L'art. 5/L.53: oltre la lettera H
Brunella Presbiteri De Lassis - 04-08-2006
Le oscillazioni del centro-sinistra

"Qualcuno si dovrà sacrificare". Era un'affermazione di qualche esponente di centro-sinistra, incontrato in piazza durante uno dei vari sit-in di protesta anti-morattiana, all'apparire all'orizzonte del famigerato art.5/L53. A chi o a cosa stava pensando?

Sono a tutti note le oscillazioni di una certa componente di questa maggioranza, quando si parla di "valore", e di giudizio di "merito", in relazione ai vari percorsi abilitanti all'insegnamento.

Quel che sfugge in maniera assai inquietante, però, sono le rigorose e giustificate ragioni per le quali una drammatica e paradossale incertezza gravi, ancora oggi, proprio sugli idonei di una procedura concorsuale pubblica ordinaria, costretti a pagare le spese di una politica scolastica molte volte incerta, confusa, sulla scorta di quella inaugurata dai due ex ministri dell'Istruzione Berlinguer e De Mauro.

Dopo la demagogica "infornata" dei primi anni Ottanta di circa 250.000 docenti precari, avere aperto la strada dal 1999 a ben otto cicli SSIS, ancor prima di essersi preoccupati di predisporre un rigoroso piano pluriennale di assunzioni per il precariato preesistente da venti anni, è stato l'errore sul quale questo governo finora non ha fatto sostanziali passi avanti per realizzare quella "discontinuità" che è al centro del suo programma politico sulla scuola. Nessuno infatti ha neanche risarcito in termini morali le decine di migliaia di lavoratori di un tale danno senza precedenti, sul quale poi il governo di centro destra ha fatto scelte delle quali tutti paghiamo le conseguenze.

L'avere ideato, progettato una terza procedura abilitante in sovrapposizione, e non in successione, alle prime due, una delle quali, per Costituzione, reputata l'unica idonea per accedere nella P.A. era andato prima di pari passo con la prefigurazione di un privilegiato inserimento degli abilitati con la SSIS (scuola di specializzazione all'Insegnamento gestita dall'Università), con lauto bonus (30 punti), "a pettine" nelle graduatorie permanenti, cioè valevoli per il conferimento delle supplenze da parte del Csa, e persino ancor prima di avere ottenuto lo scioglimento della riserva. Poi era diventato un piano perfetto per far sacrificare quel "qualcuno" appartenente alle graduatorie del concorso, valevoli esclusivamente, per gli idonei dello stesso, ai fini dell'immissione in ruolo presso la P.A. Questo era, ED E' ANCORA, l'art.5 della Legge Moratti.

Ma i docenti abilitati con l'ultimo concorso ordinario, quello bandito nel 1999, i "sacrificati", appunto, chiedono più di una revisione dei punteggi (Lettera h e valutazione dei titoli culturali) in una graduatoria per supplenze. Reputano infatti indispensabile pretendere, da una maggioranza nella quale hanno riposto fiducia, una seria autocritica a garanzia di un più rigoroso funzionamento della scuola pubblica, quali:

1) la qualità del servizio pubblico, che nell'istituzione-scuola non può dimenticarsi della centralità del discente e della motivazione delle varie figure professionali che operano nel settore scuola;

2) la trasparenza delle selezioni di tutto il personale e la stabilità degli organici.


Centralità del discente e cura degli aspetti motivazionali

L'assunto sul quale poggia una lunga tradizione di pedagogia e di didattica non è quello per il quale la scuola pubblica debba svolgere la funzione di assegnare un posto a tutti i costi ad insegnanti senza cattedra, ma quello per il quale essa debba garantire, e questo sì a tutti i costi, insegnanti qualificati e specificamente competenti al discente che non li ha, e al quale non è stato affatto assicurata l'indispensabile continuità didattica per la sua formazione integrale.

