Superabile - I migranti disabili? Discriminati dagli italiani e dalle comunità di appartenenza

 ROMA - Christian è un ragazzo down di origine colombiana nato e cresciuto in Italia. Quando ha compiuto 18 anni, rischiava di non poter ottenere la cittadinanza italiana perché non riusciva a leggere il giuramento di fedeltà alla Repubblica davanti alle istituzioni. La sua storia e quella di altre diciannove persone di origine straniera con disabilità fisiche o intellettive è stata raccontata nella ricerca presentata dalla Fish, "Migranti con disabilità: conoscere il fenomeno per tutelare i diritti", in collaborazione con le associazioni Villa Pallavicini e Nessun luogo è Lontano.

"Raccogliendo queste testimonianze - afferma Matteo Schianchi che ha curato il rapporto -, emerge una bipolarità nei rapporti sociali: queste persone non sono accolte dagli italiani in quanto straniere e non fanno parte della loro comunità d'origine in quanto disabili. E' come se vivessero su una gamba sola: sono abituati ad affrontare un equilibrio instabile". L'arrivo in Italia ha però migliorato la loro condizione: "Nei loro Paesi d'origine erano più discriminati e quindi conservano la speranza che la vita qui sia migliore".

La maggior parte dei migranti aspira allo status di persona invalida e non a quello di cittadino: "E' un riconoscimento che li rilega ad una condizione di marginalità, non si sentono parte di questa nazione e sono considerati dalle istituzioni solo in qualità di disabili e non di persone", continua Schianchi. "In molti di loro si sommano diversi handicap: quello di essere uno straniero, un disabile ma anche un disoccupato e a volte una donna. Queste variabili aumentano le forme di discriminazioni. E' indubbio che la nostra società non riesce quasi mai a valorizzare il loro capitale sociale e umano. Anche le associazioni che si occupano di loro sono poche e non radicate nel territorio". Tra le persone intervistate c'è Luca (nome di fantasia) che racconta: "Ad un colloquio di lavoro mi hanno chiesto: ‘diventerai completamente sordo? Se è così non ti vogliamo'". Anthony, invece, ha subito atti di bullismo a scuola: "Mi prendevano in giro perché straniero e disabile. Non volevo più studiare". Alì afferma: "Ho avuto contatti principalmente con persone che lavorano con stranieri e con i rifugiati. Non ho avuto molto a che fare con gli italiani normali".

Patrizia Danesi, dell'Associazione Italiana Persone Down, ha spiegato come per le persone straniere con un disagio intellettivo subiscono una doppia emarginazione: "Hanno delle difficoltà ma anche delle grandi abilità che non gli vengono riconosciute. Una ragazza che abbiamo seguito di origine peruviana, dopo la scuola media, non ha proseguito gli studi perché nessuno credeva in lei a causa della sua difficoltà ad esprimersi in una lingua che non era la sua". L'associazione tiene corsi per insegnare l'autonomia agli adolescenti down: "Morin, un'altra ragazza di origine sudamericana, oggi riesce a prendere l'autobus da sola. Un giorno si è persa e ha scritto l'indirizzo di casa sul cellulare e le persone l'hanno aiutata a ritrovare la strada. Dobbiamo credere in loro e offrire a tutti un percorso di accoglienza degno di questo nome".

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