Da...A...
Ilaria Ricciotti - 11-10-2006
In questo mondo dove per i più ciò che conta è la propria esistenza e la voglia di soddisfare i propri bisogni o spesso anche i propri istinti animaleschi, il più delle volte non c'è spazio per gli altri.
Per quelli che non contano, che non hanno voglia di essere i giullari di corte, che non amano il potere né tanto meno quelle poltrone da cui si può sprofondare.
Per quelli che soffrono in silenzio e sono disposti ad accettare tutto ciò che la vita propone dietro l'angolo.
Per quelli che sono in balia di venti carichi di nubi minacciose che sanno soltanto distruggere campi di grano seminati con cura ed enorme fatica.
Per quelli che non sanno ribellarsi ai prepotenti e subiscono, muti, ogni sorta di angheria.
Per quelli che ogni giorno sanno che esso forse sarà l'ultimo e/o si ritrovano immersi in quel buco nero della propria esistenza che viene vissuta a stento e con enorme dispendio di energie.
Questi e molti altri esseri umani spesso, troppo spesso, sono costretti a gestire tali pesanti situazioni da soli, senza che nessuno si accorga delle loro difficoltà.
E allora i brutti sogni e le inutili fatiche si ripropongono senza sosta, fino a quando qualcuno non si accorgerà di loro e sarà pronto a stendere una mano, guardandolo negli occhi e donandogli, se lo vorrà, la sua disponibilità senza interessi.
Qualcuno mi ha scritto che "il dolore è anche scuola di vita... e tutte le bufere prima o poi si placano... la luce ritorna".
Il bello della vita sono proprio questi picchi di sentimenti e di emozioni che possono essere provate soltanto da chi ha sposato la sensibilità e l'umanità, divorziando dal cinismo e dal materialismo.
Ed anche se la solidarietà, l'umanità, la sensibilità, l'onestà sembrano essere sepolte nei meandri dell'animo, ogni tanto si vedono aleggiare nei cieli del mondo o sbocciare, come profumati gigli bianchi, non solo su un verde prato, ma anche su un arido costone.
Basta guardarsi intorno.

Grazie a quanti vivono con la volontà nel cuore di impegnare parte di se stessi per coloro che non hanno abbastanza forza per spendersi e costruire un mondo più giusto, più umano e più solidale.

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 Michele    - 24-10-2006
Perché, per avere insegnamenti dalla vita bisogna necessariamente sobbarcarsi una buona dose di dolore sia esso fisico che morale?
Perché, bisogna che trascorrano anni, decenni di tempestosi eventi che immancabilmente lasciano il segno sui volti e nell’anima di chi le vive, per potere rivedere in senso poetico …la luce.
A quel punto l’essere è ormai irrimediabilmente segnato, cosa può ripagarlo per tutto ciò che la vita gli ha negato.
Chi vive alla giornata ho esclusivamente la propensione ad attenuare i morsi di uno stomaco vuoto, suo e dei propri familiari.
Chi altrimenti ha la facile disponibilità di potere apparecchiare la tavola con quantità e qualità di alimenti, non si cura se buona parte finirà nei rifiuti.
Questi ultimi, egoisticamente non rinunceranno mai al superfluo e lotteranno con le unghie e con i denti per conservare lo status quo. Vorranno anzi avere di più per rimpinguare maggiormente i contenitori dei rifiuti. Non c’è proporzione, certamente non è questo il senso della vita.