fra i primi maestri di danza, erano di origine ebrea. Nel XV secolo, con la formazione della categoria dei maestri, nacque la moda dei manuali di ballo, che da quel momento, non si è più fermata (vedi paragrafo specifico).
Con l'avvento dei Maestri, con i manuali di ballo, con le teorie della danza, finivano i tempi in cui ognuno poteva 'muoversi' come voleva. Da questo momento, partiva un lungo processo di evoluzione della danza e, parallelamente, si allargava il divario fra il modo di ballare delle classi umili e i canoni seguiti dalle classi sociali superiori.

Durante il Rinascimento, si verificò in Europa la più grande riscoperta di danze di tutti i tempi. Furono elaborati e portati a sintesi elementi eterogenei di varie epoche e di diversi popoli, mentre da una nazione all'altra si spostavano facilmente mode musicali e moduli coreici. Furono riprese e attualizzate antiche esperienze arabe, fenicie, elleniche, iberiche. Italia, Francia, Germania ed Inghilterra produssero decine e decine di nuovi balli (vedere sezione FUORIPISTA), con programmi sempre più articolati e complessi.

Successivamente, con la crisi delle corti europee, nel '600, la danza acquisì un suo linguaggio specifico, avviandosi a diventare genere particolare di spettacolo, sia pure complementare a forme di rappresentazioni ancora ritenute superiori. Alla pratica teatrale da parte dei dilettanti si sostituì una vocazione specialistica che trovò il suo migliore contesto nelle Accademie, le quali si ponevano sia come centri di cultura che come laboratori di spettacoli musicali e coreici. Anche le scuole religiose (in particolare i collegi gesuiti) assunsero la danza come elemento educativo e come strumento di comunicazione.
Proprio a questo periodo gli studiosi fanno risalire il declino del cosiddetto dilettantismo teatrale. Nasceva il teatro pubblico dove, accanto alle rappresentazioni melodrammatiche, la danza acquisiva un ruolo fondamentale. Ancora non diventava un genere autonomo, in quanto rappresentava un importante ornamento visivo al melodramma. Ciò nonostante, si avviava al professionismo.

Mentre fino a questo momento le differenze fra danze di società e danza da teatro erano state minime, a volte impercettibili, da qui partiva un lungo processo di differenziazione dei generi. La danza finalizzata allo spettacolo puntava a diventare arte. Iniziava il suo prestigioso cammino attraverso i secoli e attraverso i continenti: dal ballo grande alla danza libera, dal ballet d'action alla nouvelle danse, dallo style volant di Didelot alla scuola russa, dal royal ballet alla modern dance e alla post-modern dance.

Dai PRIMI MANUALI a CELLARIUS

I primi trattati riguardanti l'arte di ballare risalgono al 1400, perchè in quel periodo la danza usciva dalla clandestinità ed approdava ai palazzi del potere. Diventata, come per miracolo, arte nobile, veniva inserita quale materia di insegnamento nelle Accademie riservate ai giovani aristocratici, assieme alla scherma e alla equitazione. Naturalmente tutto ciò che si ballava al di fuori delle case principesche non era degno dello stesso rilievo attribuito alla coreutica di corte.

La danza popolare, nonostante sia la madre di tutte le danze nella storia delle nazioni e delle civiltà, non ha avuto da parte di cronisti e letterati tutta l'attenzione che meritava; per cui mancano testimonianze analitiche della stessa, relativamente a periodi e passaggi importanti. Le prime teorizzazioni riguardano esclusivamente la Danza di Corte.

Molti furono gli italiani fra i primi autori di trattati relativi al ballo:

• Domenico da Piacenza De Arte saltandi et choreas ducendi (1416)
• Guglielmo Ebreo (Pesarese) Trattato dell'ARTE del BALLO (testo del XV secolo)
• Domenico da Ferrara Liber Ballorum (testo inedito del XV secolo)
• Antonio Cornazzano Libro sull'arte del danzare 1465
• Rinaldo Rigoni Il Ballarino perfetto Milano (1468)
• Marco Fabrizio Caroso Il Ballarino Venezia (1581)
• Thoinot Arbeau Orchésographie Langres (1588)
• Cesare Negri Le Gratie d'Amore Milano (1602)
• John Playford The Dancing Master London (1650)
• Claude Francois Ménestrier Traité des tournois, joustes, corrousels et autres spectacles publics Lyon, Jacques Huguet (1669)

I maestri francesi codificarono egregiamente alcune danze raffinate del loro paese. I più famosi: Pierre Beauchamps e Louis Pécour, che rappresentarono per lungo tempo una vera e propria Autorità in materia.

