Redattore Sociale - Autismo, dal 2000 al 2010 negli USA disturbi raddoppiati

ROMA. "Dal 2000 al 2010 il numero di soggetti con disturbi dello spettro autistico e' piu' che raddoppiato e non sembra esserci una differenza significativa all'interno dei sessi (il rapporto maschi-femmine e' di 1 a 4), ne' delle etnie di appartenenza. Negli Stati Uniti si parla di 1 minore autistico su 50 e di 1 su 68 con disturbi dello spettro autistico". Sono i dati di prevalenza del Cdc di Atlanta, su un campione di bambini di 8 anni di 11 Stati, citati da Aldina Venerosi, ricercatore dell'Istituto superiore di Sanita' (Iss) al XVI convegno nazionale dell'Istituto di Ortofonologia (IdO). "La metodologia americana si basa sulle rivalutazioni delle cartelle cliniche in tre ambiti: la pediatria generale, i programmi di educazione speciale e la disabilita'. Si adoperano check list ad ampio raggio- spiega- che poi si valutano secondo i criteri del DSM IV". Un altro metodo di indagine del Cdc riguarda le interviste ai genitori per verificare la stima riportata. "Sono state due le somministrazioni: nel 2007 e nel 2012, relativi a una fascia di minori di 6-7 anni. È stato confermato l'incremento e in particolare l'alta prevalenza nei maschi di 1 a 3".

Venerosi, per tracciare il quadro epidemiologico globale dell'autismo, si rifa' alle analisi di Elsabbagh su tutti gli studi esistenti dal '95 al 2011: "Da tali stime si evidenzia che l'Europa e l'America hanno stime di prevalenza estremamente eterogenee. Invece in Giappone e Corea le stime sono molto alte". La ricercatrice poi precisa: "L'autismo nucleare ha una stima di prevalenza piu stabile rispetto ai disturbi dello spettro autistico. In Gran Bretagna, infatti, il database di medicina generale - che analizza le cartelle cliniche di bambini di 8 anni d'eta' e che parla generalmente di autismo - evidenzia che nel periodo 2004-2010 il disturbo non cresce ma e' stabile e/o inferiore".

"L'Italia non ha un sistema di riferimento per poter fare una valutazione epidemiologica, cosa molto grave dal punto di vista eziologico-patogenetico", prosegue Venerosi, ricercatrice dell'Iss. "Avere un database sarebbe importante per aiutarci nel nostro lavoro di conoscenza. I fenomeni epidemiologici ci permettono di seguire gli indicatori di rischio e quindi di attuare delle strategie preventive". Esistono due registri in Italia: "In Piemonte e in Emilia Romagna, da cui risulta che il riconoscimento del disturbo aumenta dai 3 ai 5 anni. Cosa che ci rincuora- ammette la studiosa- in quanto la diagnosi non e' cosi' tardiva".

Secondo Venerosi stiamo assistendo a dei cambiamenti concettuali nei confronti del disturbo. Vengono attenzionati anche altri elementi: "Un'analisi dei fattori socioeconomici negli Stati Uniti evidenzia che negli Usa il rischio di autismo aumenta nelle fasce alte di popolazione. Quindi il fattore genetico non e' l'unico indicatore, non essendo stato trovato il gene che poi sarebbe anche la terapia. Permane una caratteristica familiare di questi disturbi, ma incidono anche le mutazioni spontanee cosi' come i fattori ambientali: eta' dei genitori al momento del concepimento, peso alla nascita, distress fetale al parto o infezioni perinatali". Infine, Venerosi cita un ultimo studio americano "in atto, che associa le patologie a particolari contesti ambientali. Parliamo di ricerche sull'inquinamento ambientale e sui pesticidi- conclude- che indicano come fattori di rischio l'esposizione in gravidanza e nel primo anno di vita". (DIRE)
 
 
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