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IL TUO GIUDIZIO SULLA RISORSA
Educazione linguistica Italiano
Educazione linguistica seconda lingua
Assia Djebar - Pensare l'Algeria come necessità oltre che come luogo, storia, realtà. Due interviste
Lingua:
Italiana
Destinatari:
Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia:
Materiale di studio
Abstract:
GRAZIA CASAGRANDE INTERVISTA ASSIA DJEBAR (1999)
[Dal sito www.cafeletterario.it riprendiamo la seguente intervista del 24 dicembre 1999. Grazia Casagrande e' giornalista, scrittrice, redattrice di "alice.it", portale dedicato alle segnalazioni librarie. Assia Djebar e' una illustre intellettuale algerina impegnata per i diritti umani, scrittrice, storica, antropologa, docente universitaria, cineasta. Opere di Assia Djebar: cfr. almeno Donne d'Algeri nei loro appartamenti, Giunti, Firenze 1988; Lontano da Medina. Figlie d'Ismaele, Giunti, Firenze 1993, 2001; L'amore, la guerra, Ibis, 1995; Vaste est la prison, Albin Michel, Paris 1995; Bianco d'Algeria, Il Saggiatore, Milano 1998; Nel cuore della notte algerina, Giunti, Firenze 1998; Ombra sultana, Baldini & Castoldi, Milano 1999; Le notti di Strasburgo, Il Saggiatore, Milano 2000; Figlie d'Ismaele nel vento e nella tempesta, Giunti, Firenze 2000; La donna senza sepoltura, Il Saggiatore, Milano 2002. Opere su Assia Djebar: cfr. il libro-intervista di Renate Siebert, Andare ancora al cuore delle ferite, La Tartaruga, Milano 1997. Dal sito www.rainews24.it riprendiamo anche la seguente scheda: Nata in Algeria, Assia Djebar e' stata, nel 1955, la prima donna algerina ammessa all'Ecole normale superieure francese. Sostenitrice dell'emancipazione femminile nel mondo islamico, dopo aver partecipato al movimento di liberazione dell'Algeria, si e' imposta come narratrice di lingua francese, raccontando i temi propri del suo mondo d'origine. All'impegno narrativo (i suoi libri sono tradotti in molte lingue), ha affiancato la poesia, la saggistica, la drammaturgia, la scrittura e la regia di opere documentaristiche e cinematografiche. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali tra cui, nel 2000, il prestigioso Premio per la pace. Attualmente insegna alla New York University e vive tra Parigi e gli Stati Uniti... Per tutte le donne del Terzo Mondo, scrivere riconduce a una doppia proibizione, allo stesso tempo dello sguardo e del sapere. Scrivere, per la maggior parte delle mie sorelle, e' scontrarsi inevitabilmente con il muro del silenzio e dell'invisibilita'. Nello stesso tempo, nasce un'urgenza per via della quale il fatto di scrivere puo' diventare "scrivere per", cioe' un impegno del verbo, una scrittura appassionata e combattiva. Assia Djebar e' sicuramente una di queste figure, un'artista mossa - come lei stessa dice - "dall'urgenza della scrittura, l'urgenza della parola dinanzi al disastro". L'urgenza della denuncia, del recupero della memoria. La volonta' di togliere il velo del silenzio alle donne islamiche. Tutta la sua produzione artistica affronta temi come l'identita', la condizione femminile nell'Islam, il fanatismo religioso, il senso della scrittura e il ruolo dell'intellettuale nella societa' civile. Un impegno che proprio la condizione di donna rende piu' gravoso ma che, per contro, vede sempre piu' donne in prima linea come testimonia anche il recente premio Nobel assegnato alla iraniana Shirin Ebadi. Bibliografia: Queste voci che mi assediano, Il Saggiatore; Andare ancora al cuore delle ferite, La Tartaruga; Lontano da Medina. Figlie d'Ismaele, Giunti, 1993, 2002; L'amore, la guerra, Ibis, 1995; Bianco d'Algeria, Il Saggiatore, 1998; Nel cuore della notte algerina, Giunti, 1998; Ombra sultana, Baldini e Castoldi, 1999; Donne d'Algeri nei loro appartamenti, Giunti, 2000; Figlie d'Ismaele nel vento e nella tempesta. Dramma musicale in 5 atti e 21 quadri, Giunti, 2000; Le notti di Strasburgo, Il Saggiatore, 2000; Vasta e' la prigione, Bompiani, 2001; La donna senza sepoltura, Il Saggiatore, 2002"]
