ANCHE GLI ISTITUTI PARITARI DEBBONO GARANTIRE IL SOSTEGNO

Di Salvatore Nocera - Interventi - 14.11.2013

Il Tribunale civile di Vigevano con la sentenza del 6 Settembre 2013 ha accolto il ricorso n. 216/2013 col quale i genitori di un alunno con grave disabilità certificata hanno impugnato per discriminazione il provvedimento dell’ufficio scolastico provinciale che ha assegnato solo 11 ore di sostegno.

         La sentenza è interessante non tanto per il fatto che il MIUR sia stato condannato per discriminazione ai sensi della l.n. 67/06 , giurisprudenza ormai consolidata specie in Lombardia a partire dall’accoglimento   del ricorso collettivo promosso dalla LEDHA di Milano un paio di anni fa, quanto perché è una delle prime volte in cui il diritto al sostegno  viene esercitato vittoriosamente nei confronti di una scuola paritaria.

Il Tribunale ha sostenuto che comunque tale scuola  non poteva autonomamente aumentare le ore di sostegno, poiché le riceve dal Ministero e quindi non l’ha condannata, né ha condannato l’ufficio scolastico provinciale e regionale, ritenendo che essi sono semplici articolazioni amministrative interne del Ministero, condannando quindi solo il Ministero.

La condanna con questo tipo di sentenze consiste nell’obbligare la parte soccombente, il Ministero, a cessare dall’azione discriminatoria , assegnando, nel caso concreto, le ore indicate nel PEI , cioè il rapporto uno ad uno “per tutta la durata dell’orario scolastico.”

Interessante la motivazione della sentenza che si riporta:

“ ridurre le ore di sostegno ad uno studente disabile non e giustificata ed è, per tale motivo, idonea a concretare una discriminazione indiretta, vietata ai sensi della 1. n. 676, perlomeno tutte quelle volte in cui non si accompagni ad una analoga corrispondente riduzione delle ore di insegnamento in capo agli studenti normodotati. “

OSSERVAZIONI

E’ discutibile l’affermazione del Tribunale che l’ufficio scolastico regionale sia una mera articolazione interna del MIUR, dal momento che in base al decentramento amministrativo, ormai gli uffici scolastici regionali ( correttamente non quelli provinciali) sono dotati di propria personalità giuridica e godono di piena autonommia amministrativa. Ed infatti tutte le sentenze dei TAR condannano ,oltre al MIUR , anche gli uffici scolastici regionali.

E’  da ritenere che trattavasi di ore concernenti una scuola primaria paritaria parificata, dal momento che solo per tali scuole lo Stato è tenuto a fornire il pagamento dei docenti, ivi compreso quello per il sostegno. Per tutti gli altri ordini di scuole paritarie l’ultimo comma della l.n. 62/2000, legge sulla parità scolastica, riconosce solo un contributo forfettario che, di fatto, si aggira intorno ai duemila euro annui.

L’ipotesi è rafforzata dalla considerazione che la condanna riguarda il rapporto uno ad uno per tutta la durata dell’orario scolastico. E solo nella scuola dell’infanzia ed in quella primaria, il rapporto uno ad uno coincide con la durata di tutto l’orario scolastico.

Nelle scuole secondarie  il sostegno massimo coincide con l’intera cattedra che è di 18 ore e le poche decisioni che hanno assegnato il rapporto uno ad uno per tutta la durata dell’orario scolastico sembrano ignorare la cultura dell’inclusione scolastica secondo cui l’alunno deve avere rapporti prevalenti con i docenti curricolari e coi compagni, cosa assai difficile se l’alunno è isolato col docente per il sostegno per tutte le ore di insegnamento.

Altro aspetto interessante è il fatto che il Tribunale abbia stabilito che l’amministrazione scolastica non possa discrezionalmente distaccarsi nella quantificazione delle ore di sostegno dal numero indicato nel PEI, formulato dal GLHO di cui all’art 12 comma 5 l.n. 104/92.

