Svegliamoci
Michele Corsi - 23-10-2006
La finanziaria si regge in larga parte, ancora una volta, sui tagli all'istruzione. Il popolo della scuola deve farsi sentire.

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Nel mondo della scuola viviamo immersi in un tiepido torpore. Ci abbiamo messo un po' a comprendere che la campagna di stampa sul grave peso che incombe sugli alunni italiani, cioé l'eccesso di insegnanti (!), avrebbe portato a un qualche tentativo di sottrarre alla scuola un bel po' di grana. Poi è arrivato il primo documento del banchiere Padoa Schioppa, ministro del Tesoro, e abbiamo capito. Per fortuna i sindacati sono intervenuti subito e hanno detto: okkio, tornate indietro o sarà sciopero. Padoa Schioppa è parso arretrare, ha attribuito la stesura del documento a chi l'ha rivelato e non a chi l'ha scritto, e la finanziaria è stata varata, così ce la raccontavano, senza toccare la scuola. Abbiamo pensato: meno male che ci sono i sindacati, meno male che ci sono i "nostri" al governo. E, tirando un sospiro di sollievo, siamo tornati a occuparci ... del nostro lavoro, già mezzo esauriti ma felici di avere a che fare con bambini e adolescenti simpatici e non con adulti banchieri. Poi, tra una lezione da preparare e l'altra, andiamo a leggere tra le righe degli articoli della finanziaria, e poi la relazione tecnica di accompagnamento, e poi Tuttoscuola (una rivista di settore) fa quattro calcoletti e .... si scopre che dentro ci sono tutti i tagli che aveva già previsto e voluto il banchiere. La sottosegretaria all'istruzione Bastico replica stizzita ma in maniera furbetta, dal che deduciamo che è proprio così: la scuola la tagliano di bbbbrutto, come dicono quelli che hanno troppi insegnanti. Sì, lo so, facciamo un po' di fatica, dopo questi anni di resistenza alla Moratti, a rimetterci nell'ottica della "mobilitazione". Vedo colleghi che si tappano le orecchie strisciando veloci lungo le pareti, altri che s'aggrappano speranzosi a dichiarazioni rassicuranti di qualche esponente paragovernativo, c'è gente che quando gliene parli sgrana gli occhioni e mormora "no: ancora!", e scappa, ho sentito altri pronunciare frasi mitiche del sinistrese: "il problema è altrove", scappando comunque pure loro.

No: il problema è qui, ed è grosso come una casa. Questo governo sta tagliando sulla scuola quanto il precedente.

Si prevede l'innalzamento del numero di allievi per classe. Citiamo testualmente la relazione tecnica: "la revisione dei criteri e dei parametri deve comunque garantire l'obiettivo di portare la media nazionale del rapporto alunni/classi dall'attuale valore di 20,6 al valore di 21,0, a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008. [...] per la scuola materna un incremento medio di 0,1 per la primaria di 0,4, per la secondaria di primo grado di 0,4 e per la secondaria di secondo grado di 0,6. La modifica dei parametri per la formazione delle classi, come sopra illustrato, determina il seguente contenimento del personale docente ed A.T.A" segue tabella con su scritto che le classi "risparmiate" (dice proprio così) saranno 7.682, e i docenti "risparmiati" saranno 19.032. Un numero di classi così non le aveva "risparmiate" nemmeno la Moratti. Tutti quelli che nella scuola ci vivono sanno cosa significa avere più alunni in classe. Alcuni furbacchioni immaginano che l'opposizione a questa misura sia una rivendicazione "sindacale": gli insegnanti vogliono lavorare di meno, dicono. Invece stiamo parlando di interessi evidentissimi degli studenti, e anche dei genitori, se ci tengono alla salute psichica dei propri pargoli. Gli insegnanti infatti hanno dei mezzi molto semplici per sopravvivere fisicamente ad una classe stracolma di studenti urlanti: le bocciature (o il "riorientamento"), il terrore, l'abbandono della fetta di allievi che non si ha più il tempo o l'energia di seguire ... Non ci stancheremo mai di dire che la scuola è innanzitutto un sistema di relazioni. Ebbene non vi può essere "relazione" se un insegnante deve rapportarsi con un numero "ingestibile" di persone. Tecnicamente è possibile, certo. Sotto il fascismo la media era di 60 allievi per classe, potremmo fare come allora, e tenere l'ordine con bacchettate sulle dita e noci sotto le ginocchia. 60 allievi per classe è lo stesso record detenuto dal Giappone, insieme, però, a quello dei suicidi scolastici. Tutte le migliori teorie pedagogiche si infrangono su questo semplice rapporto numerico: alunni-fratto-classe. Invito qualsiasi riformatore illuminato ad entrare in una prima di un istituto professionale colma di trenta e passa studenti. Ai ragazzi chiederemmo gentilmente di restituircene gli ossicini. Meno classi significa più cattiva didattica, e meno felicità. Non pensiamo che occorra rammentare gli studi che attestano una relazione diretta tra successo scolastico e numero di allievi per classe: è così ovvio pensarlo che appare buffo che gli statunitensi si siano dati pena di dimostrarlo. E perché non è parso ovvio al Ministero?