Nel 1700 fu pubblicato a Parigi il testo di Raoul Auger Feuillet Chorégraphie ou l'art de décrire la danse. Al 1725 risale il Maitre a dànser di Pierre Rameau. Nel 1728 fu pubblicato a Napoli il Trattato del Ballo nobile di Giambattista Dufort: una specie di manuale contenente norme e principi generali atti a regolamentare il ballo da sala sia a livello di posizione della coppia sia a livello di direzione di 'marcia'. Questi libri furono tradotti in inglese e portati a Londra negli ambienti che contavano e che guardavano con attenzione alle novità del continente, anche nel campo delle danze.

E' importante sottolineare che in molti trattati si usano i termini Cavaliere e Dama per nominare i nobili del tempo: sovrani, congiunti, discendenti e rispettive signore. L'appellativo di dama, che deriva dal latino domina (padrona), era accordato solo alle donne di altissimo rango. Tali nomi sono poi stati assunti nei periodi successivi per indicare semplicemente i due partners di un qualsiasi ballo... anche se non di sangue reale. Per la precisione, il termine dama ha acquisito il significato di "compagna del ballerino" a partire dal 1722.

CURIOSITA'

Dalla lettura delle opere citate si possono fissare sinteticamente sia i passaggi fondamentali della Storia del Ballo in Europa dal 1400 in poi, sia alcune curiosità ancor oggi interessanti:

• L'educazione al ballo fu vissuta dalle classi nobili con la stessa serietà riservata alle arti di guerra.
• Il riconoscimento ufficiale (diploma) di ballerino si conseguiva attorno ai quattordici anni.
• Le danze si dividevano in due gruppi: 1) veloci a divisione binaria; 2) lente a tempo ternario.
• I balli veloci ricorrenti erano: bourrée, allemanda, rigaudon, giga, gavotta, corrente, gagliarda.
• I balli lenti ricorrenti erano: loure, sarabanda, ciaccona, follia di Spagna.
• I movimenti fondamentali erano denominati: piegato, rialzato, andante e circolare.
• I tipi di salto, più figurati che reali, erano due: sul posto e fuori posto. Il salto fuori posto era vietato alle Dame.
• Luigi XIII (1601-1643) è stato il primo sovrano a istituire il titolo di Maestro di Ballo.

CELLARIUS

Henry Cellarius è stato il più grande ideologo del ballo da sala e il più convinto sostenitore della necessità che tale ballo dovesse seguire una via autonoma e completamente separata dal balletto dell'Opera. Fino a metà del XIX secolo non emergeva con chiarezza il problema della netta separazione fra danza accademica e ballo da gara e da divertimento. Cellarius, originario dell'Ungheria, era un grande ballerino, già famoso nella Parigi del 1840. Inoltre era proprietario di una delle più affermate scuole di ballo francesi. Raffinato teorico ed esperto costruttore di figure di danza, nel 1847 pubblicò LA DANSE DES SALONS, il primo manuale concepito secondo moderne tecniche di insegnamento. Egli puntava a dare dignità ai principali balli del momento, operando una sintesi perfetta fra le compatibilità etico-culturali della società e le esigenze stilistiche di una disciplina artistica. Sottopose a revisione valzer, polca e mazurca, riproponendoli in forme rinnovate e gradevoli: suscitò grandi entusiasmi tra le persone competenti per via di un discorso tecnico di alto livello che accompagnava e caratterizzava le singole danze. Notevole fu la sua capacità di personalizzare qualsiasi tipo di ballo, dando dignità artistica anche alle danze più semplici. Egli attribuiva molta importanza alla creatività dei ballerini purchè nel rispetto delle regole basilari e di uno stile impeccabile. Raggiunse l'apice del successo con la creazione di tre balli sviluppati attraverso originali elaborazioni della mazurca: quadriglia-mazurca, polca-mazurca, valzer-mazurca. Fino alla morte, Cellarius fu la più grande autorità nel panorama europeo del ballo (ulteriori notizie sono riportate nella rubrica TEORIE A CONFRONTO: Cellarius e la danza da salotto).