Un'intellettuale, una signora elegante e raffinata, eppure ha sfidato la morte, ha saputo dichiarare il dissenso e la voglia di liberta', la radicale opposizione all'integralismo violento che domina nel suo paese. Incontriamo Assia Djebar e, con grande rispetto e ammirazione, ascoltiamo le sue opinioni sulla letteratura e la vita. * - Grazia Casagrande: Quando ha pensato di presentare, attraverso i suoi romanzi, la condizione femminile algerina in Occidente, e perche'? - Assia Djebar: Io non ho pensato, mostrato, presentato: quello che descrivo e' la realta' della mia infanzia. Non ho neppure pensato ad un pubblico. Se qualcuno comincia a scrivere lo fa per una esigenza interiore, per rendere piu' stabile, piu' chiaro quello che inizia a pensare, a cercare. Non ho un'idea del pubblico, del lettore. * - Grazia Casagrande: Nelle donne che presenta, nelle loro vite, c'e' la testimonianza di una situazione, di una condizione. - Assia Djebar: Si', certo. Dopo i quarant'anni, e dopo dieci anni di silenzio, ho cominciato a scrivere. All'inizio era il piacere a spingermi: era come montare un film, come rendere vivi dei personaggi che avevo in mente. Un piacere quasi gratuito. Ma e' evidente che quando si comincia a scrivere si parte dall'esperienza dell'infanzia, dalla propria formazione, se fossi nata in Irlanda il mio mondo letterario sarebbe stato diverso. Non ho nemmeno pensato alle differenze tra Occidente e Oriente. Lasciata l'Algeria ho viaggiato molto, sono stata negli Stati Uniti, e quindi in Francia. Ho scritto in francese perche' e' una lingua piu' traducibile dell'arabo, la lingua stessa infatti e la sua traducibilita' rendono piu' aperto l'Occidente. Mi ha spinto a scrivere l'urgenza di rappresentare la vita, una vita tragica, appassionata. Il bisogno di scrivere e' l'illusione di lottare contro l'oblio, forse e' proprio solo un'illusione. Gli eventi vengono raccontati da una persona all'altra, passano di bocca in bocca, ma un giorno si dimenticano, si cancellano: da qui il desiderio di fissarli. Ma e' un sogno perche' tutto si cancella. * - Grazia Casagrande: Non tutto. - Assia Djebar: Si' invece, qualcosa per sparire puo' metterci anche piu' di duemila anni, ma alla fine tutto si cancella. Presso certe dinastie di faraoni c'era chi scriveva ogni fatto accaduto, eppure oggi tutto cio' e' scomparso... Evidentemente nel corso di una vita, per trenta, quarant'anni un libro puo' restare, puo', a volte, anche sopravvivere al suo autore, puo' durare altri cinquanta, cento anni, ma tutto alla fine si cancella. Io ho l'esigenza di credere che la narrazione possa lottare, possa almeno cercare di lottare, contro l'oblio. * - Grazia Casagrande: Puo' lottare anche contro l'arroganza del potere? - Assia Djebar: Si', ma il potere, e chi lo detiene, non e' mai scalfito dalla letteratura. Quando a uno scrittore fanno domande in una trasmissione, quando vengono fatti commenti alle otto di sera da uno schermo televisivo, allora c'e' qualche potente che si scandalizza e dice: "Ha osato dire questo, ha nominato e colpito quello", ma non va poi a leggere i libri, non sa davvero quello che lo scrittore denuncia. * - Grazia Casagrande: Lei pero' ha avuto dei problemi in Algeria per quello che ha scritto e detto. - Assia Djebar: Non credo che i miei problemi siano stati piu' importanti di quelli di molte altre persone in Algeria. Non bisogna