Si prevede l'innalzamento dell'obbligo a 16 anni. Bene, era ora. Stavamo per divenire l'unico Paese al mondo con l'obbligo ancorato ai 14. Ma l'articolo di legge che se ne occupa, e più ancora varie interviste che l'hanno illustrato, ci hanno freddato ogni entusiasmo. L'obbligo non è affatto "scolastico", ma può essere assolto anche nella "formazione professionale": certo, con controlli, progetti, ecc. ecc. ma non nella scuola. Se ci siamo battuti per l'innalzamento dell'obbligo è per tante ragioni che qui non riassumiamo, ma una di queste era evitare che chiunque potesse scrivere sul giudizio di terza media: "si consiglia un breve corso di formazione professionale". Come dire: ovunque, ma non nella scuola. Volevamo evitare che chiunque nei primi anni delle superiori potesse dire: "qui non vai bene, meglio se ti 'riorienti'". In poche parole a noi non piace che una gloriosa bandiera di cittadinanza come quella dell'innalzamento dell'obbligo sia macchiata dalla creazione di un "secondo canale" mascherato dove infilare tutti quelli in difficoltà. Sappiamo molto bene che vi sono ragazzi con dei problemi scolastici enormi, per questo la politica dovrebbe mirare a rafforzare la scuola nella sua lotta per tenerli dentro, e non scaricarli fuori. Nessuno riuscirà mai a dimostrare che un ragazzo in difficoltà "di vita" (perché straniero, perché con una famiglia sfasciata alle spalle, perché...) tragga giovamento dalla frequentazione di un corso .... professionale. Che c'entra? Tra il problema e la soluzione non vi è alcuna relazione. Se un adulto sta male gli si consiglia uno psicologo, un gruppo di sostegno, il mare o la montagna, un nuovo amore, un bel film, un assistente sociale, una birra, ma: NON un corso di formazione professionale! E perché per un adolescente dovrebbe essere diverso? Pensiamo che la formazione professionale abbia un grande ruolo nell'aggiornamento delle competenze dei lavoratori, nella qualificazione postobbligo, ecc. Ma non si capisce perché dovrebbe avere voce in capitolo nell'integrare ragazzi con qualche problema in più, e molte potenzialità da scoprire.