E’ forse la prima volta che una decisione è così esplicita su questo punto, anche se non viene data una motivazione esaustiva di questa affermazione. Una spiegazione logica potrebbe essere che il PEI è formulato dalla scuola in dialogo con gli operatori sociosanitari e con la famiglia, soggetti tutti che conoscono i bisogni educativi dell’alunno e quindi possono seriamente proporre all’amministrazione scolastica il numero delle ore richieste per rispondere alle effettive esigenze dello stesso. Oggi abbiamo anche una spiegazione formale costituita dall’art 10 comma 5 della l.n. 122/2010, secondo cui le ore di sostegno e delle altre risorse umane necessarie debbono essere indicate nel PEI. La legge però non si spinge sino a dire che il numero di ore indicato nel pei sia vincolante per l’amministrazione scolastica, come invece fa il tribunale di Vigevano.

         Quello invece che lascia assai perplessi è la motivazione della decisione, sopra riportata. Infatti , il tribunale per accogliere la tesi della discriminazione deve dire che ridurre le ore di sostegno ad un alunno con disabilità non sarebbe discriminatorio se contemporaneamente l’Amministrazione scolastica avesse egualmente ridotto il numero delle ore dei compagni non disabili. Siccome però ha ridotto solo le ore di sostegno , senza ridurre le ore curricolari ai compagni c’è discriminazione.Questa argomentazione è perfettamente logica sul piano della l.n. 67/06 sulla non discriminazione delle persone con disabilità; ma risulta assolutamente fuori della logica dell’inclusione scolastica; anzi legittimerebbe la deriva degli ultimi anni della delega assoluta o quasi del progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno  da parte dei docenti curricolari.

         Questo è il motivo maggiore che mi ha spinto, fin dal prestigioso ricorso collettivo della  LEDHA accolto ,di cui ho detto sopra, ad avere perplessità sull’opportunità di utilizzare la l.n. 67/06 per ottenere più ore di sostegno, rispetto alla ormai consolidata giurisprudenza dei ricorsi ai TAR per l’annullamento dei provvedimenti di assegnazione di ore di sostegno in numero inferiore a quello richiesto nei pei.

Dal momento che i risultati pratici sono gli stessi, mi permetto di insistere coi Colleghi avvocati che continuano in questa strategia giudiziale a dismetterla per la sola richiesta delle ore di sostegno, poiché si contribuisce , con motivazioni come quelle  necessariamente espresse dal Tribunale di Vigevano,

 ad affossare la cultura dell’inclusione scolastica che deve essere prioritariamente realizzata dai docenti curricolari, “ sostenuti” ( ma non sostituiti ) dai docenti specializzati.

Ovviamente perché ciò si realizzi pienamente è indispensabile che i docenti curricolari abbiano una formazione iniziale ed una ricorrente obbligatoria in servizio sulle didattiche inclusive; ma il MIUR ancora non ha attuato  tale normativa e speriamo che lo faccia adesso che l’art 16 della l.n. 128/2013 sulla scuola ha introdotto il principio dell’aggiornamento obbligatorio in servizio; né vigila sufficientemente sul rispetto dell’art 5 comma 2 dpr n. 81/09 che fissa a 20 il tetto massimo di alunni nelle classi con disabili, numero ridotto di alunni, rispetto alle altre classi, proprio per consentire ai docenti curricolari di occuparsi seriamente dei propri alunni con disabilità.

Potrà questa provvidenziale sentenza indurre l’amministrazione scolastica a riprendere in mano questi fondamentali aspetti della cultura  e della conseguente normativa dell’inclusione scolastica, come è stato fortemente richiesto nella mozione finale del prestigioso convegno internazionale  del Centro studi Erickson , svoltosi a rimini dall’8  al 10 Novembre  2013 ?
Salvatore Nocera

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