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Se il lavoro dei giovani non diventa più stabile Le condizioni occupazionali dei giovani e la difficile via dal precariato a un posto a tempo indeterminato. Intervista a Marco Centra, responsabile Isfol per l’analisi e valutazione delle politiche per l’occupazione

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti, Formazione permanente
Tipologia: Documentazione

Abstract:
Se il lavoro dei giovani non diventa più stabile
Le condizioni occupazionali dei giovani e la difficile via dal precariato a un posto a tempo indeterminato. Intervista a Marco Centra, responsabile Isfol per l’analisi e valutazione delle politiche per l’occupazione

di Federico Pace

Come procede la stabilizzazione del lavoro dei giovani?
Tra il 2003 e il 2005 la quota dei contratti a termine degli ‘under 25’ che si è trasformata in contratti a tempo indeterminato è diminuita in maniera preoccupante. Due anni fa era il 40 per cento. Ora invece viene stabilizzato solo il venticinque per cento dei giovani. Ma non è il solo indicatore. Va detto infatti che sono aumentati i rientri dei giovani nella disoccupazione.

Quali sono le ragioni di questo fenomeno?
Alle imprese non conviene più assumere i giovani perché non hanno più gli incentivi economici del contratto di formazione lavoro mentre il ' nuovo' apprendistato è praticamente bloccato. Il 'vecchio' apprendistato si può utilizzare ma, sulla base di un’indagine qualitativa e quantitativa che abbiamo condotto, ci risulta che le imprese aspettano la nuova normativa e non si rivolgono più al vecchio istituto. E i giovani ormai vivono una condizione critica.

A quale età si riesce ora a trovare un posto stabile?
I tempi di stabilizzazione dell’occupazione si sono allungati significativamente. Nel 1998 si raggiungeva a 36 anni mentre ora ci si arriva solo a 38 anni.

Questi contratti che dovevano offrire un incremento di opportunità di lavoro, ora stanno sostituendo e "spiazzando" lavori più stabili?
Sì. Nelle imprese c’è una domanda di flessibilità che viene soddisfatta da un ampio spettro di contratti. Questo ventaglio prima era abbastanza ristretto e comprendeva anche contratti incentivanti. L’impresa era disposta a prendere un dipendente al posto di un collaboratore. Ora la scelta si è orientata su strumenti con componenti di flessibilità e precarietà. Inoltre la stagnazione economica ha costretto le imprese ad abbattere i costi, primo tra tutti quello del lavoro. La presenza di elementi di flessibilità e la caduta di incentivi economici all’assunzione di giovani hanno creato questa situazione esplosiva tra due elementi tra loro indipendenti.

Ma i tassi di occupazione sono cresciuti...
I tassi di occupazione negli ultimi cinque anni sono aumentati, sebbene in stagnazione economica, ma invece i tassi di occupazione dei giovani sono andati in contro tendenza.

Come si spiega che nel Nord Est la conversione dei contratti a termine degli 'under 25' rimane su livelli accettabili?
Le ragioni sono strutturali e non tutte positive. Il Nord Est è un’area di punta del Paese dove la disoccupazione è di fatto nulla e i periodi di ricerca di lavoro sono molto brevi. Ci sono poi differenze strutturali. Nel Nord Est i posti di difficile 'reperibilità' sono per operai specializzati e molto specializzati. Per queste figure il contratto a termine viene spesso convertito in uno ‘stabile’. Qui poi pesa meno il settore dei servizi avanzati, settore che presenta fenomeni di acuta "precarizzazione". Ma anche il Nord Est ha dei problemi. Uno dei più drammatici è l’abbandono delle scuole. Troppi giovani smettono di andare a scuola per andare a lavorare. Non investire in formazione è, nel lungo termine, molto rischioso.

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martedì 19 settembre 2006


http://lavoro.repubblica.it/lavoro/index.jsp?s=interviste&idContent=1899058



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