I due punti di cui sopra in qualche modo si tengono. L'innalzamento dell'obbligo porterà gente alla formazione professionale, ma altra nella scuola pubblica (nella quale si annoverano anche gli istituti professionali). Sospettiamo che sia questa la ragione che ha spinto i sostenitori della finanziaria a dichiarare che l'innalzamento dell'obbligo sarebbe a "costo zero": i neo-obbligati andrebbero semplicemente ad aumentare il numero degli allievi nelle classi che ci sono. Non a caso il più consistente aumento del numero di allievi per classe è previsto nelle scuole superiori. Il costo per le casse dello stato sarà senz'altro zero, ma non per gli studenti. Avremo classi prime ancora più affollate, e con ragazzi che avrebbero bisogno di essere seguiti di più e invece lo saranno di meno. Ma la soluzione il ministero ce l'ha. E qui tocchiamo il fondo. La finanziaria prevede che il numero di bocciati alle superiori debba diminuire per legge. Naturalmente non per il bene dei ragazzi, ma per attuare un "risparmio". Da non crederci, ma la trovata di questi ragionieri della pedagogia è la seguente: se un ragazzo ripete un anno, la sua eccessiva "permanenza" nella scuola ("permanenza" = spesa) diventa un costo in più per lo stato. Per cui la "permanenza media" degli studenti italiani nella scuola deve diminuire. Citiamo: "al fine della stima del risparmio, è stata considerata una riduzione del 10% del numero di ripetenti dei primi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado" dal che se ne ricava un "risparmio" di 644 classi e di 1.455 docenti. Godiamoci il quadretto complessivo: aumentano gli allievi per classe, arrivano anche i neobbligati, diminuiscono classi e docenti, si scoraggiano le bocciature. Ma.... ed ecco, questo non c'è scritto ma lo sospettiamo, c'è pur sempre la formazione professionale. E torniamo al punto sopra. Naturalmente c'è anche la frase di rito in cui si parla di "idonei interventi finalizzati al contrasto degli insuccessi scolastici", ma, misteriosamente, per questa voce di capitolo ... non si quantificano i soldi.

Il destino degli studenti degli istituti professionali sta molto a cuore al banchiere. Per "combattere la dispersione", cioé le bocciature, la finanziaria impone la riduzione delle ore nei professionali da 40 a 36. La totalità degli studiosi del mondo della scuola sa già da tempo, sulla scorta di dati statistici inoppugnabili, quali sono le ragioni che portano ad un maggior numero di bocciature nei professionali rispetto ai licei: la scelta della scuola dipende in ultima analisi e in maniera preponderante dalla classe sociale e dal livello di scolarizzazione dei genitori dello studente. Ed è questa estrazione a rendere più difficoltoso il percorso scolastico. Dunque: che diavolo c'entra il numero di ore che questi ragazzi passano a scuola con l'alto tasso di selezione di cui sono vittime? O si pensa forse che le 4 ore che gudagnano le sfrutteranno per correre a casa a studiare? Se questa fosse la logica dovremmo consigliare i figli degli immigrati ad iscriversi ai licei classici, così si farebbero le loro 25 orette, e sarebbero senz'altro promossi! Quei ragazzi, non quelli dei licei che hanno a disposizione genitori in grado di aiutarli o soldi per lezioni private, hanno bisogno di più scuola, non di meno scuola. Certo, ci vorrebbe una scuola che tenesse in maggior conto le loro esigenze e dunque con MENO alunni per classe, con PIU' risorse per seguirli meglio e con maggiore competenza. Quindi l'opposto di quel che si vuol fare. L'aspetto grottesco infatti è che la finanziaria si preoccupa di tagliare ore di scuola per "salvare" studenti che... getta in classi strapiene e con meno insegnanti! Ma è del tutto inutile cercare una qualche coerenza pedagogica in una logica da banchieri. La relazione tecnica ci illumina sulla ragione ultima di tanta preoccuazione per gli studenti dei professionali: "la rideterminazione in diminuzione dei carichi orari settimanali delle lezioni, da 40 a 36 ore per le prime due classi, permetterà di diminuire il numero di docenti necessari a coprire le esigenze di insegnamento negli istituti professionali. Per conseguenza, si determinerà una minore spesa pari a euro 27,6 milioni nel 2007 e euro 82,8 milioni a decorrere dal 2008" e il "risparmio" di 2.654 docenti.

