Dallo Speciale Il tempo e la storia |
Silvia - 08-10-2006 |
Come diceva un comico delle mie parti, che attualmente non se la passa molto bene, "Te la mi mamma tu la lasci stare!". Mi sembra che la frase riassuma tutto il contenuto di quest'articolo , anzi forse bisognerebbe aggiungere "O Pansa, te la mi mamma (la Resistenza) tu la lasci stare!", naturalmente a prescindere, come si dice. A prescindere dai fatti, narrati con nome, cognome, data, raccontati da Pansa che - per inciso - prima di iniziare a fare il giornalistra si è laureato in storia con una tesi sulla Resistenza. Nell'articolo di Carotenuto, la verità rivelata e il dogma di fede diventa allora proprio l'infallibilità della Resistenza e la colpa di Pansa è quella di aver documentato fatti accaduti che contrastano con un'immagine della storia della Liberazione che è più un santino agiografico che una fotografia. Spero che in un prossimo articolo Carotenuto invece di mettere a tema il diritto o meno di Pansa - in quanto giornalista, in quanto di sinistra e in quanto narratore di fatti - a parlare di Resistenza entri nel merito della storicità di quanto vi è narrato. |
guidoca - 14-10-2006 |
Premetto di non aver ancora letto letto il libro di Pansa, ma di aver letto l'intervento carico di livore di Gennaro Carotenuto. Non riesco a capire la pretesa di vuole ad ogni costo imporre il suo punto punto di vista, la sua verità storica. Per formarsi un giudizio critico su un particolare periodo della nostra storia e senza sminuire l'apporto della Resistenza alla liberazione dal nazifascismo e alla costruzione dell'Italia repubblicana, occorre anche leggere e tener presente il giudizio di chi si esprime non sempre in termini apologetici. E' indubbio che la Resistenza abbia anche provocato guasti tra la popolazione civile ed è servita anche per saldare qualche conto in sospeso. Del resto, non si è sempre negata la verità sulle foibe e sul fiancheggiamento dei partigiani della Garibaldi agli "invasori" di Tito? |
Giuseppe Aragno - 19-10-2006 |
Ho conosciuto di persona Gennaro Carotenuto: è storico serio e di notevole spessore culturale. Non lo dico io. I suoi lavori stanno lì ad attestarlo. Si occupa di storia orale e di geopolitica, è studioso di politica internazionale, dei regimi dittatoriali e di storia contemporanea dell'America Latina. Insegna all'università di Macerata ed è professore invitato presso l'università di Montevideo. Alla ricerca storiografica unisce un'intensa attività gioralistica come corrispondente per l'Europa e il Medio Oriente del settimanale uruguaiano "Brecha", è analista internazionale per la "Jornata" di Città del Messico e "Question" di Caracas. In Italia i suoi articoli compaiono soprattuto sulla prestigiosa "Latino America". Dal 1998 collabora ai programmi di Radio 3 Rai. Pansa ha fatto per anni il giornalista e non sempre ha incantato. Oggi scrive libri di storia che, dati i tempi e il battage politico-pubblicitario che li sostengono, fanno cassetta, benché siano scientificamente del tutto inattendibili. Egli artatemente amplifica e ingigantisce a dismisura fenomeni rari, marginali, spesso dubbi e non provati, nel loro complesso comunque del tutto ininfluenti su di una vicenda storica alla cui comprensione egli non aggiunge praticamente nulla, oscurandone, anzi, consapevolmente il valore di grande lezione etica. Nessuno storico serio nega, e mai ha negato, che la Resistenza "abbia anche provocato guasti tra la popolazione civile", o che qualche miserabile ne abbia "profittato per saldare qualche conto in sospeso". La guerra è anche questo. Pansa finge di ignorarlo, come finge di ignorare che un'amnistia, frettolosamente voluta da Togliatti, reinserì nel tessuto della società civile, all'alba della storia repubblicana, la stragrande maggioranza dei responsabili di un disastro, i boia repubblichini, i massacratori di donne e bambini, i torturatori e persecutori di ebrei, i gerarchi di Salò e i traditori arruolati nelle SS italiane. E chiudo qui l'elenco per carità di patria. Egli tace sui numerosissmi partigiani processati dopo la guerra e spesso ingiustamente condannati dai magistrati fascsti rimasti tutti ai propri posti. Tace sulla totalità di prefetti, questori, magistrati, generali, noti giornalisti, uomini dei servizi, docenti universitari, che dopo aver teorizzarono la superiorità della razza italiana e contribuito moralmente e materialmente alla realizzazione dell'Olocausto, ripresero tranquillamente il loro posto nella società italiana che avevano avvilito, degradato, disonorato agli occhi del mondo. Tace sulle atroci responsabilità, ancora oggi impunite, di quei fascisti che, lasciati liberi, hanno poi paralizzato e insanguinato la nostra storia con atroci attentati ed oscure manovre golpiste. Di tutto questo nei libri di Pansa non si parla: il sangue che i vinti amnistiati hanno fatto versare ad una enorme quantità di cittadini italiani Pansa lo ignora. Eppure è quello il sangue che ancora grida vendetta, quello il vero danno arrecato al nostro paese e alla nostra gente, non la pietosa, vicenda delle Foibe, decontestualizzata e ingigantita ad arte, né la complessità dei rapporti tra partigiani italiani e jugoslavi, i quali, sia detto per inciso, furono nella stragrande maggioranza valorosi combattenti per la libertà del loro paese e dell'Europa dal mostro nazifascista. E tanto dovrebbe bastare. Tanto, se non altro, invitare a documentarsi ed a distinguere, tra propaganda politica, volgari operazioni di mercato e ricostruzione di tragici e cruciali avvenimenti della nostra storia. |
