Aspetti dell’apprendimento spontaneo e guidato dell’italiano in contesto migratorio. Massimo Vedovelli 1994
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In:  "SILTA – Studi Italiani di Linguistica Teorica ed Applicata", XXIII, n. 2*


Apprendimento e insegnamento linguistico in contesto migratorio: dall'apprendimento spontaneo a quello guidato dell'italiano L2


Massimo Vedovelli

A distanza di tre anni dal numero monografico dedicato ai problemi sociolinguistici dell'immigrazione straniera in Italia, curato da Franca Orletti (Orletti, 1991), SILTA ripropone un numero tematico su Aspetti dell'apprendimento spontaneo e dell'apprendimento guidato dell'italiano in contesto migratorio. Le ragioni per un nuovo numero su tematiche che per alcuni versi toccano quelle affrontate in precedenza non stanno tanto nel superamento dei risultati presentati nei contributi che risalgono solo a pochi anni fa, quanto nel contemporaneo permanere di alcuni tratti della situazione di allora e nel presentarsi di nuovi: sia gli uni che gli altri, come si vedrà, coinvolgono la dimensione della ricerca scientifica, ma anche quella degli interventi glottodidattici in maniera tale da aprire nuovi campi di ricerca e nuovi problemi al sistema formativo italiano. Appare interessante analizzare, inoltre, alcune linee della didattica dell'italiano rivolta agli immigrati, cioè a un pubblico per lo più adulto, che ha sviluppato un autonomo patrimonio di italiano appreso spontaneamente, che vive spesso in condizioni estreme di svantaggio e di marginalità sociale.


Per meglio mettere in luce la pertinenza di questo ritorno sulle questioni linguistiche e dell'apertura a quelle didattiche legate al contesto migratorio italiano appare necessario richiamare alcuni punti che sono stati evidenziati nel precedente numero monografico.


Un primo e rilevante nucleo di tematiche era costituito da quelli che potremmo definire un vero e proprio discorso sul metodo: Orletti e Testa (1991), prendendo lo spunto dalle problematiche poste dalla trascrizione di corpora di interlingua, hanno svolto una ricognizione sulle metodologie che costituisce, a nostro avviso, la principale fra quelle realizzate nell'attuale momento della sociolinguistica. È interessante riflettere sul fatto che proprio le tematiche dello sviluppo linguistico in contesto migratorio abbiano consentito una messa a punto dal valore generale e tale da superare i soli confini stabiliti dall'oggetto della sociolinguistica. Di nuovo, proprio con le tematiche dell'apprendimento linguistico in contesto migratorio si ha una ulteriore conferma della bontà del paradigma metodologico jakobsoniano (Jakobson, 1971, 22-24; 1974, 107-110), al quale va ricondotta, come a un punto originario, la fondazione metodologica di larga parte della ricerca empirica delle scienze del linguaggio, soprattutto quando queste si trovano a dover sviluppare indagini sui territori di confine fra discipline differenti.


Secondo tale paradigma, sono i casi 'estremi', ovvero quelli in cui il meccanismo si sfalda, i casi più vicini alla possibilità di osservabilità e di studio: le problematiche linguistiche dell'emigrazione sono un esempio di tensione linguistica, e proprio per questo fanno venire al pettine i nodi primari di ogni azione conoscitiva, e in particolare i problemi metodologici che sono a fondamento della ricerca linguistica. Se, per Jakobson, la linguistica si occupa del linguaggio nei suoi diversi aspetti di linguaggio in atto, in svolgimento, nello stato nascente e in dissoluzione, allora la sociolinguistica, occupandosi del contatto linguistico in contesto migratorio, secondo un procedere jakobsoniano affronta proprio i casi più estremi e di maggiore tensione dei processi linguistici di sviluppo, dissoluzione e morte di idiomi e di competenze. Gli studi sull'ordine delle acquisizioni e delle perdite linguistiche, e sulle leggi generali di implicazione che segnano gli stadi dell'acquisizione delle varietà interlinguistiche; il contatto linguistico, lo sviluppo di una nuova lingua ('imperfetta'), l'atrofizzazione e la perdita della L1 nell'individuo e nel gruppo, la sensibilità di tali processi di sviluppo e di atrofizzazione ai fattori individuali (psicologici) e socioculturali: tutto ciò rientra nelle problematiche linguistiche dell'emigrazione e negli oggetti di studio della sociolinguistica. E a tale ambito, e del tutto in sintonia con il paradigma jakobsoniano, si applicano in modo esemplare le problematiche metodologiche sottolineate da Orletti e Testa (1991): il paradosso dell'osservatore, con la soluzione metodologica dell'osservazione partecipante come quadro di azione per la raccolta dei dati; il paradigma della ricerca-azione (implicante una metodologia esplorativo-interpretativa); strumenti e tecniche non invadenti (diario, protocollo di osservazione ecc.).


