«Anch'io
oggi in piazza contro la guerra».
Parla Colleen Kelly - fondatrice dell'Associazione dei familiari delle
vittime dell'11 settembre
(Peaceful Tomorrow)
In questi
giorni, mi sento classificata secondo la seguente gerarchia: sorella
di Bill Kelly Jr., ucciso l'11 settembre 2001; madre di tre bambini
piccoli; cittadina americana; ragazza di una piccola città che
vive nella grande New York. Leggo quello che legge un americano medio,
senza avere accesso a documentazione specializzata.
La mia sola esperienza consiste nell'essere la sorella di Billy, e nell'aver
perso qualcuno che ho amato profondamente per colpa di diciannove uomini
con «armi di distruzione di massa»: dei taglierini. L'idea
che l'ottusa ostinatezza del mio paese possa essere causa di nuovi dolori
per il pianeta intero è davvero preoccupante.
Quando la mia organizzazione ha visitato, lo scorso settembre, più
di 70 uffici del Congresso, nessuno di questi ha potuto dire di aver
ricevuto una maggioranza di chiamate a favore della guerra. L'opinione
pubblica americana ha il diritto di venire a conoscenza di fatti che
possono essere causa di un pericolo imminente.
Noi, in quanto familiari delle vittime dell'11 settembre, abbiamo il
diritto di essere informati di qualunque fatto che possa collegare l'Iraq
con Al Qaeda. Mio fratello non è morto né a causa di armi
nucleari, né a causa di armi chimiche o batteriologiche. E' morto
a causa dell'ottusità mentale di un gruppo di uomini.
E' arrivato il momento per il mondo di usare tutta la sua intelligenza,
creatività e compassione per cercare delle alternative alla guerra.
Meglio di me l'ha detto Martin Luther King Jr.: «Dalla sofferenza
delle guerre nascono i veri strumenti con cui si costruirà la
pace di domani».