Onorevoli sindacalisti ...
Grazia Perrone - 11-10-2006
Dallo Speciale Il tempo e la storia



"(...)Il sindacato deve essere sempre indipendente dalle controparti e dai governi. (....)" scrive l'ala dissidente (e ultraminoritoria) della CGIL e non posso fare a meno di sorridere di fronte ad una "chiusa" tanto ovvia ... o ingenua dal momento che sono, almeno, 86 anni che sindacalismo e politica sono funzioni collaterali e interscambiabili.

Sindacalisti che diventano parlamentari (e, poi, ministri oppure - è il caso di Fausto Bertinotti - presidenti della Camera dei deputati o - nel caso di Franco Marini - del Senato) e che - a volte - fanno l'una e l'altra cosa contemporaneamente.

Il primo a farlo - con il consenso dei lavoratori - è stato il Segretario generale della Camera del Lavoro di Bari: Giuseppe Di Vittorio


Da Umanità Nova - quotidiano anarchico - n. 164 del 21 ottobre 1921

Il 6 ottobre il Consiglio Generale dell'Unione Sindacale Italiana, discutendo della elezione a deputati degli organizzatori sindacalisti Faggi e Di Vittorio, dichiarò che "l'investitura del mandato parlamentare e l'appartenenza ad un gruppo che rappresenta la socialdemocrazia - come è il caso di Faggi e Di Vittorio organizzatori dell'U.S.I. - è in assoluta antitesi con lo spirito e l'indirizzo dell'Unione Sindacale Italiana".


In conseguenza di tale deliberazione l'on. Di Vittorio, che era stato eletto segretario generale della Camera del Lavoro di Bari in sostituzione di Enrico Meledandri, mandò una lettera alla Commissione esecutiva della Camera del lavoro suddetta annunziando le dimissioni. E il Consiglio generale delle leghe , riunitosi la sera del 19 ottobre, dopo lunghissima discussione ha votato il seguente ordine del giorno: "Il Consiglio generale della Camera del Lavoro sindacale di Bari, discutendo in merito alla elezione protesta del compagno Di Vittorio, riafferma i principi fondamentali del sindacalismo che concepisce la lotta di classe combattuta sul terreno dell'azione diretta che pone il sindacato, non contro, ma al di fuori dell'azione elettorale non approva l'ordine del giorno votato il 6 ottobre dal Consiglio generale dell'Unione Sindacale, ordine del giorno che muta lo spirito antielezionista del sindacato operaio: approva l'ordine del giorno votato nell'adunata del 25 agosto dalla stessa Unione Sindacale e rileva che nessun fatto nuovo si è verificato per legittimare l'ultimo voto tanto diverso dal primo: respinge le dimissioni presentate con alto senso di delicatezza dal compagno Di Vittorio confermandolo segretario generale e invitandolo a non dimettersi da deputato, continuando a svolgere la sua opera di organizzatore, e si riserva di deliberare definitivamente sui rapporti fra la Camera del Lavoro e l'Unione Sindacale Italiana, quando sarà conosciuto l'esito del referendum proposto in tal senso dal comitato centrale".

Dunque il Di Vittorio, il quale dichiarava che per lui il parlamento non ha nessuna importanza si dimette da segretario della Camera del Lavoro ma non da deputato.
Di Vittorio avrebbe una scusa (che manca al Faggi) per restare deputato: la medaglietta o la morte! Egli è imputato di gravi reati e se si dimettesse da deputato sarebbe riarrestato. Ma allora egli avrebbe dovuto dichiarare che restava deputato semplicemente per farla in barba alla legge, che non piglierebbe nessuna parte alla vita parlamentare e resterebbe al suo posto di organizzatore di masse e di propagandista dell'azione diretta e della tattica antiparlamentare.