La riflessione di Orletti e Testa ha.ribadito, inoltre, quanto sia debole l'idea della purezza del dato rilevato dalla ricerca empirica: Il dato non appare mai 'puro', tanto più se esso ha i caratteri complessi e intricati di ciò che emerge dai processi sociali e linguistici dell'emigrazione. È proprio in questo punto che, a nostro avviso, viene collocata la condizione di possibilità per il collegamento fra la ricerca linguistica o sociolinguistica pura e le altre discipline, soprattutto quelle applicate: in questo territorio di frontiera e di tensioni, i linguisti non possono chiudersi nell'esclusivismo di tematiche di ricerca basate su una concezione di lingua come di una struttura avulsa dal contesto di uso e dai processi individuali e sociali del suo sviluppo. Da qui la possibilità di affrontare anche le esigenze conoscitive e formative emergenti dal campo della didattica.


Il terzo elemento che caratterizzava il precedente numero tematico era costituito dalla presentazione dei risultati derivanti da diverse ricerche relative all'apprendimento non guidato dell'italiano: da un lato tali risultati avevano caratteri conclusivi, dall'altro cercavano di attirare l'attenzione su nuovi campi di studio o proponevano letture nuove di oggetti già affrontati.



In generale, dunque, il precedente numero monotematico consentiva una messa a punto metodologica delle questioni della ricerca sociolinguistica nel contesto migratorio; poneva sul piano teorico alcune condizioni di possibilità per fondare un corretto rapporto fra la dimensione della ricerca scientifica e quella della didattica applicata al contesto migratorio; infine, presentava dati aggiornati provenienti dalla ricerca scientifica sui processi di apprendimento spontaneo dell'italiano L2.


Se questi sono i caratteri principali del precedente numero monografico di SILTA, e se appaiono paradigmatici di una fase cruciale della ricerca scientifica sui processi linguistici dell'immigrazione in Italia, quali sono le ragioni per la pertinenza di un nuovo numero di SILTA sull'argomento? E quali elementi di novità giustificano tali ragioni e possono venire presentati? Come chiave di risposta, si può affermare che si è entrati in un momento decisivo della ricerca e della didattica, in cui si sono chiarite vecchie questioni e nuove se ne sono delineate: tutte concorrono a porre, finalmente in termini fondati su una ampia base di ricerca scientifica, le questioni della analisi delle condizioni di possibilità per individuare gli elementi di un paradigma glottodidattico specifico per l' immigrazione straniera in Italia.



2. La situazione della ricerca sociolinguisnca sulla immigrazione



Nonostante che si parli ormai da diversi anni dei problemi della formazione linguistica e dell'inserimento sociale degli immigrati stranieri in Italia (almeno dal 1981, con Vedovelli, 1981), solo adesso si hanno gli strumenti teorici e generalmente conoscitivi per capire meglio i complessi rapporti esistenti fra la ricerca scientifica pura sull'argomento e l'intervento applicativo che mira a impostare e orientare i processi di formazione. Tra il piano della ricerca sociolinguistica e quello degli interventi didattici si manifesta, però, una divaricazione la cui ampiezza e le cui conseguenze possiamo avere chiare solo ora che appaiono sufficientemente stabilizzati alcuni elementi conoscitivi sui problemi che gli immigrati hanno nel momento in cui si incontrano con la lingua italiana in quanto lingua del contesto socializzatorio di immigrazione.