esagerare nel dipingermi come un'eroina. Ho incontrato moltissime donne che solo per aver detto buongiorno a qualcuno, per aver parlato con il vicino per la strada hanno subito pesanti persecuzioni o sono state uccise. Ho un'amica giudice (e non un giudice di cause politiche), molto conosciuta e importante, che per andare in tribunale doveva far controllare dalla sua porta di casa se ci fosse qualcuno che la seguisse, eppure andava senza paura a svolgere la sua professione. C'e' un destino per ognuno. Certo c'e' una minaccia contro la liberta' di pensiero, ma c'e' anche il destino individuale. Io resisto, so che i miei lettori insorgerebbero se mi fosse fatto qualcosa, e mi sento protetta. I miei libri si vendono e in molti paesi: questa e' la mia sicurezza. Certo ho anche maggiori responsabilita'. Ma la responsabilita' e' nel sapere che quello che viene detto, se si e' noti, diventa molto importante. Sono un essere umano e posso sbagliare, per cui faccio molta attenzione a quello che affermo. So se un mio libro e' ben scritto, ma non ho la certezza che quello che dico in un dibattito sia la verita'. Le televisioni mi chiedono commenti su fatti politici o di cronaca e io rispondo che quello non e' il mio lavoro, non sono ne' una giornalista, ne' una specialista. E non perche' non abbia il coraggio delle mie idee, ma perche' non vorrei, sbagliandomi, indurre in errore altre persone. Ho diritto anche di sbagliarmi, vivo lontana dal mio paese... * - Grazia Casagrande: Ma lo scrittore sa spesso vedere piu' lontano. - Assia Djebar: Non e' questione di intuizione. Per quanto riguarda me, in Bianco d'Algeria, romanzo che ha forti caratteri politici (ma anche in Lontano da Medina), ho usato un metodo di lavoro che si risolve nel porre domande al passato (il passato piu' lontano), e cercare di vedere la struttura politica del Paese, la struttura delle abitudini psicologiche collettive, e nel vedere se ora, nella violenza e nell'intolleranza, queste sono cambiate. A partire da quanto il passato porta, come chiarimenti o spiegazioni, si puo' dire che la guerra civile non e' inerente al fatto di essere musulmani. Il mio prossimo libro tratta del periodo in cui Sant'Agostino e' stato in Algeria e si puo' vedere che i Donatisti erano integralisti come oggi lo sono gli islamisti algerini, cosi' sicuri di possedere la verita' da diventare violenti per affermarla. In questo modo scrivendo utilizzo la competenza storica e assolvo al bisogno di narrare, di andare in profondita', rivolgendomi piu' al passato che al presente. Non credo molto all'intuizione... * - Grazia Casagrande: Pensa che ci sara' una cultura sincretica, che accolga elementi occidentali e orientali, laici e religiosi? - Assia Djebar: La cultura francese non e' poi cosi' laica. Esiste un integralismo laico, esempio ne sia l'espulsione di studentesse musulmane con il chador dalle scuole pubbliche francesi. Non si devono allontanare dalla scuola le ragazze che provengono da famiglie integraliste, perche' a poco a poco, inserendole e integrandole, pue' esser fatto loro capire che esistono altri spazi, altre realta'. Anche in Italia la Chiesa continua ad avere una forte influenza sulla stessa Costituzione. In Algeria l'Islam e' la religione della maggioranza della popolazione, ma non ci deve essere nessuno che obblighi a rispettarla. Dal 1962 maschi e femmine vanno a scuola insieme e questa e' stata la prima cosa che gli integralisti volevano cambiare e per questo maestri e maestre sono stati uccisi ma, grazie a Dio, la scuola rimane mista. Non abbiamo una Costituzione davvero laica, ma rivendichiamo un Islam tollerante in cui sia possibile la coesistenza con le minoranze cristiana