Piergiorgio M - 21-08-2007 |
((vorrei inviare quanto segue, eventualmente mi si invii la e-m opportuna per farlo pervenire a Pansa)) La sua trasmissione su Radio 24, egr. sig. Pansa, mi ha illuminato e rievocato vividamente il seg. fatto personale. Lo racconto ora, sentito che interessano le testimonianze, come io sia un mancato ‘martire della libertà’. Sono del '38 e ricordo bene tutto quello visto dai 2 anni in poi, incluse le inconfessate ed appena accennate delusioni degli adulti. Mio padre era in quella guerra (per spezzare le reni alla Grecia) da cui ne è uscito con ferite e nevrosi che lo condussero a morte circa 10 anni dopo. E veniamo all’episodio. Noi abitavamo allora vicino a Piove di Sacco lungo una strada di terra battuta avente ogni 300 metri un ponte modesto, le altre case erano più umili della nostra ed erano rade. Un mio parente molto coraggioso, forte e leale aveva combattuto nella 1° GM , ne era rimasto ferito e decorato (n: 99 m: 83), e per questo potè passare la 2° guerra facendo l’infermiere in ospedale da cui tornava con la scassata bicicletta verso le 15, scansando mitragliamenti fino alla sua abitazione 100 m prima della nostra. Mi fermavo ore a guardare (43-45) il fabbro (a me pareva magico) che costruiva le scalette in ferro , sotto il controllo dei pochi, pallidi, magri, giovani e disperati tedeschi; per entrare ed uscire dalle trincee in allestimento come disperata difesa e con il lavoro dei nostri uomini pagati con le grosse banconote appena stampate e poi risultate prive di valore. Un giorno si presentò a metà mattina un paio di ragazzi 16 enni in pantaloni corti, imberbi, con due bombe a mano appese alla cintola (parevano bussolotti con il manico in legno). Pretesero da mio nonno 1 bicicletta per andare a salvare la patria, si dissero partigiani. Mio nonno dovette darla borbottando che non credeva si salvasse la patria così. Dopo qualche giorno 5-6 di questi salvatori si misero di lena a interrompere il ponte vicinissimo a casa nostra, fecero una interruzione di circa 3 metri e se ne andarono. Si seppe poco dopo che una modesta colonna tedesca in ritirata era su quella strada, ferma 3 km indietro per un analogo caso e incendiava le case attorno e faceva morti. Arriva il parente, pratico di guerra, va fuori di sé per l’ira, si fa dire chi erano -son quelli in fondo alla via…- va a casa loro, li prende per il collo urlando, li obbliga a togliere le travi dal loro tetto, a tirarle con il somaro, rifare il ponte, coprirlo di terra. Tutto in meno di 1 ora. Io ero lì con mia madre che mi teneva in braccio e altri curiosi e stupidi come il fango, diamine era uno spettacolo da non perdere...!!. Dopo 40 minuti arriva la colonna: 2 autoblindo, due camion, una automobile, dei carretti, una 50a di soldati … Vedono la terra fresca, si fermano esce un soldato assieme a un graduato con lo smeisser in mano, guardano attorno….Poi il graduato ispeziona il ponte e poi fa passare piano piano una autoblinda…tutto regge, poi passano tutti, senza altre conseguenze…(ho imparato poi : al nemico che fugge ponti d’oro). Si seppe più tardi delle rappresaglie in altri luoghi, e giuste se consideriamo quello che abbiamo fatto all'estero noi italiani anche per meno, che eravamo alleati dei tedeschi e che poi abbiamo cambiato parere… Quel mio parente una settimana dopo pedalava quando un colpo di fucile gli passa sopra la testa, guarda e intravede dietro un albero una figura…Va a casa di uno di quelli, che non aveva digerito l’umiliazione, per torcergli il collo (non è un modo di dire), ma non lo trova. Scomparso anche in seguito.---- Dopo anni, molti, mentre quel mio parente stava vincendo una gara regionale di bocce , vede di là del boccino , in mezzo alla folla, la faccia,…. una faccia che gli ricorda qualcosa nella sua indefettibile memoria , ….ah ecco, sì! , suda per il furore…molla tutto per completare quella che lui chiamava – tirare il collo al pollo- ma quello intanto è sparito. Si seppe dopo un poco di tempo che quello era andato definitivamente a Sidney , posto più lontano non c’era.. Se non fosse andata così avrei la soddisfazione di trovarmi scritto sulla lapide e onorato dall’ANPI Marchiori Piergiorgio mestre corso del popolo 146/a |
Redazione - 22-08-2007 |
Non conosciamo l'indirizzo elettronico da lei richiesto. Per far pervenire all'interessato il suo contributo, che pubblichiamo pur se legato alla trasmissione da lei citata più che all'argomento dell'articolo da noi riportato, le consigliamo di rivolgersi direttamente al sito di Radio 24. |