E' un assunto basilare che si collega a tre corollari inerenti al compito precipuo che l'insegnante SA che deve assumersi:

- l'esperienza professionale si acquisisce direttamente "sul campo" (come SERVIZIO e non come mero tirocinio) e non consegue dall'accumulo nozionistico di titoli universitari e da uno statico sapere;

- occorre una selezione, a monte, di quelle competenze e di quella preparazione culturale del futuro insegnante attraverso la procedura concorsuale ordinaria, cioè pubblica e trasparente;

- occorre curare gli aspetti motivazionali della professione docente, aspetti sui quali non è stata posta l'attenzione dovuta sia dalle istituzioni sia dal legislatore sia dall'universo stesso dei lavoratori della scuola, in tutte le sue articolazioni.

Prendersi "cura" degli aspetti motivazionali significa prendersi "cura" della scuola pubblica innalzando il livello della sua qualità: dalla inevitabilità di ridurre il numero esorbitante di alunni per classe, all'abolizione dell'inqualificabile decreto sulle diciotto ore frontali - finalizzato a frantumare gli insegnamenti -alla effettiva lotta contro la dispersione scolastica, agli aggiornamenti continui di cui un docente ha necessità, a proposito dei quali occorre rilanciare una valutazione più adeguata, una gestione affidata alle singole sedi di servizio, in sostituzione degli inutili e nozionistici corsi post-lauream a distanza, monopolio indiscusso delle università. E' nota, a questo proposito, la ricaduta sugli aspetti motivazionali di un riconoscimento giuridico dei corsi di aggiornamento, a tutt'oggi assente nella scuola italiana. Come pure è da insistere sulla necessità della reintroduzione di trasferte, debitamente certificate , per quei docenti costretti a spostarsi di continuo in sedi disagiate, lontane, con orari scomodi e sottoposti a sacrifici economici e psico-fisici non compensabili affatto con un raddoppio di punteggio in una graduatoria.

Parlare di "qualità" significa ridurre nettamente i fondi elargiti alle scuole private (che garantiscono persino vergognosi sgravi fiscali alle famiglie ad alto reddito) e contenere anche al minimo il contingente di immissioni in ruolo dei docenti di religione cattolica, ultimamente "sanato" in numero spropositato rispetto ai docenti laici, con investimenti paradossali e irragionevoli. Significa, in altri termini, sapere investire, per una scuola pubblica laica, multietnica e multiculturale, in un reclutamento senza discriminazioni, attingendo dallo stesso elenco trasparente, e pubblico appunto, in cui sono inseriti anche tutti gli altri aspiranti docenti che hanno superato i concorsi sulle discipline specifiche che intendono insegnare, e non con una procedura dipendente dalle indicazioni del Vicariato.

Parlare di qualità significa parlare anche di competenze. Occorre ridurre la mobilità professionale che si realizza, oramai in Italia da anni, sempre dal basso verso l'alto. Dalle elementari alle medie fino alle superiori, un maestro può balzare in avanti improvvisando competenze specifiche di un professore di latino e greco e filosofia di un liceo classico, con 10 anni di anzianità di servizio. Non accade, peraltro, il contrario

Parlare di qualità e competenze equivale a parlare anche di specificità.
Occorre ridurre la mobilità degli insegnanti specializzati sul sostegno , gran parte dei quali "usano" il delicato e particolare insegnamento, al quale molti sono stati formati da corsi universitari di durata solo semestrale, per aggirare l'ostacolo del supplizio al quale altri docenti precari vengono sottoposti: supplenze brevi e saltuarie, orari scomodissimi, sedi irraggiungibili, con tre o quattro contratti l'anno , con otto mensilità su dodici. Non soltanto essi entrano in ruolo in concorrenza con i colleghi della propria classe di concorso, i quali hanno affinato le proprie competenze specifiche negli anni in cui lo Stato li ha chiamati a colmare le croniche carenze di organico, ma soprattutto ledono il diritto del diversamente abile, e della classe in cui è inserito, lo stesso insegnante per l'intero ciclo di studi.

Poiché ci sono motivazioni che non si possono eludere ed evadere, l'attuale condizione in cui l'insegnamento di specializzazione sul sostegno si trova ad essere gestito tradisce le sue stesse finalità deontologiche , che non possono mai ridursi a percorsi di comodo o ad una scorciatoia, ai danni degli stessi alunni diversamente abili e degli stessi colleghi.