L'accumulo di tali conoscenze deriva, innanzitutto, dal fatto che si sono concluse o sono entrate in una fase conclusiva alcune grandi azioni di ricerca, ad esempio quella interuniversitaria coordinata dall'Università di Pavia. La conclusione di grandi momenti di indagine ha avuto almeno un effetto rilevante: la recente e ormai notevole produzione di ricerca scientifica sui problemi e sui processi di apprendimento dell' italiano da parte degli immigrati è entrata ormai decisamente nella fase della sistematizzazione delle conoscenze acquisite in più di un decennio di indagini (v. Giacalone Ramat, 1993; Giacalone Ramat e Vedovelli, 1994; Banfi, 1993; Vedovelli, 1993; Giacalone Ramat, in stampa).



Accanto alle acquisizioni conoscitive sui processi di sviluppo dell'italiano da parte di immigrati, va registrata come effetto positivo la costituzione di notevoli corpora di dati di apprendimento, fra i quali ricordiamo quello realizzato a Pavia. Va ricordato che tale corpus deriva da una ricerca che programmaticamente ha inserito i propri obiettivi e le proprie procedure entro il quadro più ampio di analoghe azioni internazionali di indagine come quelle sviluppate presso la European Science Foundation.


Vorremmo ricordare, di tali acquisizioni conoscitive, solo alcuni tratti capaci di contribuire alla definizione di un modello teorico dell'apprendimento in contesto migratorio. Innanzitutto, va registrato il fatto che il modello degli stadi di apprendimento e delle varietà interlinguistiche sembra essersi affermato come il più adeguato a rendere conto delle problematiche linguistiche in contesto migratorio.


Tale modello consente l'applicazione dei modelli tipologici delle strutture , linguistiche e degli universali linguistici, come quelli relativi ai processi di grammaticalizzazione alla ricerca sull’apprendimento (Giacalone Ramat, 1994a, 1994b). In tale prospettiva, gli stadi dell'apprendimento vengono esaminati in rapporto alla ricerca delle costanti che li caratterizzano nella loro sequenza evolutiva; la via di accesso a tali regolarità è costituita primariamente dalle deviazioni dalle regole della lingua del contesto di apprendimento. La ricerca sociolinguistica si è concentrata, allora, sulla individuazione delle regole delle diverse varietà interlinguistiche di italiano, considerando la loro costituzione e la loro evoluzione come determinate da principi di regolarità rispondenti a meccanismi che superano in alcuni casi le specificità delle lingue in contatto, e che, contemporaneamente, si dimostrano molto sensibili alle condizioni di apprendimento. In questi casi le regole sembrano manifestare alti e differenziati tassi di variabilità.



La recente realizzazione del LIP - Lessico di frequenza dell'italiano parlato (De Mauro et alii, 1993) ha consentito, tramite il suo corpus, di porre in nuova luce anche il problema della distanza fra l'italiano parlato dagli italiani e l'interlingua di apprendimento sviluppata dagli immigrati: un modello di analisi adeguato sembra dover considerare sia le categorie tradizionali dei meccanismi generali di semplificazione condivisi nell'interazione nativo-immigrato (foreigner talk), ma anche valorizzare l'adeguatezza del lavoro di elaborazione messo in atto dal migrante impegnato nella estrazione di regole da un input che appare complessivamente articolato, intrinsecamente multivariato (nella polarizzazione del continuum fra italiano e dialetto), caratterizzato da alta destrutturazione se paragonato alla formalità che assume invece nelle sue forme scritte.



3. La situazione della glotfodidarnca per l 'immigrazione



Per quanto riguarda la situazione dell'offerta formativa rivolta agli immigrati è da sottolineare, sin dall'apparire del fenomeno della nuova immigrazione straniera in Italia, lo sviluppo sempre più allargato di interventi didattici statali e del volontariato, sia all'interno delle strutture istituzionalizzate della formazione linguistica (150 ore, corsi di alfabetizzazione ecc.) sia entro quadri diversi (assistenza, formazione professionale).


Alla fase di sintesi sistematizzatrice delle conoscenze globali che si sta realizzando sul piano scientifico non sembra corrispondere una analoga situazione a livello dei concreti interventi didattici: tra le opere di sintesi possiamo annoverare solo il recente e meritorio Morlini (1994). Quali i motivi? Sono intrinsecamente legati alla complessità dell'oggetto o rimandano alle questioni dell'organizzazione strutturale degli interventi? Proprio la risposta a tali domande può far meglio comprendere la funzione di questo numero di SILTA.