ed ebraica, come e' avvenuto in passato. * - Grazia Casagrande: In Europa oggi c'e' una forte immigrazione islamica. Secondo lei, questo rappresentera' un problema? - Assia Djebar: No, in Francia ci sono tre milioni di musulmani, e' la seconda religione. Penso che invece potra' essere un'opportunita', perche' i musulmani che vivono in Europa, uomini e donne, e sono una minoranza, se continuano ad approfondire la loro cultura, a leggere i loro testi, hanno la possibilita' di acquisire una concezione moderna di Islam. * - Grazia Casagrande: Che cos'e' per lei la liberta' per una donna? - Assia Djebar: E' molto semplice. E' poter uscire liberamente dall'interno all'esterno. Ci sono ragazze a cui il padre o il fratello, a partire dai dieci anni, proibiscono di uscire: questo avveniva ai tempi di mia madre che non e' piu' uscita di casa se non con il marito e sempre coperta da un velo. E' la realta' dell'Afghanistan, dell'Arabia Saudita, non dell'Iran in cui le donne sono velate, ma possono svolgere tutte le attivita', anche quelle maschili. L'obbligo per le donne di restare in casa significa renderle prigioniere: e' quello che racconto nel mio ultimo romanzo. Come si impara a camminare per le strade se fino a trent'anni si e' costrette a rimanere recluse? Questa e' la prima liberta'. E per questo ho deciso, tre anni dopo l'indipendenza, di non sopportare piu' l'idea di non potermene andare dal mio Paese senza l'autorizzazione dell'amministrazione: mi sembrava un attentato alla nostra indipendenza. Cosi' ho lasciato l'Universita', la mia casa confortevole (avevo gia' trent'anni) e sono andata a Parigi a completare i miei studi. Ho mantenuto la nazionalita' algerina e la residenza nella mia citta', ma avevo un indirizzo a Parigi: per me la liberta' e' liberta' di movimento. Di certo pero' non e' l'unica. Un'altra e' l'imparare a ragionare con la propria testa, senza essere condizionati dalla televisione o dalla societa' dei consumi. Continuo a lavorare nelle universita' e credo che il mio contributo consista proprio nell'insegnare a ragionare con la propria testa.
DANIELA PIZZAGALLI INTERVISTA ASSIA DJEBAR (2004)
[Dal sito de "Il porto ritrovato" (www.ilportoritrovato.net) riprendiamo la seguente intervista apparsa sul "Secolo XIX" del 6 marzo 2004. Daniela Pizzagalli e' nata a Milano dove vive e lavora; psicologa e giornalista, svolge attivita' di critica letteraria e storica su quotidiani e periodici. Opere di Daniela Pizzagalli: Tra due dinastie, Camunia, 1988; Bernabo' Visconti, Rusconi, 1994; L'amica. Clara Maffei e il suo salotto nel Risorgimento, Mondadori, 1996; La dama con l'ermellino. Vita e passioni di Cecilia Gallerani nella Milano di Ludovico, Rizzoli, 1999; La signora di Milano. Vita e passioni di Bianca Maria Visconti, Rizzoli, 2000; La signora del Rinascimento. Vita e splendori di Isabella d'Este alla corte di Mantova, Rizzoli, 2001; La regina di Roma. Vita e misteri di Cristina di Svezia nell'Italia barocca, Rizzoli, 2002; La signora della pittura. Vita di Sofonisba di Anguissola, gentildonna e artista nel Rinascimento, Rizzoli, 2003; La signora della poesia. Vita e passioni di Veronica Gambara, artista del Rinascimento, Rizzoli, 2004]
