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Partito Democratico, dove porta questo treno?
aprile on line - 07-07-2006
Un errore, passare dal "se" al "come". Un errore puntare, di fatto, sulla messa in crisi dei partiti politici e su quello più al centro della partita in gioco, i DS.

Tra l'Assemblea della sinistra DS e il Consiglio nazionale del partito il prossimo 13 luglio, si è messo in mezzo ieri l'altro Gad Lerner. Non più "se" fare il Partito Democratico italiano, ma "come" farlo, qui ed ora. Progetto, statuto, percorso, strumenti, modalità. Tutto ben definito in meno di una giornata, condotta a tamburo battente come in un palinsesto televisivo di quelli che Gad sa davvero realizzare bene, col cipiglio e la fierezza di un grande infedele come sa essere. Del resto, non è uno che mandi a dire le cose che sente. Aveva detto chiaramente il giorno prima su "Repubblica" che i DS si dovevano sciogliere come partito per poter concorrere a costruirne un altro.

Mettiamo in fila le cose. La Sinistra DS al Quirino aveva invocato posizioni politiche chiare e la necessità di uscire da una situazione di stallo. Giunti a questo punto, aveva detto Mussi, ci sono due strade percorribili. Una correzione esplicita di rotta politica di fronte all'impossibilità di una fusione tra DS e Margherita; oppure si vada in tempi certi verso l'approdo del partito democratico. Nel primo caso, si può e si deve ragionare sul tipo di alleanza con la stessa Margherita e dentro l'intera coalizione dell'Unione, muovendo dalle posizioni di una sinistra socialista autonoma e unitaria. Nel secondo caso, la sinistra DS non potrà stare dentro un nuovo partito che avrà tolto la "sinistra" dal lessico politico italiano e forse anche europeo. La richiesta di un Congresso, fatta propria in questi giorni anche da esponenti autorevoli della stessa maggioranza, è la conseguenza logica, democratica, di come uscire da uno stallo politico che può rapidamente tramutarsi in scacco matto.

Il Consiglio nazionale dei DS, convocato il prossimo 13 luglio a Roma, ha precisamente questa pratica sul suo tavolo. L'impressione che si ricava è che Gad Lerner abbia finito ieri per complicare le cose in primo luogo a Fassino e ai democratici di sinistra, perché ha bocciato una ad una tutte le diverse "vie di uscita" che erano state pensate nell'intento di reggere l'impatto senza "perdere pezzi". Niente Federazione, nessun approdo al socialismo europeo, centralità delle primarie. Ed in più Rutelli che si dice pronto a far partire i congressi di base della Margherita già a settembre, facendo sua l'accelerazione verso il partito democratico. Qui ci sarebbe bisogno di un maggior raccordo della "cabina di regìa" istituita da DS e Margherita. Perché se la domenica si dice a noi che il "congresso subito" destabilizza il governo Prodi, dunque non è opportuno, non si può dire il martedì che quello della Margherita può partire già da settembre. Non ci può essere una discussione, quella della Margherita, che unifica e rafforza ed un'altra, quella dei DS, che destabilizza e dunque è opportuno rinviare. Almeno su questo dovremmo essere d'accordo.

Oggi ci troviamo di fronte ad una accelerazione, messa in atto dal protagonismo decisionale dei sindaci e dalla saldatura che si è palesemente compiuta tra loro ed il premier sul rilancio di un progetto che mantiene intatte se non accresciute le sue contraddizioni, ma che vuole giungere il più rapidamente possibile alla meta, anche drammatizzando sui treni "che non passeranno più". Proprio questa accelerazione accresce le difficoltà politiche del gruppo dirigente dei DS, perché ora i sindaci cambiano l'agenda e il calendario.

C'è bisogno di un atto politico, nuovo e forte, da parte del gruppo dirigente dei DS. Quel treno su cui o si sale adesso, subito, o non ripasserà mai più, non è indifferente dove si dirige una volta che lascia l'Italia e s'incammina in Europa. Si dica che la stazione del socialismo europeo non si tocca. E lo si dica subito, prima di un'altra Pontignano. Perché i DS non possono cercare faticosamente al loro interno di non perdere pezzi e poi venire quotidianamente scomposti, smontati e messi all'angolo, indeboliti da chi poi li vorrebbe alleati in qualcosa di nuovo.

Non è precisamente questo, prima di tutto, che mette a rischio il procedere dell'azione di governo? Se questo percorso politico è un treno in corsa su cui affrettarsi a salire, come non vederne i contraccolpi che esso può arrecare proprio al governo e all'intera coalizione? Un processo di questa portata non può non ridisegnare l'intero sistema politico italiano e dunque forzarne i tempi non potrà che provocare altre frammentazioni politiche, ridislocazioni, contraccolpi su ognuno dei partiti coinvolti, con ripercussioni inevitabili sulla quotidiana azione di governo del Paese.

Un errore, dunque, passare dal "se" al "come". Un errore puntare, di fatto, sulla messa in crisi dei partiti politici e su quello più al centro della partita in gioco, i DS. Un errore contrapporre di nuovo la dinamicità della "società civile" alla "staticità" dei partiti politici, senza vedere che la crisi degli uni è anche la speculare crisi dell'altra. Un errore, infine, spingere tutti in fretta a salire sull'ultimo treno. Dove ci può mai portare l'ultimo treno, possiamo chiedercelo?

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