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Religione
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Cum nimis absurdum - Il 14 luglio del 1555, a meno di due mesi dalla sua elezione al soglio pontificio, Paolo IV Carafa emanò una disposizione destinata ad essere centrale per la storia degli ebrei di Roma e dell’Europa tutta. La costituzione Cum nimis absurdum, infatti, obbligava tutti gli ebrei dello Stato della Chiesa a vivere, in ogni città, in piccoli quartieri prestabiliti, chiusi da portoni sorvegliati da custodi assunti appositamente, in cui ciascun ebreo era tenuto a rientrare prima del tramonto. Il papa, inoltre, si preoccupò di regolamentare, materia per materia attraverso una lista precisa di divieti minuziosi, la vita quotidiana degli ebrei, il loro lavoro e le loro, scarse, possibilità di incontro e contatto con i concittadini cristiani.

Lingua: Italiana
Destinatari: Formazione permanente, Formazione post diploma, Alunni scuola media superiore
Tipologia: Documentazione
Abstract:

 Gli ebrei nel Medioevo
Giacomo Todeschini

In breve. Il 14 luglio del 1555, a meno di due mesi dalla sua elezione al soglio pontificio, Paolo IV Carafa emanò una disposizione destinata ad essere centrale per la storia degli ebrei di Roma e dell’Europa tutta. La costituzione Cum nimis absurdum, infatti, obbligava tutti gli ebrei dello Stato della Chiesa a vivere, in ogni città, in piccoli quartieri prestabiliti, chiusi da portoni sorvegliati da custodi assunti appositamente, in cui ciascun ebreo era tenuto a rientrare prima del tramonto. Il papa, inoltre, si preoccupò di regolamentare, materia per materia attraverso una lista precisa di divieti minuziosi, la vita quotidiana degli ebrei, il loro lavoro e le loro, scarse, possibilità di incontro e contatto con i concittadini cristiani. Le norme stabilite nel 1555 per gli ebrei di Roma, unite a provvedimenti successivi - tra cui i più importati furono quelli emanati da Pio V Ghislieri (1569) e da Clemente VIII Boncompagni (1593) per costringere gli ebrei dello Stato della Chiesa a risiedere esclusivamente nei ghetti di Roma, Ancona e Avignone - rimasero in vigore fino al 1870, quando, con l’annessione di Roma al Regno d’Italia, anche gli ebrei della capitale ottennero l’emancipazione. Sebbene il ghetto della capitale non sia stato il primo (a Venezia ne era stato istituito uno nel 1516), la scelta del pontefice ebbe, nella storia, un significato ed un valore non paragonabili alle vicende lagunari. Roma era la capitale del mondo cattolico e le decisioni prese in Curia per la città rappresentavano un modello di comportamento da seguire ovunque si prestasse obbedienza al papa. Il ghetto, in verità, rappresentò agli occhi dei contemporanei una soluzione di compromesso tra istanze diverse: da una parte, infatti, vi erano coloro che, sull’esempio della corona spagnola, volevano procedere alle espulsione degli ebrei dalle terre soggette al potere temporale della Chiesa; dall’altra, invece, vi era chi proponeva di elaborare una strategia con cui indurre gli ebrei a convertirsi. Il ghetto fu la risposta a questi problemi: gli ebrei venivano accolti nello Stato del papa ma, in attesa che si convertissero, si stabiliva nei loro confronti una forma inedita di “espulsione” temporanea dalla quotidianità delle città - gli ebrei non potevano uscire di notte, dovevano vivere tutti insieme e esercitare pochi e poveri mestieri tenendosi a grande distanza dai cristiani e dalle loro vite.

Perché: Il ghetto di Roma rimase attivo per più di tre secoli e la vita degli ebrei della città - pur con i rapidi momenti di libertà degli anni repubblicani e rivoluzionari - condizionata dalla restrizioni sancite da Paolo IV Carafa nel 1555. Lo scopo della politica dei ghetti era la conversione degli ebrei; chi si fosse convertito avrebbe avuto diritto, in premio, ad una vita ricca di privilegi. Sebbene, dunque, dalla condizione di miseria e esclusione dei ghetti di età moderna fosse possibile uscire e lo scopo della loro istituzione fosse, esclusivamente, l’umiliazione e l’impoverimento degli ebrei al fine di facilitarne la conversione, la normativa di separazione tra gli ebrei e gli altri inaugurata allora, sarà, come vedremo, destinata a essere ripresa, secoli dopo, dalla legislazione razziale fascista. Nel 1938, però, per gli ebrei non era possibile alcuna via di fuga: il fascismo stabiliva l’ebraicità di una persona esclusivamente in base a criteri biologici e il battesimo, se effettuato in data successiva alla proclamazione delle leggi razziali, non comportava alcuna modifica in quei criteri.

