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Transdisciplinare
Globalizzazione ed educazione alla Pace - Rotta verso l'Africa. Il continente africano, Sudafrica e Nigeria, come principali aree di destinazione delle armi italiane vendute ufficialmente; di Chiara Bonaiuti e Francesco Terreri.

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media inferiore, Alunni scuola media superiore, Formazione permanente
Tipologia: Materiale di studio

Abstract:

Rotta verso l'Africa

Chiara Bonaiuti* e Francesco Terreri

Il continente africano, in particolare Sudafrica e Nigeria, è diventato la principale area di destinazione delle armi italiane: quelle vendute ufficialmente, non quelle arrivate di nascosto.

Il clamoroso dato è contenuto nella relazione di quest'anno del presidente del consiglio sulle "operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento", presentata alle Camere subito prima lo scioglimento della XIII legislatura. Complessivamente l'export bellico italiano è in calo. Il valore globale delle autorizzazioni alle esportazioni rilasciate l'anno scorso ammonta a 1.658 miliardi di lire rispetto ai 2.596 miliardi registrati nel 1999, con una diminuzione del 36,3%.

Anche le consegne, che ammontano a 1.169 miliardi di lire rispetto ai precedenti 1.715 miliardi, segnano una diminuzione del 32%. Ma è lo stesso governo a "rassicurare" su questo punto. La forte differenza con l'anno prima deve essere imputata, secondo la relazione, alla maxioperazione effettuata nel '99 con gli Emirati Arabi Uniti per 1.247 miliardi di lire, relativa ad apparati elettronici aviotrasportati. Si trattava in realtà di un'operazione italo-francese che aveva fatto lievitare le cifre dell'export. Inoltre tre successive circolari e il nuovo regolamento applicativo della legge 185 del '90 - la legge italiana del settore - hanno sottratto ai controlli della legge e al conteggio il valore delle movimentazioni relative a diciannove programmi di coproduzione intergovernativa realizzate in ambito europeo, che coprivano, nel 1998, più del 54% delle esportazioni verso i paesi dell’Europa occidentale per un valore superiore a 300 miliardi di lire. Insomma non siamo alla crisi.

La principale novità del 2000 è il balzo delle esportazioni verso l’Africa subsahariana. Il valore globale delle autorizzazioni verso quest’area ammonta infatti a 574,983 miliardi di lire, rispetto agli appena 10,663 miliardi del 1999. L’area che, nel corso degli anni novanta, si è quasi sempre assestata come fanalino di coda, se si eccettuano i picchi di 90,7 miliardi nel 1994 (aerei da trasporto al Congo-Brazzaville) e di 89,7 miliardi nel 1996 (sei caccia Aermacchi all'Eritrea) conquista nel 2000 il primo posto.

Elicotteri e artiglieria

Il primo importatore dell’area è il Sudafrica. Secondo la ricostruzione di Oscar, l’Osservatorio sul commercio delle armi dell'Ires Toscana, si tratta di 30 elicotteri A109 Agusta per un valore di 498,672 miliardi di lire. I pagamenti sono stati effettuati tramite il Banco di Sicilia. La commessa, peraltro, è stata ampiamente pubblicizzata da riviste militare e dall’ufficio stampa della stessa Agusta. Gli aspetti del contratto sono interessanti in quanto recepiscono le caratteristiche delle nuove forme di coproduzione internazionale che collegano paesi del Nord del mondo con quelli del Sud, segno della metamorfosi del mercato degli armamenti nel contesto postbipolare e nell’era della globalizzazione.

Il memorandum d’intesa prevede che gli elicotteri vengano prodotti in joint venture con la Denel, la principale industria aeronautica del Sudafrica, erede della Atlas Aircraft che al tempo del regime dell'apartheid costruì su licenza i Macchi MB326. Alla Denel è stata concessa, secondo una rivista specializzata, anche la licenza di produzione di un altro tipo di elicottero monoturbina A119 Koala in Africa e in altri paesi. Tali forme di coproduzioni, che prevedono cessioni di know how e di licenze, riducono lo scarto tecnologico tra Nord e Sud, che costituiva, nel periodo della guerra fredda, una forma di dipendenza dei ricettori nei confronti dei fornitori, e rendono sempre più difficile esercitare i controlli nazionali sulla destinazione finale di materiali prodotti con componenti, tecnologie e know how di marca italiana.

