Da Italia Oggi - Province, servizi sociali nel caos

 Province chiamate ai salti mortali per attuare le disposizioni della legge Delrio e del decreto sulla spending review (dl 66/2014). Il legislatore, nell'intento di introdurre riforme con impeto e velocità, ha trascurato di considerare i casi concreti e gli effetti che le nuove norme comportano sulla gestione dei servizi e, dunque, in definitiva, sulla comunità amministrata. Un caso emblematico è rappresentato dai limitati, ma rilevanti, servizi sociali affidati alle competenze delle province. Esse sono chiamate a svolgere il servizio di integrazione sociodidattica per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, a beneficio degli studenti disabili sensoriali, dell'udito e della vista. Si tratta di appalti del valore di diversi milioni. I problemi posti dalle riforme sono notevoli. La legge 56/2014, nota come legge Delrio, non qualifica i servizi sociali come funzione fondamentale delle province. Essi dovrebbero essere attribuiti ad altri enti. Ma, occorrerà aspettare mesi, per capire quale ente dovrebbe eventualmente succedere, con quali risorse provvedere e con quali modalità. Le province hanno sin qui gestito con fondi dei propri bilanci, dal momento che il servizio non è mai stato finanziato né dallo stato, né dalle regioni. Laddove un appalto per l'erogazione del servizio scada a giugno 2014, chi dovrebbe curarsene? La riforma non dà alcuna risposta. Per evitare vuoti di gestione, che finirebbero per colpire proprio gli utenti più deboli, non resterebbe alle province che riaffidare il servizio, con nuova gara, pur nell'incertezza della spettanza della funzione. Ma, sempre la legge 56/2014 stabilisce che, con giugno, raggiunti cinque anni dalla proclamazione degli eletti, si applichi alle province, per quanto abbiano approvato il bilancio di previsione nei termini previsti, il regime degli enti che non hanno approvato il bilancio. Si tratta dell'articolo 163, comma 2, del dlgs 267/2000, che disciplina la gestione provvisoria: si può spendere solo per dodicesimi, entro i limiti del bilancio precedente, ma soprattutto non è consentito assumere alcuna nuova spesa, a meno che non sia volta a evitare danni gravi e certi al patrimonio dell'ente. La norma si applica in termini generali per qualsiasi tipologia di spesa. Dunque, per attivare o proseguire il servizio per i disabili sensoriali, occorrerebbe dimostrare che non svolgendolo si determinerebbero danni gravi e certi. Il che potrebbe verosimilmente determinarsi: infatti, gli utenti potrebbero attivarsi per una class action, oppure proponendo azioni individuali di risarcimento danni. Il che esporrebbe le province a danno di immagine, che costituisce a sua volta danno erariale. Non è finita. Tra poco si aggiungerà ai vincoli visti sopra, che ingessano la gestione, quello ulteriore del decreto «spending review», che obbligherà ogni provincia a tagliare, mediamente, 4,5 milioni di spese corrente, l'80% dei quali proprio per l'acquisizione di forniture e servizi, anche mediante la riduzione del 5% del costo dei contratti. È evidente che il taglio proprio su servizi molto costosi come quello per il supporto ai disabili sensoriali (ma altrettanto vale per il servizio di trasporto dei disabili presso le scuole di ogni ordine e grado dei territori provinciali) potrebbe dare una grande mano d'aiuto per il rispetto della cura dimagrante alle spese, imposta dal governo Sicché, il riaffidamento del servizio per i disabili, oppure la sua prosecuzione, dovrebbe ulteriormente passare sotto altre forche caudine motivazionali. Ci si dovrebbe sforzare di dimostrare che la riduzione del 5% dell'importo dei contratti sarebbe molto probabilmente improponibile, in quanto si tratta di servizi ad altissima intensità di manodopera, col rischio di andare al di sotto dei minimi stipendiali del personale, inviolabili. Altro sforzo consisterebbe nel dimostrare che servizi di questa natura non dovrebbero considerarsi «aggredibili», pur trattandosi di spesa corrente, essendo immediatamente rivolti agli utenti. Non sono, cioè, veri e propri «servizi intermedi», cioè spese finalizzate al funzionamento degli enti, ma attività finalizzate a garantire il diritto allo studio e alla salute delle persone. Si tratta di percorsi gestionali e motivazionali estremamente complicati e con non pochi rischi di incorrere in responsabilità, cagionata dalla eccessiva generalizzazione dei provvedimenti e dalla scarsa confidenza con le esigenze concrete. È da auspicare che il legislatore intervenga, anche in sede di conversione del dl sulla spending review (che già contiene alcune modifiche alla legge Delrio), per dare indicazioni chiare su questi problemi operativi, per scongiurare rischi di contenzioso, ma soprattutto interruzioni di servizi e non ripetere quanto già avvenuto in Sicilia.

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