La possibilità di sistematizzazione dei caratteri di fondo degli interventi formativi rivolti agli immigrati dipende strettamente dall'affermazione o meno di un determinato paradigma scientifico e di politica culturale: è noto che appare molto difficile parlare in Italia di politica culturale come azione programmata e verificabile; molto più frequente è il caso in cui le linee di politica culturale a livello istituzionale non fanno altro che raccogliere quanto si è fatto e si è lasciato fare nella struttura delle dinamiche sociali. In questo, a nostro avviso, sta una gran parte delle difficoltà di riportare a sistematizzazione le esperienze di formazione linguistica rivolte agli immigrati in Italia.


L'inserimento di questi ultimi nella scuola è stato improvviso: il sistema formativo istituzionale a tal punto è stato colto impreparato che nemmeno è stato in grado di prevedere e rendere operative specifiche figure professionali pronte a rispondere alle loro esigenze. Basti pensare che ancora oggi, e nonostante la ristrutturazione legislativa delle due Università per Stranieri di Siena e di Perugia, in Italia manca un corso di laurea per insegnanti di italiano agli stranieri.


Un altro elemento di ostacolo alla sistematizzazione globale dei caratteri degli interventi è stata la mancanza di coordinamento fra le linee prese dalla ricerca linguistica sui processi di apprendimento spontaneo dell'italiano da parte degli immigrati e le esigenze della formazione. Per quanto riguarda il piano della ricerca scientifica, sono stati rari, negli anni passati, i collegamenti fra le indagini sull'apprendimento e quelle sull'insegnamento, così come tra la prospettiva glottodidattica e quella sociolinguistica.



A tale parzialità delle indagini è corrisposta la mancata elaborazione di un paradigma glottodidattico in grado di elaborare una specifica modalità di intervento che tenga conto delle particolari condizioni sociolinguistiche di inserimento sociale e di apprendimento linguistico da parte degli immigrati, e anzi capace di assumere questi elementi come tratti pertinenti della didattica linguistica. Colpisce, allora, ma non sorprende, come solo oggi e a fatica riescano a prendere forma interventi che individuano come pertinenti alcuni elementi specifici del contesto migratorio, elementi e interventi che caratterizzano ormai da più di due decenni le prospettive straniere, ad esempio quelle rivolte proprio alla formazione dei nostri emigrati all'estero.


In questo panorama tutte le esperienze assumono quasi di necessità il tratto della sperimentalità: tutte sono il primo 'tentativo di rispondere a bisogni reali e pressanti di formazione senza che possano esistere né un paradigma teorico di glottodidattica passibile di facile applicazione operativa, né materiali didattici (soprattutto editoriali) utilizzabili nella formazione linguistica. Un segnale di tale provvisorietà sperimentale è dato dal fatto che negli ultimi anni si è assistito alla pubblicazione di opere che tutte hanno l'obiettivo di 'presentare l'esperienza': il più delle volte si tratta di un'esperienza che non ha gli strumenti per valutare la possibilità della propria generalizzabilità, che non si lancia nella applicazione generalizzabile nelle condizioni medie degli interventi formativi. Di recente, qualche esperienza cerca di superare questo limite di particolarismo: vanno in direzione della individuazione delle condizioni di possibilità per un modello standardizzato o almeno generalizzabile di intervento i programmi dei corsi per adulti scaturiti dalla sperimentazione di Scandicci (De Mauro et alii, 1992).


Diversi problemi rimangono aperti, e tutti ruotano intorno ad una questione: se sia possibile costituire un terreno di incontro fra le ragioni della ricerca sui processi di apprendimento e i dati conoscitivi da essa sviluppati da un lato, e le ragioni di una didattica dell'italiano che tenga conto delle acquisizioni conoscitive e della specificità sociolinguistica dei destinatari degli interventi dall'altro. Occorre ricordare che a tale incontro possono contribuire anche le elaborazioni realizzate nell'ambito della ricerca pedagogica, in modo particolare gli studi sui processi di apprendimento da parte degli adulti. Proprio a prospettive più specificamente pedagogiche hanno fatto riferimento diverse esperienze di formazione linguistica degli immigrati (v. Demetrio, 1987; Favaro e Tognetti Bordogna, 1989): anche in queste, nonostante il loro valore paradigmatico in relazione alla sperimentazione di modalità formative particolari per gli adulti, si riscontra una certa distanza rispetto alle specificità linguistiche di tale formazione. Di nuovo, si ripresenta la necessità di un incontro fra prospettive disciplinari e teoriche.


