E Amnesty mette il naso nei Cpt - Rapporto sui Centri di permanenza temporanea in Italia
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E Amnesty mette il naso nei Cpt


Il rapporto riguarderà tutti i Centri di permanenza temporanea d'Italia. Lo anticipa Domi Bufi, responsabile Amnesty International della Circoscrizione Puglia, che aggiunge: «Partiranno diverse iniziative, tra cui una campagna di petizione, per migliorare il rispetto dei diritti umani in questi luoghi d'accoglienza per stranieri»


BARI - Amnesty International, dopo due anni d'intense ricerche e sopralluoghi, lunedì renderà pubblico il suo dettagliato rapporto sui Centri di permanenza temporanea (Cpt) in Italia.
Il 20 giugno, infatti, in occasione della «giornata del rifugiato» verranno per la prima volta resi noti i dati relativi a tutti i centri esistenti nel nostro Paese, regione per regione, nonché - dice Domi Bufi, responsabile Amnesty della Circoscrizione Puglia - «partiranno diverse iniziative, tra cui una campagna di petizione, per migliorare il rispetto dei diritti umani in questi luoghi d'accoglienza per stranieri».

Intanto, questa sera, a Bari, nella libreria Laterza (alle 18), verrà presentato il rapporto annuale di Amnesty International. Durante l’incontro, (secondo appuntamento nazionale dopo Roma) il responsabile della Circoscrizione Puglia di Amnesty, Domi Bufi, e Ruggiero Caputo, referente di Azioni e Campagne della nostra regione, renderanno pubblica la situazione dei diritti umani in 149 Paesi nel corso dell’anno appena trascorso: il 2004.

Viene fuori che in Italia manca ancora una legge organica sul diritto d’asilo e che, di fatto, il nostro Paese «sta gestendo il trattamento dei richiedenti asilo in maniera contraria al diritto internazionale. L’ha riconosciuto il Parlamento Europeo e la Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso delle deportazioni da Lampedusa verso la Libia, Paese non certo noto per il rispetto dei diritti dei rifugiati». Inascoltate poi, sono rimaste le richieste dei rappresentanti di Amnesty «di sapere che cosa preveda l’accordo di cooperazione con la Libia, su cui il Governo mantiene il riserbo più assoluto; ci è stato anche impedito di accedere al campo di Lampedusa, perché, se non si ha nulla da nascondere»?

Tuttavia, dall’intero rapporto emerge che l’intero pianeta è scosso da violenze e soprusi: dovunque nel mondo ci sono abusi dei diritti umani, ma su tutti svettano i casi più eclatanti come i conflitti africani (Darfur in Sudan e la guerra nel Congo) dove milioni di civili, bambini compresi, subiscono i più disparati crimini contro l’umanità.

Stando al lavoro svolto da Amnesty, quello appena trascorso è stato anche l’anno in cui «la lotta al terrorismo è stata la giustificazione per atti oppressivi nei confronti di minoranze etniche (in Cina contro la minoranza musulmana degli Uighuri), la pretesa legittimazione di guerre condotte in spregio del diritto umanitario (come la guerra in Cecenia), è stato il movente per incarcerare senza processo, per torturare, per metter fuori causa avversari politici (gli esempi sono tanti, da Guantanamo alle carceri egiziane)».

Resta, inoltre, allarmante la situazione nei Territori Occupati in Palestina, dove la costruzione del muro (per dividere la Cisgiordania) di fatto impedisce a molti palestinesi l’accesso al lavoro, divide famiglie, impedisce la fruizione di servizi essenziali in molti villaggi. Parlando di cifre: «l’esercito israeliano ha ucciso nel 2004 più di 700 palestinesi, compresi all’incirca 150 bambini e distrutto centinaia di abitazioni. Dall’altra parte i gruppi armati palestinesi hanno continuato a colpire (…) uccidendo 109 israeliani, 67 dei quali civili, compresi 8 bambini».

In Paesi come la Turchia, poi, la mancanza di diritti colpisce soprattutto le donne: «si stima che tra un terzo e la metà delle donne siano vittime di violenza fisica all’interno della famiglia. Esse sono picchiate, stuprate, in alcuni casi uccise o indotte al suicidio. Sono oggetto di baratto e costrette a matrimoni precoci. Tutto questo in un clima di larga impunità. I tribunali riducono la pena allo stupratore se questi promette di sposare la vittima».

E stando ancora ai dati, è proprio il gentil sesso a dover subire le maggiori angherie: costrette a subire comunque e sempre violenze: nel corso dei conflitti armati e/o tra le mura della propria casa. «Gli stupri sistematici sono ormai diventati un’arma di guerra, per colpire nell’onore il nemico, per minarne la stabilità sociale. (…) Il problema è tanto grave che lo Statuto della Corte Penale Internazionale prevede lo stupro e le violenze sessuali sistematiche come un crimine contro l’umanità». Una sorpresa spiacevole riguarda in particolare la violenza domestica, ad opera di propri congiunti, che ha risulta più diffusa d’ogni più cupa previsione: «secondo il Consiglio d’Europa essa è la principale causa di morte e invalidità per le donne tra i 16 e i 44 anni, un’incidenza maggiore di quella provocata dal cancro e dagli incidenti automobilistici; l’OMS ci dice che il 70% delle donne vittime di omicidio sono uccise dal partner».

Senza tralasciare «il fenomeno della tratta a scopi di prostituzione nel Kossovo, alimentata dal personale ONU che ora governa questa regione».

Inoltre, durante l’incontro nella libreria Laterza si parlerà anche degli abusi sui diritti umani da parte degli Usa, come nel carcere di Abu Grahib e a Guantanamo (dove sono detenute più di 500 persone, senza aver mai avuto un processo secondo gli standard internazionali) e, infine, verrà presentata la campagna principale di Amnesty International per il 2005 incentrata contro il commercio internazionale delle armi. «Chiediamo l’adozione di un trattato internazionale che regolamenti tale mercato (…). In Italia l’obiettivo è difendere la legge 185/90 dagli attacchi di chi vuole indebolirla. Augurandoci anche una migliore applicazione di tale legge per evitare, come è già accaduto, che l’Italia venda armi a Paesi in guerra o che violano i diritti umani, in pieno contrasto con la legge in vigore».

Senza mai dimenticare, tengono a precisare i rappresentanti di Amnesty che: «i diritti umani sono i nostri diritti. Difenderli è un compito di tutti».


Stefania Lisena


16/6/2005



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