Le donne forti di Shirin Ebadi
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Le donne forti di Shirin Ebadi
di Nadia Pizzuti


“Viva le donne forti!”. Finalmente sorridente e rilassata, dopo tanti impegni ufficiali, Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, saluta levando il pugno le circa 300 donne che l’hanno accolta con un’ovazione alla Casa Internazionale delle Donne.
E’ stata ripetutamente minacciata di morte, la giurista iraniana. Tre anni fa è finita a Evin, il carcere dei dissidenti a Teheran. Gli integralisti islamici l’hanno bollata di “bambola degli americani” ed è stata contestata persino da alcuni suoi connazionali che non la giudicano abbastanza laica e progressista.
Ma questa piccola donna di 56 anni, il cui nome in persiano significa “dolce”, è pur sempre la prima musulmana ad aver ricevuto il prestigioso premio dell’Accademia di Stoccolma. Ed è convinta che, portando nel mondo il suo messaggio di libertà, contribuirà a promuovere il rispetto dei diritti umani. In Iran, innanzitutto, ma anche là dove l’Occidente pretende di imporre la democrazia con la forza, come in Iraq.
In quel pugno alzato davanti alle donne romane c’è tutta la storia di Shirin Ebadi, da quando la rivoluzione islamica bandì le donne dalla magistratura alla sua battaglia in difesa dei diritti delle donne, dei bambini e degli intellettuali dissidenti -battaglia che le è valsa il premio Nobel-, fino alle sue recenti, dure prese di posizione contro i ’falchi’ del regime clericale.
“Prima della rivoluzione del 1979 ero presidente di una sezione di un tribunale di Teheran. Poi, da un giorno all’altro, sono stata retrocessa a impiegata di quello stesso tribunale”, ironizza l’ex giudice. E, coadiuvata dalla sua valente interprete Ela Mohammadi, racconta la sua vita, snocciola aneddoti, risponde alle domande, felice “di trovarmi tra tante persone che la pensano come me”.
Quando si trova all’estero Shirin Ebadi non si copre la testa come prescrive il codice penale iraniano, ma non le piace la nuova legge francese che proibisce alle ragazze musulmane di portare il velo nelle scuole. “Le donne dovrebbero essere libere di vestirsi come vogliono, ovunque esse vivano. Agli uomini non si vietano o si impongono la barba o la cravatta, no?”.
Shirin Ebadi non si è mai spinta fino a contestare apertamente la religione islamica. Piuttosto, ha più volte denunciato le derive fondamentaliste, gli abusi commessi in nome di Maometto e del Corano. La sua visita a Roma è coincisa con cruciali elezioni in Iran, che hanno riconsegnato il Parlamento ai conservatori. La sconfitta dei sostenitori di Mohammad Khatami è dovuta alla bocciatura in massa delle loro candidature da parte della corte costituzionale, in mano agli ultraconservatori, ma anche al disincanto degli iraniani di fronte alla mancata attuazione delle riforme promesse dal presidente. E il premio Nobel, che ha boicottato le urne come tanti suoi connazionali, già prevede: “Temo che i conservatori, se conquistano la maggioranza dei seggi, inaspriranno le leggi contrarie ai diritti delle donne”.
Come avvocato, ha difeso numerosi dissidenti, anche come legale di parte civile. Di recente ha accettato di occuparsi del caso di Zahra Kazemi, la fotografa iraniana-canadese morta per un colpo alla testa subito dopo l’arresto a Teheran nell’estate 2003. Ma, nel paese degli ayatollah, i processi beffa sono all’ordine del giorno, spesso si svolgono a porte chiuse e senza difensore. E agli avvocati può capitare di pagare il loro coraggio con il carcere, come è accaduto a Shirin Ebadi, che ha trascorso diverse settimane dietro le sbarre per aver raccolto la confessione di uno squadrista islamico pentito che ha denunciato un complotto per rovesciare Khatami.
Secondo la giurista, è una beffa anche la recente sospensione della pena di morte per lapidazione, prevista per le persone accusate di adulterio. “Non basta la sospensione. La legge va cancellata dal codice penale”, dice.
La condanna alla lapidazione colpisce soprattutto le donne, che già sono fortemente penalizzate dal codice civile: possono subire ripudio e poligamia, ricevono la metà dell’eredità dei maschi, la loro testimonianza in tribunale vale la metà di quella di un uomo e, in caso di divorzio, si vedono sottrarre la custodia dei figli. “La vita di una donna in Iran vale quanto un occhio strabico di un uomo”, ebbe a dire Shirin Ebadi qualche anno fa.
I conservatori –o conservatori pragmatici, come amano definirsi- che hanno conquistato la maggioranza in parlamento, hanno messo in campo diverse donne per la nuova legislatura. Ma chi, nei palazzi del potere e nella società civile, oserà ora sostenere le battaglie del premio Nobel, come ha fatto di recente il rettore dell’Università femminile di Al Zhara, Zhara Rahnavand, che ha attaccato le autorità per la loro mancata reazione contro un manipolo di miliziani islamici che ha impedito alla giurista di tenere un discorso davanti alle studentesse?

Auguri, Shirin!
L’incontro con Shirin Ebadi è stato organizzato dalla Casa Internazionale delle Donne, l’assessora alle pari opportunità del Comune di Roma, Mariella Gramaglia, e dalla professoressa Francesca Brezzi dell’Università Roma Tre.


http://www.casainternazionaledelledonne.org/newsletter_archivio/15_txt.htm



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