Gli stranieri di Don Cesare e la stranezza dei Cpt di Luigi Manconi
L'arresto di don Cesare Lodeserto, direttore del Regina Pacis, prima centro di permanenza temporanea (Cpt), poi centro di accoglienza di San Foca Melendugno, in provincia di Lecce, non può essere motivo di soddisfazione per alcuno: nemmeno per chi (come me) è favorevole all'abrogazione dei Cpt.
E, infatti, si assiste - ancora una volta - a un uso eccessivo della custodia cautelare, dal momento che per nessuno dei reati contestati al sacerdote è previsto l'arresto obbligatorio; e resta più che mai valida la premessa (sanamente garantista quando non è manovrata ipocritamente) sull'opportunità di lasciare che sia il processo nei suoi diversi gradi a valutare le responsabilità penali individuali. Certo è che, intorno a quel prete e al suo centro, alle sue molte attività e alle sue ancora più numerose vicissitudini, nel corso degli anni, c'è stata una costante tensione: e molteplici iniziative giudiziarie. Da quella per le violenze denunciate da stranieri trattenuti nel centro a quella relativa alla gestione e all'utilizzo di fondi pubblici. Ciò che appare certo - anche sulla base si testimonianze dirette - è che siamo in presenza di un caso esemplare di quel «solidarismo autoritario», che costuituisce il tratto - culturale e caratteriale, insieme - di molte figure votate al «bene degli altri». Mi riferisco a un modello di gestione dell'assistenza, che ha avuto il suo precursore in Vincenzo Muccioli: e che si manifesta come strategia leaderistica-provvidenziale, dove si intrecciano punizione «a fin di bene» e paternalismo istituzionale, pedagogia elementare e controllo sociale.
Tutto ciò - va da sé - può svilupparsi tanto più potentemente quanto maggiore è lo spazio di autonomia (e, dunque, di potenziale arbitrio) che viene concesso. Quanto più lo Stato consente a soggetti privati una totale libertà di movimento senza vincoli e controlli, senza parametri di efficienza e di qualità, tanto più possono verificarsi la speculazione e l'abuso. Anche perchè, qui, non stiamo parlando della gstione di una mensa e nemmeno di un segmento dell'istruzione scolastica. Qui, stiamo parlando nientemeno che di funzioni di controllo e di custodia. Ed ecco il secondo punto - forse il più dolente - evidenziato dall'arresto di don Cesare Lodeserto. Fino al dicembre scorso, quel luogo era un Centro di permanenza temporanea. Un'istituzione introdotta da una convenzione europea e finalizzata al trattenimento di stranieri sottoposti a provvedimento di espulsione o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera non immediatamente eseguibile. In altre parole, si tratta di stranieri non condannati nè imputati di reati penali, responsabili esclusivamente di un illecito amministrativo (ingresso o permanenza irregolare sul territorio italiano), in attesa di venire espulsi. Dunque, come scrive Medici Senza Frontiere, «con lo status di trattenuti, o ospiti, e non di detenuti»: ma «la differenza, allo stato pratico, non sembrerebbe essere così rilevante come dovrebbe».
Insomma, una vita da galera in luoghi che non possono essere definiti carceri: ma che presentano caratteri simili a quelli della detenzione e condizioni, in qualche caso, peggiori sotto il profilo igienico-sanitario. E, soprattutto, dove non esiste certezza del diritto, chiarezza sui ruoli e sulle competenze, consapevolezza degli obblighi e dei limiti, dei poteri e delle responsabilità. E, infine, dove non esiste un regolamento e, tanto meno, una carta dei diritti; né strumenti di tutela o figure di autorità cui appellarsi. Una zona franca, dunque, dove - è il caso del centro di San Foca Melendugno - non c'è uno straccio di codice di condotta nei confronti dei trattenuti. Ospiti, come vuole la beffarda e crudele definizione burocratica, ma senza diritto alcuno. E, allora, se è vero che ex malo bonum (dal male può sortire un bene), l'arcivescono di Lecce, monsignor Cosmo Franesco Ruppi, che si sente «capo di una chiesa perseguitata», e lo stesso don Lodeserto ne converranno: questa può essere l'occasione per mettere radicalmente in discussione - e arrivare a superarli - i Centri di permanenza temporanea. E questo dovrebbe valere anche per il centrosinistra: soprattutto per il centrosinistra.
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