Va sottolineato che molte delle problematiche che in Italia sono ora affrontate nel tentativo di elaborare una efficace glottodidattica per l'emigrazione sono state già affrontate negli anni passati nei paesi con più antica esperienza di immigrazione. Non appare inutile, di conseguenza, invitare a porre maggiore attenzione ai modelli altrove elaborati se non si vorranno percorrere vie che già sono state verificate come dispendiose o inefficaci. A ciò si aggiunga il fatto che ii lavoro di ricerca e glottodidattico su un campo così difficile come quello dell'emigrazione fa emergere alcuni fattori troppo facilmente tralasciati, a nostro avviso, dalla didattica dell'italiano rivolta a pubblici più generici quanto a caratteristiche e motivazioni: ci riferiamo, ad esempio, allegarne con il mondo del lavoro, ai rapporti fra il livello comunicativo di sopravvivenza e quelli necessari per l' integrazione, il difficile rapporto fra parola e immagine quando si colloca all'interno dei fenomeni di contatto fra culture.


Infine, la considerazione attenta di ciò che altrove è stato fatto rischia di rimanere inutile, se non si coglie il legame che gli interventi e i loro fondamenti teorici devono porre con il nuovo quadro sociologico che caratterizza le recenti ondate migratorie che hanno investito tutta l'Europa, quadro sociologico che ne implica uno di sociologia della comunicazione in contesto migratorio. Se non si avranno chiari i nuovi caratteri degli spostamenti migratori degli anni '90 e l'impatto che provocano nelle società di arrivo (v. al proposito, AA. VV., 1990), difficilmente sarà possibile collegare la formazione linguistica alle problematiche dell'inserimento sociale del migrante, con il rischio del fallimento di ogni offerta formativa.


4. I contributi di questo numero tema tico di SILTA


I contributi contenuti in questo numero di SILTA cercano di offrire alcuni elementi che caratterizzano l'attuale panorama della ricerca scientifica e della glottodidattica rivolta al contesto migratorio. Importante come elemento di continuità con le problematiche affrontate nel precedente numero monotematico di SILTA è il contributo di G. Bernini che descrive i criteri di fomlazione di uncorpus di interlingua su base informatizzata e in relazione a uno standard europeo delle ricerche su tale ambito promosso dall'attività dell'European Science Foundation.


Nei contributi di A. Felici e di A. Villarini vengono esaminati due elementi di un modello integrato di apprendimento spontaneo dell'italiano, ovvero il ruolo dell'input e quello della riflessione metalinguistica: da un lato, gli elementi linguistici che dall'esterno provocano l' elaborazione di apprendimento da parte del migrante, e, dall'altro, una delle varie dimensioni di tale elaborazione vista dalla parte del migrante.



Alcuni contributi della sezione dedicata più specificamente alle problematiche glottodidattiche si soffermano su aree formative che non sono quelle del corso istituzionale e privilegiato entro il nostro sistema formativo: anche nell'alfabetizzazione e nella formazione professionale operano, però, docenti che si scontrano quotidianamente con problematiche glottodidattiche che sono di notevole spessore teorico. È di questi docenti che si vuole esaminare lo sforzo di autonomia nella fondazione e gestione della didattica dell'italiano come lingua straniera: dalle soluzioni proposte in tali contesti si auspica che possano derivare suggerimenti anche per i docenti che operano nelle altre strutture scolastiche e che sono ugualmente impegnati nell'insegnamento linguistico.



Il primo contributo della sezione analizza il ruolo della struttura universitaria negli interventi di alfabetizzazione: già questo fatto segnala il tentativo di richiamare l' attenzione su agenzie culturali che non insistono istituzionalmente sull'area della formazione di base. La necessità di una prospettiva integrata sul piano teorico ha un correlato sul piano istituzionale, dove la progettazione degli interventi deve vedere l'interazione fra istituzioni differenti e la disponibilità di queste ultime a tentare vie innovative di interpretazione del proprio ruolo. Nell'articolo viene analizzata l'iniziativa sperimentale di alfabetizzazione promossa dall'Università per Stranieri di Siena, che ha investito il problema evidenziando la dimensione di ricerca nella elaborazione di una didattica linguistica per gli immigrati (coerentemente con il ruolo dell'istituzione universitaria).


