tam tam |  cinema  |
Hunt e Puig, due fuorilegge speciali
il manifesto - 13-12-2006
Al Noir in festival, un documentario Usa con sfondo razzista che narra la storia di un afroamericano condannato a vent'anni di galera ingiustamente, poi rilasciato e «ripagato» del danno. E un film spagnolo sulla vicenda dell'ultima vittima della garrota, durante il franchismo

Noir in Festival all'insegna della pena di morte. Con due storie molto diverse tra loro, pur ispirate a storie vere. Un documentario statunitense a lieto fine (se così si può dire per un uomo uscito di galera dopo quasi venti anni perché innocente) e un film spagnolo di fiction sulla vicenda del giovane Puig Antich, ultimo garrotato del periodo franchista.

Le documentariste Ricky Stern e Annie Sundberg, una decina d'anni fa, hanno cominciato a seguire le vicende di un uomo afroamericano, accusato e condannato per avere violentato e ucciso, nell'agosto del 1984, Deborah Sykes, una giovane redattrice di The Sentinel di Winston Salem, North Carolina. Titolo: The Trials of Darryl Hunt. Processi, perché sono diverse le istanze che si susseguono. Al primo processo, in cui rischia la pena capitale, le prove non sono granché, solo indizi generici e la testimonianza di un uomo del Klan che, uniti al clima forcaiolo e al razzismo degli investigatori, portano però alla condanna di Hunt. Solo ergastolo, perché alcuni dubbi rimasti irrisolti impediscono una sentenza di morte. Pochi mesi dopo i poliziotti che hanno investigato, vengono biasimati, così come chi avrebbe dovuto sovrintendere. Parte così una nuova inchiesta che porta a un nuovo processo nell'89. Nuova condanna. Nel '94 il team che si occupa della difesa di Hunt crede di avere finalmente trovato la prova definitiva: il dna dello sperma rinvenuto nel corpo della vittima non è dell'accusato. Eppure viene respinta la richiesta di un nuovo processo. Nonostante abbia già scontato diversi anni, Hunt rifiuta di dichiararsi colpevole per ottenere i benefici di legge che lo farebbero uscire di galera dopo qualche tempo. Continua a dichiararsi innocente. Solo nell'aprile del 2003 un giudice accetta di far confrontare i dati del dna con il database dei detenuti. A fine 2003 si scopre finalmente che il colpevole è tal Willard Brown, non nuovo a episodi del genere, già sospettato a suo tempo, ma escluso dagli investigatori che, leggendo superficialmente le carte, all'epoca lo ritenevano in carcere. Brown si dichiara colpevole e in breve, si fa per dire, Hunt viene riconosciuto innocente, scarcerato e risarcito con poco più di 300mila dollari. Ora lavora per un'associazione che si occupa di difendere i detenuti. Due ore di racconto appassionato, con il giovane diciannovenne Darryl che diventa adulto, sempre calmo anche nei momenti più disperati, nonostante l'evidente ingiustizia subita. Purtroppo, non è l'unico nero a essere finito ampiamente stritolato dagli ingranaggi mossi dal razzismo. E alla fine può dire di essere stato fortunato.

Manuel Huerga con Salvador è andato invece a strappare dall'oblio la storia di Puig Antich, venticinquenne militante del Movimiento Iberico de Liberacion, un gruppo anarchico passato alla lotta armata contro il franchismo. Puig viene catturato in un'imboscata seguita da un conflitto a fuoco dove lui stesso rimane ferito e un agente della brigata sociopolitica rimane ucciso. È il settembre del 1973, il regime franchista è scosso da conflitti sociopolitici. In dicembre il delfino del dittatore, Carrero Blanco, viene ucciso da uno spettacolare attentato dell'Eta. Indirettamente viene anche condannato a morte Puig. La dittatura ha bisogno di un capro espiatorio, il processo militare è una farsa, per Puig è sentenza capitale. A nulla valgono i tentativi di appello, di clemenza, di grazia. Il 2 marzo Salvador viene orribilmente ucciso con la garrota. Huerga costruisce il suo racconto sul rigore storico e documentale, ma costruendo una fiction dà una sua lettura degli avvenimenti. E questo non è piaciuto molto alla sinistra spagnola che ha interpretato il film come un melodramma che non arriva a spiegare il momento storico, le motivazioni, le scelte politiche. Opinioni che possono anche avere delle ragioni, ma il dato di fondo del film è quello di rivolgersi a un pubblico ampio per fare conoscere la storia di Puig, anche come avventura esistenziale attraverso gli amori, la quasi esaltazione di cui è preda il suo gruppo dopo le prime azioni che riescono perfettamente. Forse per questo le quattro sorelle di Puig sono invece schierate dalla parte del regista che ha puntato sull'aspetto umano di un giovane comunque consapevole e dignitosissimo anche nell'accettare una tremenda ingiustizia. Infatti due di loro hanno accompagnato il film a Cannes in occasione della prima proiezione pubblica, rimanendo commosse per la risposta ottenuta. Emozioni e lacrime quindi più che analisi politica. Il tutto affidato a Daniel Bruhl, già protagonista di Good Bye Lenin, qui chiamato a recitare in catalano e castigliano, cosa che sa fare perché nato a Barcellona da madre spagnola e padre tedesco. Un film destinato a suscitare polemiche, anche aspre, che arriverà sui nostri schermi in marzo.