LE PUBBLICAZIONI DI FORNI EDITORE

Mi corre l'obbligo di sottolineare l'opera meritoria di Arnaldo Forni Editore di Bologna, che ha dato alle stampe alcuni testi introvabili, particolarmente significativi:
• Guglielmo Ebreo (Pesarese) Trattato dell'ARTE del BALLO (XV secolo). Parlo di tale testo nella sezione RECENSIONI, paragrafo 16.
• Manuale Completo dei Balli di Società, Milano, Guigoni, 1888. Leggiamo la presentazione di tale opera nel Catalogo 85/2002: "... ossia il Maestro da ballo in famiglia con le istruzioni per comandare e dirigere Contraddanze, Quadriglie, Cotillons, ecc.".
• Messori Roncaglia Giov. "Della virtute et arte del DANZARE et di alcune opportune et necessarie particelle a quella pertinenti.". Si tratta della trascrizione di un manoscritto inedito del XV secolo, a cui è stata data veste tipografica per la prima volta a Modena nel 1885. Tale manoscritto si trova nella Biblioteca Palatina di Modena.

Le DANZE del XVII SECOLO
Nella seconda metà del XVII secolo si ebbe una grande affermazione delle danze nobili in Europa:

• Minuetto, danza di coppia in 3/4 (vedi paragrafo sottostante, ulteriormente sviluppato nella sezione FUORIPISTA).
• Pavana, nella duplice versione padovana e spagnola: ballo caratterizzato dai movimenti lenti e dall'incedere maestoso.
• Corrente, danza in tempo binario o ternario, briosa e movimentata. Nata in Italia, aveva una struttura ricorrente così articolata:
o passeggiata della coppia,
o corteggiamento del cavaliere,
o rifiuto della dama.
• Gavotta, nata nella Francia meridionale, era una danza cerimoniosa che su un ritmo lento di 2/4 metteva in risalto le virtù e le grazie della dama. Le dame danzavano in gruppo, con abiti eleganti: in una mano portavano il ventaglio, con l'altra mano reggevano un lembo del vestito. In questo modo si producevano in inchini non privi di virtuosismi.

Questi quattro balli si diffusero in tutta l'Europa per l'intera durata del XVII secolo. La loro fine si ebbe con la rivoluzione francese che portò in auge il Valzer.

IL MINUETTO

La storia del Minuetto merita di essere raccontata:
Già all'inizio del Seicento, nella regione della Francia centro-occidentale chiamata Angiò (Anjou), era praticato dai contadini che abitavano nelle fertili vallate bagnate dal fiume Loira e dai suoi affluenti. Forse era nato proprio in quelle terre la cui relativa ricchezza metteva allegria alla popolazione.
Minuetto dovrebbe significare (dal francese menuet o pas menu) piccolo, (passo) minuto: il riferimento è ai passi brevi che costituivano la danza di metro ternario e tempo moderato. Questo ballo sarebbe morto dove era nato se non fosse stato scoperto da un italiano: Giovanni Battista Lulli (Firenze 1632-Parigi 1687). Musicista e ballerino, nel 1652 entrò al servizio di Luigi XIV (il re-Sole, il re dello sfarzo e della centralità francese) e dopo dieci anni fu nominato sovrintendente e compositore della camera reale. Lulli aveva grande temperamento artistico e fortissimo intuito. Fu colpito dalla essenzialità del minuetto e dal fascino sottile che tale ballo nascondeva, pur dietro la sua natura rurale. Lo elaborò, lo abbellì e lo presentò a corte nel 1654 facendolo diventare in breve tempo il re dei balli dell'alta società. Il minuetto tenne banco per molti anni come danza aristocratica. Poi fu sempre più utilizzato nella musica operistica e nella letteratura strumentale cosicchè riuscì a sopravvivere anche dopo la crisi del barocco, acquisendo vivacità e dinamicità con Mozart, Haydn e Beethoven.
Il minuetto fu soppiantato dalla contraddanza, un ballo che potremmo definire 'di gruppo' in quanto richiedeva 8 o 12 ballerini (al limite anche 4). La contraddanza era allegra ed aggressiva ed ebbe una base sociale più ampia: il terzo stato. L'aristocrazia perdeva terreno rispetto all'emergente borghesia e l'epicentro della cultura del ballo usciva dalle corti per spostarsi all'interno della società civile. La danza conquistava nuove piste coinvolgendo un pubblico sempre più ampio.

