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IL TUO GIUDIZIO SULLA RISORSA
Pluridisciplinare
Sciiti in piazza a Najaf e Baghdad - Sdegno per l'attentato contro l'ayatollah al-Hakim e la repressione dei turcomanni di Kirkuk - il manifesto - 26 Agosto 2003
Lingua:
Italiana
Destinatari:
Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia:
Materiale di studio
Abstract: Sciiti in piazza a Najaf e Baghdad Sdegno per l'attentato contro l'ayatollah al-Hakim e la repressione dei turcomanni di Kirkuk S.CH.
Migliaia di fedeli sciiti sono scesi ieri nelle strade di Najaf per accompagnare i resti delle tre guardie del corpo di Mohammed Saeed al-Hakim uccise domenica in un attentato contro l'importante esponente dell'Hawza, il consiglio dei religiosi sciiti, criticato dai settori più radicali per non aver assunto - su «consiglio» dell'Iran- una posizione di contrasto nei confronti dell'occupazione americana del paese. Mohammed Saeed al-Hakim è infatti lo zio dell'ayatollah Mohammed Baqer al Hakim leader del Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq -non certo molto popolare nel paese ma che gode del pieno sostegno del governo iraniano- uno dei partiti che prendono parte al Consiglio di governo provvisorio creato dagli Usa. L'attentato di domenica ha avuto luogo nei pressi della moschea dell'Imam Ali, la tomba di Ali, califfo e cugino del profeta Maometto fondatore dello sciismo, che fa di Najaf uno dei luoghi più sacri a livello mondiale per i seguaci di questa corrente minoritaria dell'Islam. La bomba, assai rudimentale, ha semidistrutto l'ufficio dell'ayatollah Saeed al Hakim, rimasto leggermente ferito, e ucciso tre guardie del corpo. La tensione nella città santa di Najaf è andata salendo sempre più dall'entrata delle forze Usa in Iraq e i contrasti tra le varie tendenze politico-religiose si sono andate acuendo sempre più soprattutto da quando due dei partiti sciiti, il già ricordato Sciiri ma anche «al Dawa», hanno deciso di partecipare al governo nominato dal viceré Usa in Iraq Paul Bremer.
I contrasti sono esplosi violenti sia tra questi partiti e quelli più «militanti», decisamente contrari all'occupazione e meno «iraniani», guidati dal giovane Muqtada al Sadr (figlio dell'ayatollah Muhammad Sadek al-Sadr ucciso in circostanze misteriose nel 1999) sia all'interno dello Sciiri e dello stesso «al-Dawa» che, proprio per questa ragione si è spaccato in due tronconi. Nella tempesta è finito anche l'establishment religioso, legato ad una tradizione «quietista» di disinteresse delle vicende politiche e guidato dal grande ayatollah Ali Sistani erede e seguace dell'insegnamento della grande «fonte dell'emulazione» l'ayatollah Abu al Qasim al Khoei morto nel 1992. Tale disinteresse per la politica ha portato le massime cariche religiose a non opporsi direttamente all'invasione e all'occupazione anglo-americana e questo non è piaciuto ai più giovani militanti sciiti ed in particolare a quelli delle grandi periferie di Baghdad per i quali lo sciismo è essenzialmente un mezzo di riscatto sociale. E non solo. Nelle critiche di Muqtada al Sadr vi è anche un forte substrato nazionalista dal momento che sotto accusa è anche l'origine iraniana (ma anche quella pakistana o afghana), in ogni caso straniera, di molti dei leader religiosi più tradizionali. Queste critiche lo scorso aprile sfociarono nella richiesta fatta dal giovane al Sadr a tre esponenti religiosi, tra i quali Sistani, Baqer al Hakim e Muhammed Ishaq al-Fayyad di abbandonare Najaf e l'Iraq. Al Sadr era stato indicato anche come l'ispiratore degli incidenti che portarono nell'aprile del 2003 all'uccisione di Abdel Majid al Khoei, il religiosi elitrasportato dagli inglesi a Najaf da Londra per influenzare l'establishment religioso della città a favore dell'amministrazione anglo-americana. In seguito a tali pressioni l'ayatollah ali Sistani ha rotto due mesi fa il suo silenzio, e ha criticato duramente la creazione del Consiglio di governo transitorio sostenendo che la nuova costituzione irachena dovrà essere redatta da un'assemblea costituzionale eletta democraticamente e non da un comitato deciso dall'amministrazione Usa.
Non meno tesa la situazione nel nord del paese dove le truppe dell'Unione patriottica del Kurdistan di jalal Talabani hanno aggredito venerdì i fedeli turkmeni usciti da una moschea appena ricostruita nella cittadina di Tuz Khurmatu uccidendone quattro e danneggiando gravemente il luogo di culto. Ieri un esponente della comunità turcomanna in Iraq, Ahmet Muratli, ha protestato duramente per il sostegno Usa alle milizie kurde e ha anche chiesto un intervento di Ankara presso Washington contro le discriminazioni di cui sarebbero vittima le popolazioni di origina turca in Iraq ad opera della nuova amministrazione curdo-americana. E ieri per la prima volta sono scesi in campo a Baghdad a fianco dei turcomanni migliaia di dimostranti sciiti che hanno lanciato slogan contro l'occupazione e il tentativo Usa di dividere il paese su basi etniche per meglio controllare, affidandolo alle milizie curde, il petrolio iracheno.
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