Un nuovo indulto? Quello del 2006 svuotò le carceri solo per due anni

A maggio 2006, vale a dire prima dell’approvazione dell’indulto, nelle carceri italiane erano presenti 61.392 detenuti, poi scesi a 43.957. Ma tra il 2008 e il 2009 si tornò al punto di partenza. Oggi nelle celle sono presenti in 64.758

 In Italia si torna a parlare di indulto, stavolta accompagnato all’amnistia. Non è passato molto tempo da quando il nostro paese ha affrontato la questione del sovraffollamento carcerario, approvando proprio la misura indultiva. Era il 29 luglio del 2006 quando il Parlamento italiano approvò la legge n.241, poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2006. Una decisione che fece seguito a una corposa discussione politica e nel paese.


I numeri dell’indulto 2006. Complessivamente, a una anno dalla legge (luglio 2007) furono scarcerati grazie all’indulto 26.585 detenuti. Furono interessati nella grande maggioranza persone di età compresa tra i 25 e i 44 anni.
 Il Dap differenzia i beneficiari in due categorie: “i definitivi puri” e gli “usciti per revoca di misura cautelare a seguito di indulto”. Nella prima categoria rientrarono 18.397 persone (il 69,2% degli indultati). Questi cosiddetti “definitivi puri” furono un po’ di più di quelli che erano stati previsti prima dell’approvazione della legge. Si era calcolato infatti che l’indulto avrebbe permesso la scarcerazione diretta di 15.470 detenuti. Il Dap spiegò che lo scarto in eccesso (18.397 contro i 15.470) fu dovuto al fatto che dal momento in cui era stata fatta la previsione al momento effettivo dell’applicazione della legge, altri detenuti maturarono i requisiti per beneficiare del provvedimento.
 Nella seconda categoria utilizzata dal Dap c’erano i detenuti in attesa di primo giudizio, gli appellanti, i ricorrenti e i “misti con più procedimenti a carico, con misura cautelare e provvedimenti di condanna definitiva o non definitiva”. Per quanto riguarda tale categoria, le persone che beneficiarono dell’indulto e quindi uscirono dal carcere furono 8.188 (il 30,8% degli indultati).


La situazione carceraria. A maggio 2006, vale a dire prima dell’approvazione dell’indulto da parte del parlamento, nelle carceri italiane erano presenti 61.392 detenuti, frutto di una crescita costante: erano 51.814 nel dicembre 1999, 53.165 nel dicembre 2000, 55.275 nel 2001, 55.670 nel 2002, 54.237 nel 2003, 56.068 nel 2004, 59.523 nel 2005. Dunque, ad eccezione del 2003, una crescita costante negli anni.
 La maggior parte dei detenuti che usufruirono dell’indulto riacquistarono la libertà entro il 30 agosto del 2006: 23 mila persone circa su un totale, come detto, di oltre 26 mila.
 Nel primo mese dalla sua entrata in vigore, l’indulto permise così alle carceri di “alleggerirsi” di quasi un terzo della popolazione carceraria complessiva. Tra quanti furono interessati dalla misura, gli stranieri furono 8.252 (al 30 agosto 2006), i tossicodipendenti circa 6.050 e i malati affetti da patologie croniche 7.200. Il maggior numero di dimissioni si registrò in Lombardia (3261), Campania (2754) e Sicilia (2574). Per quanto riguarda i dati territoriali, a Milano fu dimesso il maggior numero di detenuti tossicodipendenti (895 su 2.477), seguita da Torino (712 su 2.128) e Padova (621 su 1.974). Il 24 agosto 2006 risultavano ancora in Istituto 7.132 tossicodipendenti, circa la metà del totale.

Stranieri penalizzati. Gli immigrati e in generale i cittadini stranieri sono stati i meno coinvolti dal provvedimento di indulto varato nel 2006 dal governo. Secondo le elaborazioni dell’associazione Antigone sulle cifre ufficiali fornite dal Dap, delle 25.256 persone uscite dal carcere a causa dell’indulto al 25 ottobre 2006, 9.187 erano straniere. Se prima dell’entrata in vigore del provvedimento di indulto gli stranieri in carcere erano 20.088, pari al 33% della popolazione detenuta totale, al settembre del 2006 erano 12.369, pari cioè al 32%. Sia secondo Antigone, sia secondo altri osservatori e studiosi delle carceri, ci si sarebbe potuti aspettare uno scarto maggiore tra queste percentuali, essendo “i detenuti stranieri con reati ascritti di bassa gravità proporzionalmente di più dei detenuti italiani”.

Il post indulto. Con l’applicazione dell’indulto, le carceri tornarono a una situazione di affollamento “fisiologico”, con un numero di detenuti pari all’effettiva capienza. Era dal 1991 che non si determinava una condizione di questo tipo. Alla data del 14 gennaio 2007, infatti, nelle carceri italiane erano presenti 39.157 detenuti (per una capienza regolamentare di 42.878 unità) solo 1.200 in più rispetto al 30 settembre 2006, cioè a indulto largamente applicato, ed esattamente tanti quanti sono i posti a disposizione.
 Con il passare degli anni, tuttavia, le celle sono tornate a riempirsi a tempo di record, superando anche la quota pre-indulto, che aveva portato all’adozione del provvedimento. Nell’ordine: al 30 giugno 2007 (11 mesi dopo l’approvazione dell’insulto) i detenuti erano 43.957, al 30 giugno 2008 55.057, al 30 giugno 2009 ben 63.460. Ed ancora: nel 2010 i detenuti erano 67.961, nel 2011 66.897, 66.271 nel 2012. Al 30 settembre 2013 nelle carceri italiane sono presenti 64.758 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 47.615 posti. In generale, in tre anni la popolazione carceraria è tornata alla situazione pre-indulto.

Ma la recidiva non c’entra. Per comprendere a fondo gli effetti dell’indulto, al di là degli allarmismi che precedettero l’approvazione della misura, il ministero della Giustizia incaricò un pool di sociologi dell’Università di Torino di studiare tutte le statistiche sulle carceri dal giorno in cui si è applicato l’indulto fino al 16 febbraio 2007.
 La prima scoperta emersa dall’analisi dei dati sulle uscite dal carcere, i rientri di chi ha beneficiato dell’indulto e gli ingressi del normale flusso verso i penitenziari, riguardò appunto il tasso di recidiva. Nei primi sei mesi dal provvedimento, rientrarono in carcere 3.207 persone che erano uscite per l’indulto (i dati aggiornati al 15 giugno 2007 riportarono 5.027 rientri sul totale di oltre 26 mila detenuti che beneficiarono della legge). Si tratta di una percentuale poco superiore all’11% del totale dei beneficiari, contro una media “normale” di rientri pari a circa il 68%. Il tasso di recidiva si abbassava poi ulteriormente se lo si misurava sui “rientri” di tutti coloro che avevano beneficiato dell’indulto, partendo non dalla detenzione vera e propria ma dalle misure alternative. In questo caso - durante tutta l’applicazione dell’indulto - si è trattato di 352 persone, che in percentuale corrispondevano al 6% del totale. (daiac)

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