INTERPRETAZIONI DELLA DIDATTICA Metodi di insegnamento
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INTERPRETAZIONI DELLA DIDATTICA


Metodi di insegnamento


 


di LAURA TUSSI       


 


Nel linguaggio comune didattica significa insegnamento, insegnare, dal latino didasco e dal greco didactein. I modi di insegnamento sono diversi. Possiamo insegnare facendo cose che sappiamo fare, lasciando che altri ci imitino, per esempio, la forma prevalente di insegnamento possiede un carattere implicito nell’imitazione di un comportamento. Possiamo proporci esplicitamente l’intento di insegnare qualcosa, ossia rendere evidente ciò che stiamo facendo. Questo è il precettorato di carattere esplicito per il rapporto duale tra maestro e allievo, nelle interazioni personali finalizzate a comunicare competenze. Possiamo rendere l’insegnamento scopo della nostra attività. Lo scopo primario prevede una struttura di esclusivo dispositivo per l’insegnamento e lo scopo secondario rivela una struttura per altri fini. L’attività formale implica una struttura adeguata all’insegnamento al pubblico che deve imparare. Da quando l’insegnamento è diventata una professione praticata da addetti, si è compreso che le sole doti personali non forniscono competenze necessarie. La capacità d’insegnamento è considerata maggiormente una dote nativa, ma acquisita attraverso lo studio sistematico. Questa consapevolezza si diffuse in Italia dalla seconda metà dell’800. La maestra Pedani in “Amore e ginnastica” di Edmondo De Amicis 1892, quale protagonista rivela una formazione scolastica che può incidere sulle caratteristiche della popolazione per modificarle. La maestra rifiuta le mollezze e le sdolcinature in educazione, contrapponendosi al lassismo. Vi è la scelta di una strategia di intervento sulla società e l’influsso della cultura positivista che pone attenzione alla realtà umana. L’intento della scuola è fungere da fattore di trasformazione nella società. La scuola è l’immagine della vita. Il romanzo di De Amicis risulta coerente alla trasformazione della società del tempo nella seconda metà dell’ottocento. “Il mondo di ieri. I ricordi di un europeo” di Zweig nel 1946 descrive gli ultimi decenni dell’impero asburgico. Elenca alcuni criteri educativi. La scuola ha il compito di selezionare gli alunni per la scuola superiore. Il titolo di istruzione superiore equivale a un prestigio sociale. L’impegno richiesto assorbe tutto il tempo agli allievi. Gli studi suggeriscono un’immagine seria della vita. Le lezioni svolte con pedanteria presentano una rigida schematizzazione. La figura dell’allievo coincide con la prestazione che fornisce. La personalità dell’insegnante è centralizzata e non esistono interazioni affettive tra insegnanti e allievi. Questi punti costituiscono la scuola tradizionale a cui corrisponde una pedagogia complessa e una didattica schematica e povera.


 


Coincidenze tra scuola e società.


 


L’approccio progressista di De Amicis consiste nell’anticipare le rappresentazioni della realtà ricercando coerenza tra la concezione della realtà stessa e le caratteristiche degli individui. L’approccio conservatore di Zweig consiste nell’esprimere il disagio per l’inadeguatezza delle pratiche di formazione, senza estendere il rifiuto all’insieme delle relazioni sociali.


 


La scuola è parte della società.


 


La coincidenza degli intenti tra scuola e società è condizione storicamente improbabile in quanto comporta conflittualità. Elenchiamo esempi che testimoniano l’utopia di questa coincidenza. “Erehwon” di Samuel Butler (1827), l’inverso di questa parola è “Nowhere”, ossia in nessun luogo: utopia. Secondo Butler ciò che si presenta come utopico è il rovesciamento del reale che non può avere collocazione spaziale e temporale. La didattica è al servizio del potere? E’ necessariamente imperfetta e contraddittoria? Per il suo carattere di prodotto culturale, storicamente determinato, è vero, ragione di debolezza della didattica, ma che in realtà non è debolezza perché dall’analisi delle sue contraddizioni emerge e assume consistenza e possibilità di progresso.


 


Tutti a scuola.


 


Nel 1861 dopo l’unificazione d’Italia prevale l’analfabetismo. L’Italia era tra i firmatari della convenzione di Washington che sanciva, dopo la fine della prima guerra la formazione obbligatoria per otto anni. Nel 1923 la riforma Gentile elaborava la scuola complementare con l’aggiunta di tre classi al quinquennio primario. Nel 1948 la costituzione della repubblica sancisce il principio del diritto all’istruzione obbligatoria per otto anni, ma la legge entra in vigore solo dal 1962.    


   

nome:LAURA cognome:TUSSI email:tussi.laura@tiscali.it

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