Nella finanziaria salta il vincolo numerico (1/138) nella determinazione del numero di insegnanti di sostegno all'handicap. Scrivono che ci si baserà sui "bisogni effettivi". Però. Sappiamo che sul sostegno gravano le forbici dei "risanatori" dei conti pubblici, quelli che sanno molto di banche e poco di vita. In fondo, pensano a denti stretti, si risparmierebbe di più se si facesse come in altri Paesi: i disabili in classi separate, ad esempio. Oppure il sostegno nelle mani di cooperative. O ... che si arrangino. Togliere dunque quella rigidità ci allarma: chi stabilirà i bisogni effettivi? I banchieri o i disabili?

Infine ci si impegna in un piano di assunzioni di docenti ed ata. Anche qui: stiamo parlando di un punto di carattere "sindacale"? No, la precarietà dei docenti ed ata non è negli interessi dei bambini e degli adolescenti. Hanno bisogno di figure stabili di riferimento, di continuità didattica, di un corpo docenti che cresce in una scuola accumulando saperi ed esperienze. La progressiva precarizzazione degli insegnanti sta depauperando le scuole di un sapere pedagogico dal basso che solo un collettivo stabilizzato può costruire nel tempo. Le assunzioni saranno in realtà inferiori alla somma delle uscite per pensionamento e alle presenze precarie, gravemente danneggiate queste ultime, anche dalla prevista abolizione delle graduatorie permanenti entro il 1 settembre 2010.

Sento dire qua e là: in questa finanziaria c'è del buono e c'è del cattivo, questo ci piace e questo no. Non mi pronuncio sul resto, sulla scuola però non possiamo accontentarci di quello che la finanziaria ha evitato di tagliare. Cerchiamo di renderci conto dell'evidenza: questa finanziaria si regge sui pesanti tagli alla scuola pubblica (con annesso aumento degli stanziamenti per le private). Ma non è esattamente l'opposto di quel che dicevano in campagna elettorale? Ciò che trovo francamente irritante poi, è che ci tocca pure fare il solito mestiere di spulciatori di numeri, altrimenti ci fregano di nascosto. Fanno i pesci in barile, negano l'evidenza. Che palle! Ancora!

Credo che ci sia un po' di gente che debba assumersi delle responsabilità. Il documento del direttivo scuola della Cgil (quelli di Cisl e Uil mi paiono più sfumati) pur all'interno della logica del "questo è buono e questo no", assume un giudizio assai duro verso la finanziaria. Bene. Verrebbe da dire però: quindi? Che fa? Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero dell'università e della ricerca per il 17 novembre, nonostante qesti settori siano colpiti molto meno della scuola. E la scuola? Ho l'impressione che i dirigenti Cgil si siano posti nell'ottica di "aiutare" Fioroni a rimediare qualche soldino in più da Padoa Schioppa. Però l'andamento della discussione sulla finanziaria l'ha dimostrato chiaramente: ottengono qualcosa solo quelle entità sociali che sono in grado di mettere in campo la propria forza contrattuale, con grinta e determinazione. Se la scuola sta zitta, e parla Fioroni, dubitiamo che il banchiere molli il suo osso. Ci sono poi i partiti dell'Unione. Alcuni di questi hanno anche sostenuto la nostra legge popolare, altri no, ma li abbiamo tutti sentiti assicurare che una volta al governo avrebbero riversato fiumi di risorse nella scuola pubblica. Domandiamo: che stanno facendo? Che dicono? Sappiamo che molti di questi politici si stanno battendo ora nelle commissioni per far passare emendamenti o altro. Bene. Però qualcosa, scusate, non ha funzionato. Siete entrati nella stanza dei bottoni: bene, però, allora, schiacciateli quei bottoni, o per lo meno sbirciate quel che schiacciano gli altri.
E' mai possibile che dobbiamo venire a sapere di come stanno le cose da Tuttoscuola???? Se non usciva Tuttoscuola: Liberazione, Il Manifesto e L'Unità non si accorgevano di un cacchio? Una qualche indicazione i gruppi politici che sappiamo sinceramente critici verso la finanziaria non potrebbero darla ai propri giornalisti, dirigenti locali, militanti? Sono tutti lì a cercare di dimostrare che si tratta di una finanziaria lotta di classe contro i ricchi! Ma andiamo! Come si fa a non capire che la famosa ala radicale dell'Unione non conta un belìn se nelle piazze non si sviluppa una pressione contraria a quella esercitata da Confindustria e banchieri? E certo questa dinamica non potrà essere favorita da partiti intenti a dimostrare di avere già ottenuto il massimo, e che se si contesta poi torna Berlusconi o vengono cacciati dal governo a vantaggio di una grande coalizione: lo saranno di sicuro se ci si accorgerà che non riescono ad essere la voce di alcuna forma di protesta dal basso.
Il prossimo appuntamento, per quel che mi riguarda, è il 17 novembre, sciopero dell'Università e della ricerca indetto da Cil, Cisl e Uil e, per la scuola, indetto dai sindacati di base. Se i sindacati confederali non offriranno alternative di lotta, quella è la giornata da costruire per far sentire la voce della scuola, indipendentemente dalla tessera che si ha in tasca.