Cum nimis absurdum

Poiché è oltremodo assurdo, e disdicevole, che gli ebrei, condannati alla schiavitù eterna per la propria colpa, con la scusa di essere protetti dall’amore cristiano e di essere tollerata la loro coabitazione in mezzo ai cristiani, mostrino una tale ingratitudine verso questi da rispondere con l’ingiuria alla misericordia ricevuta e da pretendere di dominarli anziché servirli come invece debbono; avendo appreso Noi che nella nostra Alma Urbe di Roma e in altre città, paesi e terre sottoposte alla sacra Romana Chiesa, l’insolenza di questi ebrei è giunta a tal punto che pretendono non solo di vivere in mezzo ai cristiani, ma anche in prossimità delle chiese, senza distinguersi nel vestire; che anzi prendono in affitto case nelle vie e nelle piazze principali, acquistano e possiedono immobili, assumono balie, donne di casa e altra servitù cristiana, e commettono altri misfatti a vergogna e disprezzo del nome cristiano; considerando che la Chiesa romana tollera questi ebrei in quanto testimoni della verità della fede cristiana e affinché riconoscano alla fine i propri errori, spinti dalla pietà e benevolenza della Sede Apostolica, e compiano ogni sforzo per approdare alla vera luce della fede cattolica e così riconoscano di essere stati resi schiavi a cagione dei loro persistenti errori, mentre i cristiani sono stati resi liberi grazie a Gesù Cristo, Dio e Signore Nostro, e quindi riconoscano che è ingiusto che il figlio della donna libera sia al servizio del figlio della donna serva, desiderando, con l’aiuto di Dio, porre rimedio a tutto ciò, stabiliamo,attraverso questa costituzione valida per sempre, che in ogni tempo futuro, tanto nell’Urbe che in ciascuna città sottomessa alla Chiesa Romana:
1)tutti gli ebrei debbano vivere in un’unica zona, o, se questo non è possibile, in due o tre o quante siano necessarie, e che tali zone siano contigue e separate dalle abitazioni dei cristiani. Tali quartieri, stabiliti da Noi nell’Urbe e dai Nostri Magistrati nelle altre città, avranno un solo ingresso e quindi una sola uscita.
2)In ogni città, terra e luogo in cui abiteranno, gli ebrei avranno una sola sinagoga dove si trova abitualmente e non ne potranno costruire di nuove, non potranno possedere beni immobili, quindi dovranno distruggere tutte le loro sinagoghe, esclusa quella concessa ad ogni città; i beni immobili che gli ebrei possiedono attualmente, li dovranno vendere ai cristiani nei tempi stabiliti da ogni magistrato.
3)Affinché gli ebrei siano ovunque riconoscibili come tali e non possano quindi nascondersi o celarsi in alcun modo, siano obbligati e costretti, gli uomini a indossare un berretto ben visibile, le donne un altro segno di facile riconoscimento, entrambi di colore grigio (glaucum); non saranno mai autorizzati a non indossare il berretto o altro segno, col pretesto della loro importanza, di privilegi o di speciali permessi acquistati dal camerlengo della Chiesa, dai chierici della camera Apostolica, da presidenti e legati della sede Apostolica.
4)Gli ebrei non potranno assumere servitù cristiana e i loro bambini non potranno essere allattati o nutriti da balie cristiane.
5)Di domenica e negli altri giorni festivi stabiliti dalla Chiesa gli ebrei non lavoreranno pubblicamente e non faranno lavorare gli altri;
6)Non opprimeranno in alcun modo i cristiani e non stipuleranno contratti falsi o fittizi con essi;
7)Non oseranno divertirsi, mangiare o conversare familiarmente con i cristiani;
8)Nei libri contabili e nelle registrazioni relative ad affari con cristiani gli ebrei non useranno altro alfabeto che il latino o altra lingua che il volgare italiano; nel caso contravvenissero a tale prescrizione, i libri in questione non avranno alcun valore giuridico contro i cristiani.
9)Gli ebrei possono dedicarsi esclusivamente al commercio dei vestiti usati, alla cosiddetta arte della stracceria, e non possono trattare grano, frumento o altri beni alimentari destinati al sostentamento umano;
10)I medici ebrei non possono, nemmeno se richiesti e convocati, presentarsi presso malati cristiani né curarli;
11)Non possono essere appellati “signori” dai cristiani poveri;
12)Sono tenuti a rispettare gli statuti favorevoli ai cristiani in vigore nelle città e nei luoghi in cui risiedano temporaneamente;
Se gli ebrei trasgrediranno in qualunque modo quanto sopra stabilito nella città di Roma da Noi e dal nostro Vicario, e negli altri luoghi citati da altri da noi deputati, siano puniti dai medesimi magistrati secondo la natura del crimine, e, secondo la volontà Nostra e di questi nostri vicari, anche come ribelli, e colpevoli del delitto di lesa maestà, e come avessero tradito la fiducia di tutto il popolo cristiano

In Roma, nella Chiesa di S. Marco, 14 luglio 1555, nel primo anno del Nostro Pontificato.




http://www.judeideurbe.net/testi231/ghetto.htm


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