La sua bellezza berbera e' intatta, nonostante il trascorrere del tempo e i luoghi sempre piu' lontani dove la conduce la vita. Assia Djebar infatti lascia spesso la sua casa di Parigi per trascorrere lunghi mesi negli Stati Uniti, dove insegna letteratura francese in un'Universita' di New York e in Louisiana, e non torna in Algeria da molti anni. Eppure portera' tutta la luce e il calore della sua terra a Pordenone, dove la manifestazione e' quest'anno in suo onore. Politica e cultura s'intrecciano nei suoi romanzi e nei suoi film, e anche nella raccolta di saggi appena uscita, Queste voci che mi assediano (Il Saggiatore, pp. 246, euro 18), anche se il libro sembra imperniato essenzialmente sul rapporto tra linguaggio e scrittura. * - Daniela Pizzagalli: Quali sono queste voci che l'assediano, e hanno dato il titolo al suo libro? - Assia Djebar: Sono le voci di donne che giungono dalla mia infanzia, dalla mia famiglia, e che hanno plasmato la mia visionarieta'. Parlano in dialetto arabo e berbero, sono voci dell'oralita', che per fare mie nella scrittura ho dovuto tradurre in francese. E'.stata un'operazione che ha reso il mio stile narrativo come un coacervo di esperienze: i critici francesi trovano nella mia scrittura un ritmo, una circolarita', una modulazione poetica che deroga dall'uso letterario francese, e riflette invece la fantasia femminile araba della tradizione orale. * - Daniela Pizzagalli: La scolarizzazione in lingua francese in Algeria era portata del dominio coloniale; si puo' dire che, se con la colonizzazione molti paesi africani sono stati sottoposti a un'occidentalizzazione forzata, oggi e' in atto un'islamizzazione forzata? - Assia Djebar: Bisogna tener conto che l'Islam nei paesi del Maghreb ha una tradizione antichissima, quindi anche nel periodo coloniale era l'Islam a indirizzare lo stile di vita quotidiano, soprattutto nelle classi piu' basse. La differenza e' che, finito il dominio politico straniero, l'Islam non e' piu' stato soltanto un modello religioso che influiva sui costumi, ma e' diventato uno strumento di potere. Non parlerei quindi di islamizzazione, ma piuttosto di politicizzazione dell'Islam. * - Daniela Pizzagalli: Nel nostro mondo interculturale e multimediale, qual e' l'impatto dello stile di vita occidentale sulle popolazioni musulmane? - Assia Djebar: Rispondo ricordando le mie stesse reazioni quando da ragazzina, in Algeria, vedevo le donne francesi aggirarsi da sole in citta' con vestiti succinti: non c'era ammirazione o invidia, dentro di me, ma disapprovazione per la loro mancanza di pudore, che andava contro tutti i valori insegnati in famiglia, dove le donne uscivano solo una volta alla settimana, per andare a lavarsi e purificarsi all'hammam, preferibilmente di sera per esporsi il meno possibile agli occhi altrui. Pensate che scandalo possono provocare i programmi televisivi occidentali che ormai entrano in tutte le case. Il rispetto del corpo femminile fa parte integrante della cultura araba, mentre in occidente lo sfruttamento del corpo non e' un dato culturale, ma economico, perche' si espone l'anatomia della donna per vendere piu' prodotti. * - Daniela Pizzagalli: In questi giorni si e' acceso un dibattito sullo spot elettorale di Bush, che sfrutta le immagini dell'esplosione delle torri di New York. Lei che ha vissuto da vicino quel momento, che cosa pensa dell'espediente del presidente americano? - Assia Djebar: Lo disapprovo. Io l'11 settembre del 2001 ero a casa mia a New York, vicinissima alle torri, quindi ho vissuto questa tragedia in prima persona, e non penso che le emozioni legate a quell'evento debbano essere monopolizzate a scopo elettorale. Pero' devo aggiungere che quell'episodio ha significato per gli americani il primo vero contatto con la realta' della guerra, del terrorismo, della violenza, che prima avevano visto soltanto alla tv, e che sembrava non riguardarli da vicino. Prima erano un po' fuori dal mondo. Soltanto quella che ci e' prossima e' davvero realta': ci sono da trarre importanti insegnamenti da questo.
http://www.mail-archive.com/nonviolenza@peacelink.it/msg00658.html
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