Il Convegno della CGIL tenuto a Napoli nelle giornate del 9 e del 10 maggio scorso, sui temi della precarietà, ha costituito uno spunto in più di riflessione per le rivendicazioni degli insegnanti abilitati con procedura concorsuale ordinaria: i "sacrificati". Il senatore G. D'Andrea (Margherita) aveva espresso la necessità di un'autocritica , in termini politici, per rilanciare una rigorosa concertazione con le OO.SS. Ci si augura che la concertazione venga effettuata anche e soprattutto con i lavoratori della scuola , riuniti anche in associazioni spontanee e a-partitiche e a-politiche, con le famiglie e gli studenti, sui quali pesano le scelte di una politica irresponsabile del precedente governo, il confronto mancato sui delicati temi della riforma scolastica, il degrado di una civiltà alla quale si è tentato di ridurre lo spirito critico. L'on.Domenico Iervolino (RC) non a torto si era richiamato al valore pedagogico della politica, quello teso alla prevenzione e al recupero per riconquistare il consenso sociale.

Interpretando l'esigenza dei due relatori suindicati di rilanciare il più tempestivamente possibile nuove proposte concrete, a difesa del valore "pubblico" della scuola, non si comprendono, perciò, le ragioni per le quali non si proceda ancora ad annullare quei provvedimenti legislativi della Riforma, finalizzati a mortificare proprio la categoria di insegnanti divenuti tali con una procedura concorsuale di Stato.

Trasparenza delle selezioni e stabilità degli organici>

E' oltremodo inaccettabile, in una sede educativa e formativa come la scuola, lo spazio che si è concesso ai privilegi, ai giudizi di "eccellenza" e di "merito", attribuzioni di valore morale non costituzionalmente pertinenti, in ambito amministrativo e lavorativo, specialmente quando il privilegio consente di appropriarsi del "diritto" altrui, con lo scavalcamento di centinaia di posizioni (come è avvenuto a partire dall'a.s.
2002-2003 nelle graduatorie permanenti di terza fascia), rispetto a coloro che avrebbero dovuto essere i più garantiti da una Legge dello Stato, e che invece si sono visti relegare "in coda" nel proprio diritto al lavoro.

Cosa spinse il centro-sinistra e, a seguire, il centro-destra, nell'affidare agli Atenei il monopolio della formazione docente finalizzandola, con l'art.
5, addirittura all'entrata nei ruoli della P.A., al posto della procedura concorsuale ordinaria, per la quale era stato prima previsto un piano triennale di assunzioni (a.s.2002-2005) poi rimasto in gran parte disatteso?

Cosa ha spinto questa maggioranza a non invertire la rotta al punto di non pervenire ad un blocco, a un congelamento, dei finanziamenti agli Atenei, per nuovi corsi abilitanti?

Come è motivata dal punto di vista economico, morale, politico e sociale l'urgenza di attivare gli stessi corsi abilitanti, sempre e unicamente gestiti dalle Università - peraltro con costi esorbitanti a carico del corsista già precario - prima di un ragionevole e immediato piano di assunzioni finalizzato a "svuotare" le graduatorie permanenti e le graduatorie del Concorso?

Qual è la logica per cui si continua ad affollare liste di attesa già in esubero e in una fase storica di cronico ristagno?

E' evidente che non si vuole emanare, per ragioni politiche finora non rese note, una Legge speciale, per l'immissione in ruolo immediata e massiccia dei precari aventi diritto, secondo l'unico criterio avente valore legale e costituzionale delle doppie graduatorie (permanenti e di merito), attingendo per il 50% da ognuna di esse. A questo proposito, i docenti idonei del concorso continueranno ad esprimere, e si avvarranno di ogni mezzo legale a tal fine, netta e risoluta contrarietà all'ipotesi di un terzo canale di reclutamento a favore di nuove procedure abilitanti, se non dopo l'assunzione completa degli abilitati precari inseriti, di diritto, nelle due graduatorie suindicate.