Seguono alcuni contributi che mettono in luce gli elementi principali sviluppati da esperienze di formazione linguistica rivolte agli immigrati, cercando di collegare campo di intervento e problematiche linguistiche. Viene presentata, ad opera di A. Morlini, una ricognizione sui principali tipi di intervento formativo che dà ampio spazio alle caratteristiche di quelli non istituzionali, soprattutto nel settore della formazione professionale. Per il campo dell'alfabetizzazione vengono esaminate da G. Tiezzi le questioni della gestione della dimensione fonetica. All'interno della formazione professionale è analizzato da L. Livatino un intervento realizzato nel settore edile, che appare particolarmente attivo ed interessante per quanto riguarda le sperimentazioni formative rivolte agli immigrati.


Concludono il numero di SILTA una serie di recensioni sulle opere più recenti apparse sulle tematiche dell'apprendimento linguistico in contesto migratorio: anche con tali recensioni si vogliono fornire strumenti per realizzare una sintesi e per indicare vie nuove di intervento. In generale, ci sembra che dalle esperienze descritte emergano alcuni tratti che caratterizzano il docente che lavora con gli immigrati in modo diverso dai tradizionali stereotipi dell'insegnante di lingua straniera: sono i tratti che possono consentire di arrivare a quella figura dell'insegnante-ricercatore che si libera dalla insicurezza e che fa del dubbio costante il fondamento della propria sperimentazione e della sua ripetibilità. Forse, anche in questo si può trovare il terreno di incontro con la ricerca scientifica pura.



Bibliografia




    AA.VV., 1990, Italia, Europa e nuove migrazioni, a cura di A. Bastenier e F. Dassetto, Torino, Fondazione Agnelli.


    Banfi E., 1993, "Italiano come L2". In: Banfi E: (a cura di), 1993.


    Banfi E., 1993, L 'altra Europa linguistica, Firenze, La Nuova Italia.


    De Mauro T., Padalino E., Vedovelli M. (a cura di), 1992, L 'alfabetizzazione culturale e comunicativa. L' esperienza di educazione degli adulti nel distretto Scandicci - Le Signe: risultati e proposte, Firenze, Giunti.


    De Mauro T., Mancini F., Vedovelli M., Voghera M., 1993, Lessico di frequenza dell'italiano parlato, Milano, ETASLibri.


    Demetrio D. (a cura di), 1987, L 'educazione degli adulti contro la povertà, Milano, Franco Angeli.


    Favaro O., Tognetti Bordogna M., 1989, Politiche sociali ed immigrati stranieri, Roma, La Nuova Italia Scientifica.


    Giacalone Ramat A., 1993, "Italiano di stranieri". In: Sobrero A.A. (a cura di), 1993. Giacalone Ramat A., 1994a, "Fonti di grammaticalizzazione. Sulla ricategorizzazione


    di verbi e nomi come preposizioni". In: AA.VV., Miscellanea di studi linguistici in onore di Walter Belardi, Roma, Bulzoni.


    Giacalone Ramat A., 1994b, Recensione a: B. Heine, u. Claudi, F. Hünnemeyer, "Grammaticalization. A Conceptual Framework". Linguistics, 31, 1155-1210.


    Giacalone Ramat A., in stampa, "L'italiano parlato da stranieri immigrati. Prime generalizzazioni". In: AA. VV ., Miscellanea di studi in onore di Giuseppe Francescato, Trieste, LINT .


    Giacalone Ramat A., Vedovelli M. (a cura di), 1994, Italiano: lingua seconda, lingua straniera, Atti del XXVI congresso internazionale della Società di Linguistica Italiana, Roma, Bulzoni.


    Jakobson R., 1974, "Due aspetti del linguaggio e due tipi di afasia". In: Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, ed. or. 1956,24.


    Jakobson R., 1971, [[farsi e il disfarsi del linguaggio, Torino, Einaudi, ed. or. 1944. Morlini A., 1994, Guida per l'insegnamento dell'italiano agli immigrati, Reggio Emilia, ACLI-ENAIP.