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 da Tuttoscuola    - 23-10-2006
TuttoscuolaNEWS approfondisce… e la scuola ne guadagna

Raramente la scuola e' stata l'argomento di apertura dei telegiornali e il titolo principale dei quotidiani. E' successo la scorsa settimana con la polemica sulla spesa per la scuola, subito diventata oggetto di dibattito politico e parlamentare.
E' stata la pubblicazione dei contenuti della relazione tecnica allegata al disegno di legge Finanziaria per l'anno 2007 ad accendere le polveri. Ma essa ha anche stimolato un'attenzione piu' puntuale sui contenuti dell'articolato. E non sono mancate le preoccupazioni su una pluralita' di settori, compreso appunto quello della scuola.
Stampa nazionale, riviste specializzate (a partire da Tuttoscuola), partiti e sindacati non hanno nascosto la verita' amara e le loro prese di posizione sembrano comunque aver avuto un effetto.
Governo e Commissione Cultura alla Camera con decisione bipartisan, di maggioranza ed opposizione, hanno operato in sede consultiva lo smarcamento dai vincoli di risparmio ed hanno proposto alla Commissione Bilancio di sopprimere, relativamente al raggiungimento degli obiettivi di risparmio indicati all'art. 66, la clausola di salvaguardia prevista dall'art. 67, che riconosce al Ministro dell'Economia, “in caso di accertamento di minori economie” il potere di “ …ridurre le dotazioni complessive di bilancio del Ministero della Pubblica istruzione…fino a concorrenza degli importi indicati dal… predetto articolo”.
Il vantaggio per il sistema scuola e' chiaro perche' la richiesta di modifica, se accolta dalla Commissione Bilancio, consentirebbe di utilizzare tutto il complesso degli interventi, oltre che per sostenere il miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza del servizio d'istruzione, anche in una logica di lotta agli sprechi e di miglior utilizzo delle risorse disponibili, senza piu' soggiacere all'intervento esterno del Ministero dell'Economia nel caso non si dovessero realizzare i risparmi promessi.
Siamo lieti che il dibattito abbia ruotato attorno a questi temi, che abbiamo contribuito a mettere in luce facendo ancora una volta il nostro mestiere, che e' quello di offrire ai lettori con tempestivita' e completezza informazioni, spiegazioni, approfondimenti su tutto cio' che riguarda il mondo della scuola.

