Redattore sociale - Donne e autismo, l’amore "non convenzionale" delle mamme

06 marzo 2015


ROMA – E’ una lotta spesso solitaria, a volte estenuante, sempre quotidiana, quella che le mamme combattono al fianco dei figli autistici. E sono, in molti casi, proprio le donne ad essere in prima linea in questa battaglia, che le mette alla prova fisicamente e psicologicamente: raccontandosi in poche righe, però, tante di queste donne scelgono soprattutto parole di amore, espressioni come “mano nella mano”, “gioia”, “innamorarsi”, pur nella lucida consapevolezza delle difficoltà e degli ostacoli che ogni giorno s’incontrano e s’incontreranno. E' alle voci di una ventina di queste donne, che raccontano in poche righe qualche frammento della loro esistenza, che vogliamo affidare il compito di “celebrare” la festa della donna.  Leggi qui le altre 10 storie.

“Il mio piccolo principe è speciale!”, afferma infatti Chiara, mamma di Samuele, 5 anni. Le difficoltà sono tante per lo più con la burocrazia e con il ‘non conoscere l'autismo’ della società. Autismo non significa sempre e solo avere doti particolari: autismo è anche non saper parlare. Ma è anche dare amore in modo non convenzionale”. Francesca, mamma di Tommaso, ha iniziato la sua “lotta con l’autismo 8 anni fa. Tommaso aveva 3 anni. Quando ci dettero la notizia – ricorda - il mio cuore si spaccò in due, i miei occhi divennero lacrime. Ma poi lo guardai e dissi: ‘Lotteremo insieme’. E’ dura ma vinceremo noi, uniti, mano nella mano”. Una lotta che accomuna tutte, soprattutto le mamme di figli ormai adulti. Come Emanuela, mamma di un ragazzo di 26 anni: “viviamo a Milano e ad oggi non riusciamo a trovare una struttura diurna adeguata che lo accolga mentre i genitori sono al lavoro – racconta - Parliamo tanto di paesi da aiutare, ma poi non viene fatto niente qui da noi per i nostri figli”. Anche Annamaria ha un ragazzo ormai grande, Riccardo, di 21 anni, ma ricorda ancora “la gioia del primo anno e mezzo, nel vederlo crescere splendido e solare. Poi, improvvisamente , la mia mente prova a ricordare se c'è stato quell’attimo in cui è scomparso e per quale motivo. Ma non lo trovo. E' stato difficile non premere il piede sull’acceleratore, ma trovare invece un po’ di serenità. Ora, dopo tanti sacrifici, è un bel ragazzo, che cerca un po’ di posto da condividere con gli altri in questa società. Ma nonostante gli sforzi che faccio per renderlo quanto più vicino ai criteri di normalità, lui è solo”. 
Per Deborah, mamma di Federica, “l'autismo non è una malattia: è una parola che usiamo per indicare una condizione di grande sensibilità e profonda consapevolezza, ma che cela meravigliose, diverse persone che sanno vivere in profondità. Il mondo cosiddetto normale è solo una delle possibilità di esistere, parlare è solo uno degli strumenti di comunicazione. per apprezzare le gioie della vita è necessaria una mente aperta. Perché l’autismo può scombussolarti la vita, ma ha la facoltà anche di migliorarla”. L’autismo non ha spaventato neanche Elisabetta: “mi hanno spaventato invece l’indifferenza, la cattiveria e la superficialità della gente, che non capisce che tu non sei un genio, ma solo un bambino autistico ad alto funzionamento; che non sei maleducato, ma a volte la paura prende il sopravvento e ti fa avere reazioni impulsive”. Sono quelle reazioni che tutte queste donne hanno imparato, col tempo e con fatica,  conoscere e a comprendere, come racconta, in poche immagini, Alessandra: “Ricordo l’unica sberla sul sedere nudo mentre ti lavavo, per l’esasperazione dell’ennesimo morso, stavolta diretto a me. Un’esasperazione per quei tuoi morsi che non sapevo più come controllare: alla tua adorata assistente, alla compagna di asilo. Ma la sberla con sgridata ti ha provocato un attacco di risa: ridevi così forte, ma così forte, coi singulti che ti scendevano, le lacrime e non riuscivi più a smettere! Così, ho cominciato a parlarti sottovoce e i morsi sono cessati nel giro di una settimana”.

Chiocciolina (pseudonimo, ndr) ha un figlio di 12 anni, “un bimbo molto intelligente e presente, la sua rovina è l’iperattività. Quando lo hanno diagnosticato, non sapevo di cosa si trattasse: mi sono annullata come persona. Poi, piano piano, le cose hanno cominciato ad andare nel verso giusto. Oggi , nella sfortuna mi ritengo molto fortunata, perché mi ha aperto un nuovo mondo: vedo oltre quello che possono vedere gli altri genitori e sono felicissima e orgogliosa che Dio mi abbia scelto per questa grande avventura”. Tiziana è “un guerriero con sciabola e scudo che combatte un mostro”: così, almeno, l’ha descritta in una lettera sua figlia, sorella di Antonio, un ragazzo autistico di 15 anni. “Ma io non vedo l'autismo come un mostro – spiega Tiziana – Mostruosa è piuttosto la gente che cerca la perfezione e quindi scarta a priori il diverso o speciale. Io però ho due alleati, Mariastella e Alessandro: e sono sicura che, tutti insieme con il papà, ce la faremo”.

“Per un anno, lui era il bimbo che ride sempre! – ricorda Luana– Poi, la separazione dal papà, la responsabilità unica del crescere due figli da sola. Il mio distacco da tutto e tutti per cercare di ritrovare le forze. In tutto questo, quel maledetto vaccino. Nel giro di una settimana, tutto cambia. Il bambino sorridente scompare per lasciare il posto ad un bimbo senza emozioni. Un bimbo che si buttava a terra. Un bimbo che non piangeva mai. Neanche quando mi hanno chiamata per dirmi che si era fratturato il cranio cadendo chissà dove e come. Un bimbo che smise di indicare e pronunciare parole. Solo urla, crisi isteriche, camminare all'indietro fino a sbattere. Da allora, la vita come la conosciamo oggi: un continuo di terapie e di lotte per fargliele avere. Accettare di avere un figlio così vicino ma così lontano. Cosa mi rimane da fare? Andare avanti. Ora andrà a scuola. Io sono terrorizzata. Ho paura del bullismo e delle prese in giro.. Questa vita non è stata buona. Ma io lo tengo per mano con quanto più amore posso”.

Per Tiziana, mamma di due gemelli di 6 anni, Marco con ritardo psicomotorio, Pietro autistico, la vita è “una piccola barca in un oceano in tempesta, con onde spaventose ed un cielo grigio e cupo, pieno di nuvoloni neri, tuoni e lampi. C'è tanta paura, ma se si scruta bene, in fondo, molto lontano, si intravede un piccolo raggio di sole che spunta in mezzo ai nuvoloni neri. Quel piccolo raggio di sole è l'autismo con i suoi cari, che cerca di farsi spazio in un mondo completamente oscuro per loro. Pian piano il minuscolo raggio di sole, continuando a lottare insistentemente, riesce a vincere ogni giorno una microscopica battaglia”. E’ capitato anche a Deborah, con sua figlia Ginevra, che “mi sta insegnando molto – assicura – A godermi ogni attimo senza fretta, a non avere pregiudizi, a non essere superficiale, ad essere migliore”. (cl)

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