Cinesi fuori rotta
STEFANO LIBERTI
Ultima di una lunghissima serie, la tragedia dell'immigrazione che si è consumata ieri a largo di Ragusa presenta tuttavia un indiscutibile elemento di novità: la nazionalità dei migranti. Il ritrovamento di cinesi nel canale di Sicilia indica un cambiamento di rotta rispetto alle usuali strade - lunghe ma piuttosto lineari - usate finora dai cittadini della Repubblica popolare diretti verso il nostro paese. Fin dagli anni Novanta, gli emigranti cinesi - provenienti per lo più dalle due province costiere meridionali dello Zhejiang e del Fujian - hanno sempre seguito un cammino ben definito: si dirigevano in treno o in aereo a Mosca, punto di partenza di un vero e proprio viaggio a tappe. Arrivavano a Kiev, principale punto di snodo per la Romania e l'Ungheria, da dove poi puntavano verso la Croazia o la Slovenia. Questa parte di viaggio era compiuta a bordo di tir o camion-frigorifero modificati. Era invece a bordo di autovetture o motoscafi che raggiungevano il confine italiano. Una via alternativa, già da anni caduta però in disuso, consisteva invece nell'arrivare direttamente in aereo a Belgrado, dove i cinesi potevano entrare senza visto, e da lì dirigersi verso l'Italia. I tragici fatti di ieri - sommati al ritrovamento due settimane fa di altri ventuno cittadini di Pechino al porto di Marina di Ragusa - potrebbero indicare che i gruppi che organizzano i viaggi clandestini dei cinesi preferiscono ora la rotta che da Malta attraversa il canale di Sicilia.
A differenza di quanto avviene per i cittadini africani, che si avvalgono dei servizi di passeurs solo per i tratti più ostici (in particolare l'attraversamento in barca del Mediterraneo), il viaggio dei cinesi è infatti normalmente «inquadrato» dall'inizio alla fine. Organizzazioni ben ramificate gestiscono l'intero tragitto, avvalendosi di una rete ben strutturata di «agenti locali» nei singoli paesi, in modo da stabilire una catena di sub-appalti conveniente per tutti. Il gruppo più attivo in questo settore era la joint-venture creata dal cittadino croato Josip Loncaric e dal suocero cinese Xu Bailang che, prima di essere arrestati nel 2000, gestivano in modo quasi monopolistico il traffico di migranti dalla Repubblica popolare.
Stando alle indagini del pool investigativo di Trieste diretto dal procuratore Nicola Maria Pace e dalle relazioni della commissione anti-mafia del Parlamento, il prezzo complessivo del viaggio si aggira tra i 12mila e i 15mila euro. Una cifra enorme, che viene messa insieme grazie a un articolato sistema di credito. Sempre secondo la commissione anti-mafia, le organizzazioni che forniscono il viaggio assistito intercedono su diversi soggetti interessati al trasbordo per ottenere il pagamento: l'immigrante stesso, le sue reti parentali nel paese d'origine, eventuali reti familiari nel paese d'arrivo, potenziali datori di lavoro disposti a saldare le spese in cambio dell'impegno a lavorare in condizioni para-schiavistiche.
Se probabilmente il prezzo per il trasbordo è rimasto invariato (i migranti indiani pagano normalmente per un viaggio tutto-compreso da New Delhi alle coste europee 12mila dollari), rimane invece da capire se il cambiamento di rotta rappresenta un mutamento strutturale o un evento eccezionale. Rimane da capire, in particolare, in quale modo e con quali difficoltà gli sventurati sono giunti a Malta. Se sembra difficile che la Valletta, appena entrata in Europa, possa aprire un nuovo fronte dell'immigrazione clandestina, non si può dimenticare che tra l'isola e le coste sicule ci sono appena 100 chilometri di mare.
da "il manifesto" del 25 Marzo 2005
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