Noi potremmo arrivare fino all'estrema concessione di assimilare il caso di uno che esce di prigione per mezzo di una elezione protesta a quello di uno che trovasse modo di indossare un abito di carabiniere o di prete per traversare inosservato i cancelli del carcere, quantunque l'elezione protesta domandi una propaganda equivoca ed una dedizione indecorosa, che non occorrono per sfuggire ai vigili occhi dei secondini. Non ce la sentiremmo di esser troppo severi per uno che non vedesse altro mezzo di evitare l'ergastolo che quello di farsi nominare deputato.

Ma che pensare di uno che - fuggito di carcere vestito da carabiniere o da prete - pigliasse gusto all'abito e si mettesse a fare sul serio la spia o il prete?

Ci pare sia il caso di Di Vittorio. Ma dopo tutto Di Vittorio c'interessa poco. Egli che, forse, dando le dimissioni da segretario della Camera del Lavoro era sicuro che le dimissioni sarebbero respinte e quindi faceva la commedia scenderà tutta la china, come han fatto tutti coloro che han messo il piede sul terreno, sdrucciolevole, del parlamentarismo e l'azione rivoluzionaria del proletariato avrà un nemico in più. Ce ne sono tanti ed un Di Vittorio di più o di meno non cambierà la situazione.

Quel che c'interessa e ci accora è la incoscienza e la servilità degli operai organizzati di Bari. Essi erano degli antiparlamentari quando tale era Di Vittorio: Di Vittorio cambia ed essi cambiano con lui.

Ora se l'Unione Sindacale resterà fedele alle sue direttive antiparlamentari, la Camera del Lavoro sindacale di Bari passerà alla CGL perché così conviene a Di Vittorio.

Pecora più pecora fa mandria di pecore

Errico Malatesta



Nota a margine: La camera del Lavoro di Bari da sempre antiautoritaria e antiparlamentare passerà - alcuni mesi dopo - alla Confederazione generale del lavoro (CGL senza la "i").

Di Vittorio - dal canto suo - resterà deputato (in questa veste approverà la tattica - suicida - dell'Aventino così come - anni dopo - obbedirà al diktat di Togliatti in merito all'invasione sovietica in Ungheria) e Segretario generale della Camera del Lavoro di Bari.

La disfatta operaia - grazie all'azione congiunta di due fattori: le divisioni e la miopia politica dei suoi dirigenti e la violenza fascista che, nel frattempo, era diventata violenza di Stato - era vicina.


Le sottolineature e i corsivi sono di gp.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Carlo Altobelli    - 15-10-2006
Per fortuna non tutti sono stati come ieri Di Vittorio e oggi Bertinotti e Marini. Ho letto in questi giorni la vicenda di Bruno Buozzi, un sindacalista che fu ucciso dai tedeschi e ne sono rimasto colpito.

 francodore    - 16-10-2006
.... è vero che il sindacato non rappresenta tutta la società ma solo il lavoro dipendente. In ogni caso è una parte consistente della società. Perchè mai allora questa parte non dovrebbe trovare una rappresentanza legittima e anche determinante nel panorama della direzione politica del paese ????

Ancora leggo di taluno che si ostina a ritenere che le funzioni di direzione siano riservate solo a lorsignori e che ai rappresentanti dei lavoratori dipendenti spetti "solo" l'opposizione !!!

Purtroppo il rimanere in "comoda" opposizione è condivisa da parte di pretesi rappresentanti di "ultrasinistra" che comunque rimarrebbero sempre contro qualcosa.

Cosa c'è di immorale nel vedere che due ex sindacalisti diventano seconda e terza carica dello stato?? Di certo non vi è mai stata incompatibilità contemporanea fra le funzioni rivestite come invece si è più volte verificato fra il ruolo di imprenditore e quello di rappresentante di tutta la società italiana.

Altro è semmai il ragionare sul come viene espletata correttamente la funzione di "rappresentanza" degli interessi del lavoro dipendente che, come è ormai arcinoto, è l' unico a pagare le tasse fino all'ultimo spicciolo !!!