La contraddanza è importante perchè segna il passaggio dallo stile manierato, basato su schemi rigidi, ad uno stile più leggero che prepara il terreno all'avvento del Valzer, basato sostanzialmente sull'alternarsi di giri a destra e giri a sinistra.

IL BALLO SENSUALE NELLA PENISOLA IBERICA

Alla fine del 1700 molti paesi reagirono ai 'pericoli' della Rivoluzione francese rifiutando qualsiasi contaminazione (anche artistica e culturale) che provenisse da Parigi. Nella penisola iberica ciò avvenne anche in relazione al fenomeno del ballo, per cui le autorità incoraggiarono le danze locali e di fatto impedirono le esibizioni pubbliche di ballerini stranieri. In tale contesto, qui prima che altrove, il ballo popolare ebbe successo e consacrazione ufficiale. Le stesse danze che si ballavano ai livelli più bassi della popolazione venivano rappresentate nei teatri e nei locali pubblici come spettacoli artistici. A quel tempo molti viaggiatori dell'Europa centrale e settentrionale si recavano in Spagna e in Portogallo in cerca di esperienze esotiche. Nelle testimonianze scritte di queste persone è ricorrente il senso di meraviglia e di stupore per i balli tipici delle regioni visitate con particolare riferimento all'Andalusia e alla Castiglia. Si racconta di danze, viste in privato ed in pubblico, ispirate alla più sfrenata lussuria e alle passioni violente proprie dei popoli del Sud Europa. Il riferimento specifico è alla seguidilla e al suo derivato bolero, nonchè alle rappresentazioni sceniche denominate tonadilla e las boleras.

L'illuminista spagnolo Gaspar Melchor de Jovellanos commentava scandalizzato gli spettacoli pubblici del suo paese nel modo seguente: "Altro non sono i nostri balli se non una miserabile imitazione delle libere ed indecenti danze dell'infima plebe".

In Portogallo nella seconda metà del 1700 era molto diffusa la pratica del ballo. Si era consolidata una sintesi tra le vocazioni ritmiche locali e la cultura musicale africana massicciamente presente su due fronti:

1. le mode brasiliane importate da quanti facevano la spola per motivi commerciali e politici tra madrepatria e colonie sudamericane
2. la presenza di migliaia di schiavi negri a Lisbona.

I balli rappresentavano il momento culminante di tutte le feste private e pubbliche: sia laiche che religiose. Enormi carri allegorici e gruppi di ballerini dei quattro continenti accompagnavano con la stessa carica esplosiva di vita sia le processioni organizzate dalla chiesa che le manifestazioni a favore del monarca Giuseppe primo.

Le danze più famose erano: fandango, fofa, lundum. Queste, a detta di molti osservatori francesi, inglesi e tedeschi, erano veramente scandalose: danze del ventre, atteggiamenti provocatori, giochi erotici a distanza... ravvicinata. La cosa più strana per i 'turisti'-moralisti era che le Autorità chiudessero gli occhi di fronte a questi spettacoli indecorosi mentre il popolo ne traeva il massimo divertimento.