 Anna Pizzuti    - 24-10-2006
Il destino degli studenti degli istituti professionali sta molto a cuore al banchiere. Per "combattere la dispersione", cioé le bocciature, la finanziaria impone la riduzione delle ore nei professionali da 40 a 36. La totalità degli studiosi del mondo della scuola sa già da tempo, sulla scorta di dati statistici inoppugnabili, quali sono le ragioni che portano ad un maggior numero di bocciature nei professionali rispetto ai licei: la scelta della scuola dipende in ultima analisi e in maniera preponderante dalla classe sociale e dal livello di scolarizzazione dei genitori dello studente. Ed è questa estrazione a rendere più difficoltoso il percorso scolastico. Dunque: che diavolo c'entra il numero di ore che questi ragazzi passano a scuola con l'alto tasso di selezione di cui sono vittime? O si pensa forse che le 4 ore che gudagnano le sfrutteranno per correre a casa a studiare? Se questa fosse la logica dovremmo consigliare i figli degli immigrati ad iscriversi ai licei classici, così si farebbero le loro 25 orette, e sarebbero senz'altro promossi!

Ho letto con vivo interesse questa parte delle considerazioni di Michele Corsi, considerando geniale la conclusione che ho evidenziato.

Sulle famose o famigerate ore di approfondimento degli IP c’è molto da dire e, forse, qualcosa da rivedere, ma non certo nel senso individuato da Padoa Schioppa, sicuramente illuminato da qualcuno (e questo mi preme sottolinearlo a mia volta) perché non credo fosse a conoscenza della questione.
Illuminato da qualcuno, dicevo, laddove il qualcuno avrà pensato di dare voce ufficiale alla marea montante di valutazioni negative che sulle quattro ore in più circolano da anni, e proprio negli stessi istituti professionali. Avvalorate dalla constatazione, purtroppo inoppugnabile nella sua contraddittorietà, che il tasso più elevato di dispersione si ha proprio nelle scuole che, di scuola, ne offrono di più.

Quando sono arrivata nell’IPC nel quale ho insegnato fino all’anno scorso, provenivo da sei anni di esperienza di tempo prolungato nella scuola media. Una scuola, innanzitutto, per me, che avevo capito e sperimentato quanto e come il tempo vada riempito, perché non diventi un peso. Al punto che davo anche i compiti a casa, quando lo ritenevo utile, perché pensavo che quel tempo in più non fosse doposcuola, ma costruisse l’occasione per creare mille occasioni.
Trovarmi, anche alle superiori, con una organizzazione simile a quella delle medie, fu una piacevole sorpresa. Erano i primi anni dell’attuazione del progetto ’92, e c’erano movimento ed entusiasmo. E c’era una direzione generale attivissima, nella ricerca e nella formazione. Per cui, anche dove non esistevano molte risorse, la sfida a dare di più nella situazione di deprivazione cui accenna Michele Corsi, e che è comune a molti IP, era raccolta e praticata.
Risparmio la narrazione delle esperienze fatte, ma la constatazione di quanto la scuola fosse viva ed attiva nel pomeriggio, forse più che al mattino, mi torna ancora in mente, e con nostalgia.

Qualche anno fa ho avuto modo di scambiare qualche opinione con Martinez, il direttore generale ideatore del progetto 92 e poi passato ad altri incarichi, prima di lasciare la scuola. Mi diceva della sua amarezza, quando scoprì che già il governo del primo centro-sinistra, cominciava a rivedere le sue posizioni ed a pensare, lui per primo, ad una sorta di anticipazione delle linee morattiane.
Ora io non so se è stata l’incapacità di coltivare il clima alla Martinez, o se la bolla di sapone luminosa è scoppiata come tutte le bolle fanno, a prescindere; non so se è stata stanchezza, disillusione, pigrizia, ma ho visto, a poco a poco, almeno nella mia scuola, quelle ore diventare morte, o meglio, un peso sia per i ragazzi che per i docenti. Demotivati, questi ultimi, ed inclini al pesante e noioso “doposcuola” che, insieme ai corsi di recupero tenuti con gli stessi metodi con i quali si insegna, vanifica tutti gli sforzi . Nella mia scuola ed in molte altre. Da qui le critiche al tempo troppo lungo ed alla “licealizzazione” dell’IP, insieme alla nostalgia di quelli di una volta. Senza considerare che questi ultimi, raccoglievano, a loro volta, ragazzi di una volta, con disagi diversi, forse ugualmente pesanti, ma meno complessi, meno “totalizzanti” direi.

