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SCHEDA RISORSA
Musica
Abilità di base
Musica e pensiero narrativo di Maurizio Disoteo
Lingua:
Italiana
Destinatari:
Alunni scuola dell'infanzia, Alunni scuola elementare, Alunni scuola media inferiore
Tipologia:
Materiale per esercitazioni
Abstract: Musica e pensiero narrativo
di Maurizio Disoteo
Ci chiediamo quali siano i rapporti tra pensiero narrativo, narrazione e musica.
Come è noto, esistono nella letteratura musicale molte composizioni con un progetto narrativo, anzi un genere molto praticato nell’ottocento fu proprio la musica a programma, vale a dire sostenuta da un preciso progetto narrativo. Eppure se esaminiamo bene queste composizioni, che vogliono dichiaratamente raccontare qualcosa, ci rendiamo conto che il loro "narrare" è ben diverso da quello della parola. Tanto diverso che proprio al tempo in cui il poema sinfonico era nel suo momento di maggiore sviluppo, i compositori sentivano l’esigenza di distribuire, all’entrata della sala, il "programma" della musica, vale a dire il racconto in parole di quanto veniva "narrato" nella musica. In caso contrario, nessuno avrebbe potuto garantire che le immagini evocate dalla musica negli ascoltatori potessero rispondere veramente alle intenzioni degli autori. Per esempio, anche se si pensa alle pagine più fortemente descrittive dei Quadri di un’esposizione di Musorgskij, è facile considerare che non necessariamente un ritmo lento di tuba e timpani ci fa pensare a un carro agricolo, oppure delle corse melodiche di flauto a dei bambini che giocano.
La musica suggerisce, più che dire, e ci trasmette un "alone di significati" ma non un significato preciso. E non è da dimenticare che molti ricercatori rifiutano di usare la parola "significato" a proposito della musica, preferendo quella di "senso".
Probabilmente i rapporti tra la musica e la narrazione vanno ricercati altrove. Per esempio nel fatto comune di saper creare luoghi e spazi immaginari e virtuali e soprattutto nella temporalità.
Sia la musica che il racconto si articolano nel tempo, anzi, condividono il fatto di creare un tempo psicologico che, nel caso della musica, unisce il compositore o in alcuni casi l’esecutore- compositore (si pensi ai raffinati taksim della musica araba) e l’ascoltatore. La vera emozione all’ascolto della musica sta, nella maggior parte dei casi, nella condivisione di una temporalità psicologica, nella corrispondenza del nostro tempo interiore con quello costruito e proposto dalla musica. Ma anche chi ascolta un racconto, condivide in realtà la costruzione del tempo che fa il narratore.
Non a caso, la musica è stata definita l’arte delle "scritture del tempo". Più di ogni altro aspetto della musica è proprio l’articolazione del tempo che definisce lo stile di un compositore, anche se talvolta con differenze sensibili nei vari periodi della sua produzione. Debussy che, dopo i quarant’anni, rifiuta le risoluzioni nette sembra voler sfuggire il passare del tempo e con lui il fantasma della morte che era apparso in lui. Tutto questo evidentemente non viene "raccontato" ma entra nel flusso della comunicazione tra musicista e ascoltatore e favorisce il crearsi di un rapporto fondato proprio sulla condivisione di un tempo interiore creato dalla musica.
La particolarità della musica di poter "creare il tempo" è particolarmente presente nella musica colta del novecento europeo, dove il concetto di durata prevale su quello di scansione, fatto che forse costituisce una delle ragioni dell’essere in controtendenza di molta musica colta rispetto alla ritmicità ossessiva della società d’oggi.
Una musica che oggi sembra "raccontare" o "parlare" sempre meno, ma che in realtà propone con forza una tematica che è stata da sempre presente, forse non solo nella musica ma in tutte le arti, dove più che cercare ciò che l’artista "dice" è meglio chiedersi quale sua esperienza umana ci voglia far condividere.
E forse proprio in questo spazio che pensiero narrativo e musica possono trovare i loro profondi punti di contatto
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