Non si può in alcun modo nemmeno accettare, dal punto di vista della fondatezza giuridica, l'ipotesi di un inserimento di abilitati con altra procedura non concorsuale ordinaria nelle graduatorie di merito del concorso Pubblico ordinario a cattedre che appartengono esclusivamente e di diritto ai soli candidati che ne sono risultati idonei.

Non si vorrebbe raccontare ai nostri alunni, oggi anche i nostri figli, la paradossale storia per la quale prima un governo dispone percorsi previsti dalla Costituzione per poi svuotarle completamente di significato e di valore. Se così non fosse perché non disapplicare e rendere inefficaci subito le norme a tutt'oggi ancora vigenti della Riforma Moratti?
Infatti non si è ancora disapplicato l'art.5 che farà scomparire per sempre le graduatorie dei concorsi a cattedra, ultima possibilità di insegnare per l'idoneo con qualche anno di anzianità di servizio, già maturo dopo 10 anni di attesa dall'ultimo concorso, ma escluso improvvisamente persino dalle supplenze brevi e saltuarie perché scavalcato lì, in graduatorie permanente, dal più giovane dei "sissini" che è stato inserito "a pettine" e con bonus di 30 punti oltre al punteggio di abilitazione quasi sempre attestato su valore massimo (36/36) e privo, per altro, di servizio prestato.

Per quanto riguarda la disponibilità finanziaria, per procedere alla netta risoluzione della piaga del precariato, si richiede una maggiore consapevolezza e trasparenza, da parte delle istituzioni, riguardo al fatto che il personale precario comunque viene retribuito mensilmente e annualmente, anche se non regolarmente assunto. Costituisce una spesa di fatto persino superiore a quella elargita se egli fosse docente di ruolo.
Ciò che non si comprende è la ragione per la quale il Ministero dell'Istruzione non faccia figurare la spesa affrontata per il precariato nel bilancio di previsione e di programmazione annuale, dando atto ad intendere una volontà di sottodimensionare l'organico, al fine di fare apparire che le sue uscite risultano inferiori a quelle realmente elargite.
Perciò non si chiede l'impossibile, ma di rendere, di diritto, una situazione che di fatto già esiste; di trasformare una situazione di precarietà in una condizione esistenziale di dignità umana innegabile in un paese civile e democratico. Anche il provvedimento legislativo a favore del prolungamento dell'età pensionabile non ha sicuramente favorito lo svecchiamento dei quadri in una scuola priva di ricambio generazionale e per la quale, contraddittoriamente, si continua a parlare di diritto al lavoro per i più giovani.

Recuperare i valori, dunque, come indiscutibile premessa per realizzare quella "discontinuità" di cui si sente troppe volte parlare. Ma tutti gli insegnanti precari ritengono con fermezza e vigore che la condizione indispensabile per un'autentica pedagogia e per realizzare la vera discontinuità con il passato consista nel rilanciare l'istruzione come valore e strumento che ha un paese civile per diventare consapevole e maturo a livello europeo. Ma quale discontinuità si può realizzare se non ci si concentra sul problema della stabilità degli organici, cioè sulla urgente necessità di un piano pluriennale di assorbimento completo di precari, ancora disatteso anche da questa maggioranza?

Per realizzare vera discontinuità e una politica che attui una sorta di "rivoluzione copernicana" nella scuola pubblica non c'è più tempo per la mediazione.

Panini aveva concluso il Convegno di Napoli in maniera decisiva rivendicando la cessazione di una politica dei due tempi, quelli del risanamento prima e del cambiamento poi. Poiché i precari ritengono che il tempo sia un drammatico valore esistenziale, la discontinuità è indispensabile ora e subito. Per questo si vuole invitare tutte le componenti del precariato a schierarsi con a fianco dei docenti abilitati con il concorso ordinario e a ritrovarsi in una piattaforma comune e unitaria.


Roma, 5 agosto 2006
Brunella Presbiteri De Lassis
A.d.a.c.o. (Associazione docenti abilitati con il concorso ordinario )

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