C’è stato un tentativo di intervento: un altro progetto, stavolta “2002”, che “sintetizzava” la struttura oraria degli Ip, diminuendo le ore, ma introducendo molte compresenze e l’organico funzionale per interventi e percorsi collaterali.
Molte scuole lo hanno sperimentato, per qualche anno, prima delle scuri sugli organici. Senza che però, almeno per quanto mi risulta, siano state prodotte riflessioni e valutazioni. L’unica conseguenza, di questa sperimentazione è stata che alcuni istituti, anche dopo l’abolizione dell’organico funzionale, servendosi di un codicillo a qualche norma che ora non ricordo, hanno mantenuto il sistema delle compresenze e quindi accorciato l’orario.

Questo è accaduto anche nel mio istituto, che però era rimasto fuori da quella sperimentazione. Giocando, forze forzando un po’ l’autonomia organizzativa e mantenedo, come spazi da riempire quando necessario, la struttura a 40 ore, da due anni è stata creata una sorta di area di progetto basata su compresenze tra ore curricolari ed ore di approfondimento. Un’organizzazione un po’ complessa, alla quale, all’inizio, mi sono opposta, con le stesse ragioni portate da Michele Corsi, ma che poi, verificata nella sua attuazione, mi ha convinto, perché ha spinto veramente i colleghi a lavorare insieme ed è stata accolta molto bene dai ragazzi.
In effetti, oltre alle famose “occasioni” che per me sono i progetti, quelli veri, la compresenza consente di affrontare meglio le situazioni complicate, che negli IP sono, come noto, moltissime e potrebbe essere uno degli strumenti veri di lotta alla dispersione.

Il fatto è, però, che non è questo, purtroppo, ciò che hanno in mente gli estensori della finanziaria. Per cui eccoci qui, ancora una volta, con l’Istruzione professionale presa di mira, come se fosse causa ed effetto, insieme, di tutti i “mali” della scuola. Buffa situazione, veramente.

 Marisa    - 27-10-2006
E che dire della Finanziaria che uccide il piacere del leggere

Sono una maestra elementare che da 14 anni fonda biblioteche nelle scuole.
Sono diventata inidonea all'insegnamento per motivi di salute e ho scelto di reinventarmi un modo di stare con i bambini regalando loro gli strumenti per leggere, sognare e sapere.
Ho trovato fondi e spazi per le mie biblioteche scolastiche usando tutti i mezzi che la fantasia mi ha suggerito, ho coinvolto docenti curriculari e genitori, ho studiato biblioteconomia ed informatica, a mie spese, per avere un catalogo fatto bene e condivisibile eventualmente in rete.
La vecchia finanziaria mi voleva licenziare alla fine del 2007 e questa mi "salva" mandandomi a lavorare in segreteria........ma le mie biblioteche muoiono ugualmente!!!!
Solo le scuole private avranno allora i soldi per pagarsi un bibliotecario? Solo i bambini di quelle scuole avranno a disposizione il mondo magico della biblioteca scolastica???
Vorrei che chi mi legge racconti agli altri quel che sta succendo alle biblioteche delle scuole, perchè molti altri si scandalizzino, si arrabbino e cerchino di lottare come me perchè i bambini abbiano ancora a disposizioni i sogni, le avventure, le favole ed il sapere che da sempre vivono nei libri delle loro biblioteche scolastiche.