    Orletti F., 1991, "Introduzione", Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata, Padova, Liviana, XX, 2, 239.


    Orletti F., Testa R., 1991, "La trascrizione di un corpus di interlingua: aspetti teorici e metodologici", Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata, Padova, Liviana, XX, 2, 243.


    Sobrero A.A. (a cura di), 1993, Introduzione ali 'italiano contemporaneo. La variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza.


    Vedovelli M., 1981, "La lingua degli stranieri immigrati in Italia", Lingua e nuova didattica, 3, 17.


    Vedovelli M., 1993, "Note per una sociolinguistica dei movimenti migratori europei". In: Banfi E. (a cura di), 1993.


     







In:  "SILTA – Studi Italiani di Linguistica Teorica ed Applicata", XXIII, n. 2*


Titolo: Aspetti dell’apprendimento spontaneo e guidato dell’italiano in contesto migratorio. "SILTA – Studi Italiani di Linguistica Teorica ed Applicata", XXIII, n. 2


Editore: Pacini editore
Luogo di edizione: Ospedaletto (Pisa)


Anno: 1994


Pagine: 317


SOMMARIO


Problemi teorico- metodologici


Massimo Vedovelli, Apprendimento e insegnamento linguistico in contesto migratorio: dall'apprendimento spontaneo a quello guidato dell'italiano L2


Giuliano Bernini, La banca dati del 'progetto di Pavia' sull'italiano lingua seconda


Alessandra Felici, Il rapporto italiano-dialetto nell'apprendimento spontaneo dell'italiano come lingua seconda da parte di adulti immigrati



Andrea Villarini, L 'attività metalinguistica nei processi di apprendi mento dell'italiano come L2 da parte di immigrati: i risultati di una ricerca



Esperienze di insegnamento dell 'italiano a migranti



Maria Cristina Peccianti, Programmare e guidare l'apprendimento dell'italiano in contesto migratorio: didattica e apprendimento spontaneo



Antonella Morlini, Formazione linguistica ad immigrati extracomunitari: esperienze a confronto



Lucia Livatino, Una lingua per costruire: l'apprendimento linguistico nei percorsi di formazione professionale per adulti migranti



Grazia Tiezzi, Abitare nel suono come un incerto straniero



Approfondimenti bibliografici



Andrea Villarini, recensione a: E. Banfi (a cura di), L 'altra Europa linguistica. Varietà di apprendimento e interlingue nell'Europa contemporanea, Firenze, La Nuova Italia, 1993, pp. 273.



Andrea Villarini, recensione a: A. Giacalone Ramat, M. Vedovelli (a cura di), Italiano: lingua seconda, lingua straniera, Atti del XXVI Congresso Internazionale di Studi della SLI (Siena, 5- 7 novembre 1992), Roma, Bulzoni, 1994, pp. 350.



Alessandra Felici, recensione a: A.A. Sobrero (a cura di), Introduzione all'italiano contemporaneo, voI. 1, Le strutture, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 484.



Andrea Villarini, recensione a: A.A. Sobrero (a cura di), Introduzione all'italiano contemporaneo, voI. 2, La variazione e gli usi, Roma- Bari, Laterza, 1993, pp. 479



Alessandra Felici, recensione a: H. W. Haller, Una lingua perduta e ritrovata. L'italiano degli italo-americani, Firenze, La Nuova Italia, 1993, pp. 200



Giovanna Bonizzoni, recensione a: F. Cicardi (a cura di), Alunni extra-comunitari in Lombardia, supplemento al "Bollettino dell'IRRSAE Lombardia", n. 41, Milano, 1991, pp. 117



M. Cristina Ricci, recensione a: E. Betfinelli, O. Favaro, C. Tudor, Immigrati stranieri a scuola, "Bollettino dell'IRRSAE Lombardia", n. 25, Milano, 1990, pp. 156



Maria Cristina Castellani, presentazione di: MILlA: un progetto di formazione a distanza per gli insegnanti di lingua e cultura italiana all'estero, Ministero Pubblica Istruzione -IRRSAE Liguria, 1994



Gaëlle Courtens, recensione a: A. Valentini, L 'italiano dei cinesi. Questioni di sintassi, Milano, Angelo Ouerini, 1992, pp. 277



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