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Storia
Intercultura

Le migrazioni di fine millennio "Quando l'Europa era terra d'emigrazione".



Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media inferiore, Alunni scuola media superiore, Formazione permanente
Tipologia: Materiale di studio

Abstract:

1. Le migrazioni di fine millennio

L'aspirazione a migliorare le condizioni di vita per sé e per la propria famiglia, la determinazione a sfuggire la povertà, la disoccupazione, i disastri delle guerre, le persecuzioni delle dittature, continuano a essere, come in passato, causa delle migrazioni di milioni e milioni di persone. Come ieri dall'Europa, oggi si emigra verso i paesi che offrono una più alta domanda di lavoro e migliori possibilità di alimentarsi, di curarsi, di istruirsi, di vivere lontani da violenze e sopraffazioni. L'emigrazione è infatti, prima di tutto, il frutto di differenze e squilibri che possono essere economici, demografici, sociali o anche ambientali; è inoltre uno degli aspetti di quel fenomeno, chiamato globalizzazione(S), che caratterizza la nostra epoca. La facilità dei trasporti , la diffusione delle informazioni e delle comunicazioni, sia di massa che interpersonali, rende oggi ancora più forte, e non sempre di facile controllo, la pressione di così tanti uomini e donne alle frontiere dei paesi più ricchi e sviluppati.

2. Quando l'Europa era terra d'emigrazione
 
Durante il XIX secolo si registrò una complessiva crescita della popolazione nel mondo, ma l'incremento demografico(T) interessò soprattutto le popolazioni dell'Europa e delle Americhe. Fu un fenomeno senza precedenti provocato dagli effetti della rivoluzione agraria, che aveva migliorato le condizioni alimentari, aumentato la produttività del lavoro, liberato dalle campagne enormi risorse umane. Furono questi fattori ad alimentare in Europa grandi flussi migratori dalle campagne alle città(S) e verso i continenti d'oltreoceano(S). Nelle Americhe, terre di immigrazione, la crescita demografica fu, in percentuale, ancora maggiore che nel vecchio continente.

3. Terre d'arrivo: le Americhe e il caso USA
 
I principali flussi migratori in America
Dalla conquista a metà Ottocento(S)
Dal 1850 ai giorni nostri(S)

 
Il caso degli USA
Lo sviluppo industriale: 1880-1914(S)
La chiusura delle frontiere nel primo dopoguerra

4. Esuli, profughi e sfollati
 
Fra gli emigranti, ieri come oggi, devono essere considerati anche gli esuli e gli sfollati, persone costrette a lasciare la propria terra, a causa di persecuzioni religiose, politiche o razziali o in seguito a guerre e distruzioni, e a chiedere come profughi ospitalità a paesi stranieri. Nel periodo fra le due guerre mondiali e alla fine del secondo conflitto in Europa centrale milioni e milioni di persone furono obbligate a spostarsi e ad abbandonare le proprie case spesso per far posto ad altre famiglie, a loro volta scacciate dai propri paesi d'origine.
Nel mondo attuale il numero dei profughi va crescendo in modo esponenziale. Se nel 1972 l'ONU ne calcolava due milioni e nel 1984 ne contava dieci, oggi la cifra è di trenta milioni, a cui si devono aggiungere altri trenta milioni di persone sfollate entro i propri confini. E' sempre l'ONU a ricordarci che il dramma di chi è costretto a lasciare tutto alle proprie spalle e a fuggire è una realtà che per il 90% riguarda esclusivamente il Sud del mondo. 

5. L'Europa nuovo polo di attrazione
 
Dopo la fine della II guerra mondiale molti europei ripresero la via dell'emigrazione verso mete extracontinentali: Argentina e Venezuela , Usa e Canadà, Australia(S) e Nuova Zelanda. Nella maggior parte dei casi si trattò di emigrazione permanente(G). Nel corso degli anni Cinquanta, però, anche i più industrializzati paesi europei, dove esisteva un'alta domanda di lavoro(S) non soddisfatta dall'offerta locale, cominciarono ad attrarre manodopera. Gli immigrati, che provenivano soprattutto dall'Italia, dalla Spagna, dalla Turchia e dal Portogallo, venivano reclutati nell'ambito di accordi bilaterali tra i paesi di partenza e quelli di arrivo, per lavorare in Gran Bretagna, Svizzera, Belgio e Francia, e in seguito nella Germania Federale, in Austria e in Olanda. Dopo il 1967 il maggior contributo di lavoratori fu fornito da Turchia(S), Grecia, Iugoslavia , Marocco, Algeria e Tunisia. I trattati istitutivi dalla CEE prevedevano che la preferenza nella circolazione di manodopera fosse data ai lavoratori appartenenti ai paesi della comunità. Ma già all'inizio degli anni Settanta(T) era chiaro che il numero di immigrati non europei era destinato ad aumentare. Oggi tutti i paesi dell'Unione Europea sono mete agognate da chi, proveniente dal Sud del mondo e dai paesi dell'Est Europeo, sfugge dalla miseria, dalla sopraffazione o dalla guerra per aspirare a migliori condizioni di vita.

6. Il caso Italia
 
Si calcola che i discendenti degli emigrati italiani nel mondo superino oggi il numero degli abitanti della nostra penisola.
L'emigrazione è infatti stata un fenomeno che ha accompagnato tutta la storia d'Italia, con momenti di particolare intensità.
L'emigrazione di massa, iniziata alla fine del secolo scorso e interrottasi tra le due guerre, riprese con vigore nel secondo dopoguerra, seguendo antiche e nuove strade. Con il cosiddetto "miracolo economico", a partire dalla fine degli anni Cinquanta, assunsero consistenza anche le migrazioni interne, soprattutto dalle regioni del Sud verso le aree più industrializzate del Nord. A partire dalla fine degli anni Settanta lo scenario muta significativamente: da paese di emigranti l'Italia si trasforma in meta ambita da migliaia e migliaia di persone, provenienti dall'Est dell'Europa e dal Sud del mondo.



http://webscuola.tin.it/risorse/storia/sommario/migrazioni/1/index.htm



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