Antonello Catacchio

  discussione chiusa  condividi pdf

 gp    - 13-12-2006
Non ho visto il film ma … è bene rammentare la verità storica.

Il processo contro i tre militanti del M.I.L. (Movimiento Iberico de Liberacion) - davanti al Tribunale Militare ("Consejo de Guerra") di Barcellona - si svolse il 12 gennaio 1974: S. Puig Antich, J.L. Poms Llobet e O. Sole Surgranyes. Questi i nomi dei tre, giovanissimi, imputati.

Salvador Puig Antich era accusato di una serie di rapine che il M.I.L. [1] aveva rivendicato come espropriazioni di auto-finanziamento e dell'uccisione di un poliziotto. I suoi due giovanissimi compagni erano accusati di complicità. L'arresto era avvenuto nel settembre precedente, a Barcellona. Inseguito e raggiunto in un portone, Puig era stato buttato a terra e selvaggiamente colpito con i calci delle pistole; per evitare di essere massacrato riusciva alfine ad estrarre una rivoltella; nel parapiglia che ne seguì un poliziotto, vice ispettore della squadra politica, veniva raggiunto da quattro pallottole, una esplosa dalla pistola di Puig e tre dalle pistole dei suoi colleghi poliziotti.

Il processo ai tre giovani durò poche ore e si svolse in modo grottesco. Il palazzo di giustizia era presidiato da forti contingenti di poliziotti; l'ingresso agli osservatori internazionali (avvocati svizzeri e francesi) fu vietato, gli avvocati difensori furono ripetutamente offesi (ed intimoriti) dai poliziotti di servizio; fu, infine, ritenuta valida e determinante una "confessione" di Puig non firmata (e da lui smentita)... La farsa tragica si concluse con una condanna a morte tramite il vil garrote, ovvero, uno strumento medievale di tortura ed esecuzione che veniva utilizzato nel barbaro costume giudiziario della cattolicissima Spagna.

La condanna più temuta da tutti gli oppositori di Franco era stata decretata sin dall’inizio, ovvero, da quando, un mese prima del processo e secondo l'uso iberico, il Pubblico Ministero (il "Fiscal") l'aveva rinviato a giudizio con la richiesta di due (!) condanne a morte.

L’attentato dell’Eta che costò la vita al delfino di Franco - Carrero Blanco - indusse il Tribunale Militare ad emettere – ed eseguire – la condanna più atroce. Per quanto mi risulta – ma potrei sbagliarmi - non ci fu alcuna protesta … papale.



[1] Sul Movimiento Iberico de Liberacion (M.I.L.) - che impropriamente la stampa ha definito (e continua a definire) ora Movimiento de izquierda libertaria ora Movimiento iberico libertario, ingenerando così confusione - si hanno, ancora oggi, poche notizie sicure. Ciò è dovuto sia alla situazione di clandestinità in cui l'opposizione sociale spagnola – nell’indifferenza dei più - si trovò ad agire, sia alla scarsa consistenza del M.I.L., sia alla breve vita del M.I.L. stesso. Esso si costituisce nel '71 ad opera di alcuni militanti usciti dal gruppo di ispirazione marxista Nuestra Clase e di altri giovanissimi elementi. Le sue principali attività sono state le numerose rapine da autofinanziamento che lo stesso M.I.L., in alcune sue pubblicazioni, ha elencato e rivendicato, dimostrando così un'incoscienza suicida pari almeno al coraggio e alla decisione dimostrata nelle "espropriazioni". Ideologicamente il M.I.L. non sì è mai definito anarchico o libertario, rifiutando – lo si evince dai loro documenti pubblici - sia l'anarchismo sia il marxismo "tradizionali". Il gruppo si sciolse nel '73 ovvero ... subito dopo la, tragica, azione di Barcellona. A difendere quel ragazzo (e la sua memoria) chiedendone, oggi, la riabilitazione - umana e politica - è il movimento libertario spagnolo ed il suo Sindacato: la CNT.


Movimento (e Sindacato) nel quale Salvador Puig Antich non ha mai militato.


 giovanni lennone    - 24-02-2007
Mi hanno detto che il film su Salvador sta per uscire in Italia, probabilmente ad aprile. Qualcuno ha qualche notizia in piu'?
Una mia amica l'ha visto in Spagna e ha detto che è un film incredibile e la scena della garrota è talmente shockante che fa veramente odiare i vecchi e nuovi fascismi fin dalle viscere.