OTTOCENTO e NOVECENTO

Con la civiltà industriale (XIX secolo) si verificò una profonda trasformazione delle danze, sia popolari che di corte. L'Ottocento fu il secolo del valzer, della mazurka e della polka. Fu anche il secolo delle grandi scuole di ballo, e soprattutto delle sale da ballo, sempre più belle e sempre più affollate. Il valzer portò una vera e propria rivoluzione, nelle abitudini, nei costumi, nelle cultura dei popoli: esso attraversò tutti gli strati sociali e tutte le nazioni; e, dovunque, conquistò con la stessa forza i ceti più umili e le classi aristocratiche. Le ultime resistenze attorno alla contraddanza, che aveva animato le corti del Settecento, furono spazzate senza grossi conflitti. L'ondata del valzer era il segno dei tempi: sulle piste s'imponeva la coppia, come protagonista definitiva del ballo, dell'amore e della vita. Non mi dilungo sulle innovazioni introdotte dal valzer e dagli altri balli del XIX secolo, in quanto il tema è ampiamente esposto alle voci specifiche dei balli stessi. Il continente europeo rimaneva ancora il centro del pianeta danza.

La rivoluzione francese rinnovò radicalmente anche il mondo del balletto. Già nel 1792 (2 ottobre) a Parigi si rappresentò Offrande à la Liberté, la cui coreografia era composta sulla musica della Marsigliese. Dal punto di vista contenutistico, si tendeva ad abbandonare i temi mitologici per calarsi nella realtà, introducendo trame e problematiche intese ad avvicinare i diversi ceti sociali fra di loro. Il ballo mitologico, non scompariva completamente, ma presentava agganci significativi a tematiche sociali ed umane. Ad esso si affiancavano il ballo storico (con particolare riferimento al mondo dell'impero romano), il ballo eroico, il ballo tragico. Sul piano formale e stilistico si sviluppava il concetto di danza come linguaggio artistico del corpo, capace di raggiungere le somme vette del dramma e della poesia. I maggiori centri di elaborazione coreutica furono Parigi, Vienna, Stoccarda. Si portò a compimento quel processo iniziato negli ultimi decenni del XVIII secolo, che vedeva il ruolo del maitre de ballets trasformarsi da ordinatore di danze a coreografo vero e proprio. Si poneva in termini seri il problema del rapporto tra le musiche e le danze. C'erano i sostenitori della ballabilità di qualsiasi musica. C'era invece chi, al fine di esaltare il ruolo primario della danza come fatto espressivo, riteneva giusto che fossero composte delle musiche ad hoc per i singoli balletti. Altri preferivano utilizzare le grandi composizioni musicali come base per le danze, senza sottilizzare su problemi di compatibilità. Le nuove tendenze e l'insieme delle problematiche connesse erano i chiari elementi della caratterizzazione romantica della danza ottocentesca.

Il balletto dell'età romantica predilige la passione amorosa che spesso è causa di dolori e sofferenze. Giovanni Calendoli sottolinea che un altro aspetto tipico del balletto romantico è "quello costituito dalle misteriose corrispondenze, non controllabili razionalmente, che si stabiliscono tra l'esistenza terrena e un aldilà popolato di anime inquiete, di dèmoni, di fantasmi, di esseri immateriali". (CALENDOLI GIOVANNI, Storia universale della danza, Milano, Mondadori, 1985). Calendoli ci spiega perchè nell'Ottocento le ballerine rubano la scena ai ballerini. "La danza, nella quale questi temi romantici trovano il modo di esprimersi più intensamente, è la danza alla quale si abbandonano appunto le creature che, bruciate dalla passione, non hanno più peso e attraversano come rapide falene gli spazi aerei, avvolte da veli evanescenti. Sulla scena creature siffatte non possono che danzare sulle punte. La danza sulle punte è propria dell'età romantica e riguarda specificamente la ballerina, che acquista una supremazia sul ballerino". "... la creatura femminile appare più adatta a impersonare la visione della vita romantica o, meglio, quegli aspetti di essa che la danza predilige". (CALENDOLI GIOVANNI, OP. CIT.). La danza sulle punte dà una sensazione di leggerezza ai movimenti: una sensazione di sofferta e poetica elevazione verso l'alto, che non ha nulla a che vedere con il salto o con quell'accenno al volo usato nel rinascimento e nell'età barocca.