Inoltre l’accordo, come in molti altri casi, contempla forme di offset, ovvero di compensazione. Il memorandum d’intesa tra Italia e Sudafrica prevede che l’investimento nel settore della difesa sia affiancato da uno a fini civili pari al 50% del valore di quello militare, aprendo la strada ad una serie di iniziative italiane nel settore del tessile, dell’oro, della biomedicina e nella lavorazione delle ceramiche. Se alcuni membri del governo sudafricano hanno sottolineato le potenzialità di quest’accordo anche in termini di occupazione, altri hanno espresso perplessità: il ministro delle finanze si era opposto alla maxicommessa da 5 miliardi e mezzo di dollari per ammodernare la difesa nazionale (di cui fanno parte, assieme a sistemi britannici, tedeschi e svedesi, anche gli elicotteri Agusta) perché avrebbe aumentato la quota di bilancio per la difesa dall’1,5% all’1,8% del prodotto interno lordo.

È rientrata tra i grandi clienti italiani anche la Nigeria che con 76,295 miliardi di lire di esportazioni autorizzate, si piazza al sesto posto tra i principali importatori di armi italiane. Sempre secondo Oscar, le due commesse alla Nigeria sono state ottenute dall’OtoBreda (gruppo Finmeccanica) per la vendita di obici semoventi 55/41 Palmaria, accessori e assistenza tecnica, con l'appoggio bancario del Credito Italiano. Si tratta in sostanza del seguito delle operazioni effettuate nei primi anni '90 con l'allora regime militare. L'attuale ripresa viene giustificata anche dallo scioglimento della condanna per violazione dei diritti umani dichiarata dal consiglio dei ministri dell’Unione europea (la 95/515/CFSP), in seguito all’elezione del nuovo governo civile nel febbraio 1999. Tuttavia la legge 185/90 vieta di esportare armi a paesi in via di sviluppo che, pur beneficiando di aiuti alla cooperazione italiana, spendano per la difesa risorse eccessive rispetto alle esigenze di sicurezza. Tale è oggi la situazione della Nigeria.

In Africa centrale arrivano nel 2000 anche piccole forniture al Ghana (466 milioni di lire) e al Niger (pistole mitragliatrici Beretta per 4 milioni di lire). Altre importanti operazioni sono autorizzate più a nord. In Egitto ad esempio, con 15,176 miliardi di nuove esportazioni, in Algeria con 8,901 miliardi, e in Mauritania con 6,547 miliardi di nuove autorizzazioni (e consegne). Verso il Marocco invece l'export si è ridotto a 167 milioni di lire.

Questo piccolo boom di vendite in Africa è solo il segnale del ritorno delle esportazioni italiane di armi decisamente verso il Sud del mondo, con una fetta importante dedicata ai nuovi mercati dell'Est e dei Balcani. Viceversa si conferma la contrazione delle forniture verso i paesi Nato, scese dal 58% nel 1990 al 32% nel 2000. Le nuove autorizzazioni verso l'Asia ammontano nel 2000 a 224,898 miliardi di lire, confermando la ripresa dopo la crisi finanziaria che aveva drasticamente ridotto le esportazioni di armi italiane. Principali importatori sono, nonostante le tensioni nel Kashmir, India e Pakistan, ma anche Malaysia Singapore, Cina, Bangladesh. In America Latina comprano made in Italy soprattutto Repubblica Dominicana, Brasile, Honduras. Nei Balcani emerge la Romania, la Turchia resta un cliente importante e in Medio Oriente partono le consegne alla Siria dei sistemi di controllo del tiro per carri armati delle Officine Galileo (Finmeccanica), la cui vendita era stata autorizzata nel '98. Perfino lo Stato Vaticano compare quest'anno, per la prima volta, tra gli acquirenti di armi italiane. Ha scelto, come appurato da Oscar, il prodotto Beretta: 20 pistole mitragliatrici PM12 S2 del valore di 14 milioni di lire.

* Dell' Osservatorio sul commercio delle armi (Oscar) dell'Ires Toscana



http://www.lomb.cgil.it/armi/rotta_verso_africa.htm



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