IL XX SECOLO

Del XX secolo, che è quello nel quale siamo nati e cresciuti, preferisco parlare al presente, anzichè al passato.
Esplodono i ritmi afro_cubani e i balli ispano_latino_americani. Il baricentro si sposta nel continente americano (sud e nord). Nasce il Tango, che si abbatte sulle piste europee con la forza di un ciclone, capace di spazzare via tutto quanto esisteva in precedenza. Gli USA sfornano il ragtime, e il genere jazz. Vengono fuori decine di danze, una più affascinante dell'altra: dal fox trot al charleston, dal boogie woogie al rock 'n' roll, dalla rumba al cha cha, dal paso doble al samba, dal mambo al genere caraibico, alla disco dance. I nuovi balli non conoscono differenze di classi sociali. La voglia di divertirsi accomuna le nuove generazioni, nella omogeneità dei gusti estetici e delle mode. Perfino nella rigorosa danza teatrale si afferma l'esigenza di nuovi moduli espressivi, ispirati alla libertà di interpretazione e di performance.

Si consolida, in questo secolo, la cultura delle competizioni: sia sul piano della elaborazione delle teorie e delle tecniche, sia come confronto atletico sulle piste. Il ballo diventa hobby, divertimento, passione, impegno, business. E diventa sempre più diffusamente attività artistico_sportiva. Ne consegue la necessità della standardizzazione delle danze. Cosa che avviene gradualmente, e non sempre pacificamente. Si assiste alla contrapposizione tra la scuola francese ed il superiore stile inglese, che poi diventa internazionale. Si perfeziona il processo di classificazione dei balli in discipline omogenee. Anche se l'Europa ha perso la sua centralità di fucina del ballo, resta il fatto che Inghilterra, Francia, Germania ed Italia continuano a svolgere un ruolo determinante nella difficile opera di regolamentazione, revisione, adattamento delle principali danze. Si creano i primi Organismi sovranazionali, preposti a gestire le problematiche della danza; si perfezionano i regolamenti e gli statuti, nascono le moderne Associazioni dei Maestri di Ballo, si arriva alla costituzione delle Federazioni Nazionali di Danza Sportiva e alla loro confluenza nella IDSF (International Dance Sport Federation).

Tutto quello che è stato prodotto nei secoli XIX e XX nel campo della danza è riportato in questo sito, in maniera specifica e dettagliata, nelle varie sezioni a cui si accede dal PORTALE o da superindice. Nella rubrica STORIE DI BALLI ci sono tutte le danze che rientrano nelle discipline ufficiali, ad eccezione dei sei balli appartenenti alla disciplina DANZE JAZZ, inserite nella sezione FUORIPISTA. Per ognuna di esse è stata eseguita una ricerca accurata relativamente alle origini, al contenuto, al rapporto con gli altri balli, alle tecniche di esecuzione. La bibliografia di riferimento è del massimo livello scientifico_culturale. Nella sezione FUORIPISTA è stato costruito un archivio dove si documentano danze che non fanno parte delle discipline ufficiali (con l'aggiunta dei sei balli appartenenti alla disciplina DANZE JAZZ). Vi si può leggere di balli che non si vedono più sulle piste, ma che conservano un posto preciso nella storia universale della danza. Per le singole discipline, inoltre, sono presentati comparativamente i manuali ufficiali e le più importanti pubblicazioni esistenti. Per ogni ballo sono consultabili, infine, i programmi di ieri e di oggi.

Pertanto, questa BREVE STORIA DELLA DANZA si può chiudere qui. Il vuoto che si trattava di colmare con tale sezione riguardava le lontane origini del fenomeno ballo, il mondo greco_romano, il Medioevo. Per gli opportuni approfondimenti rinvio ai testi specifici, che sono riportati nella BIBLIOGRAFIA e che costituiscono i più qualificati e accreditati punti di riferimento a livello mondiale.

 



http://tetrays.altervista.org/frame/frame_danze.htm



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