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Imputato Gesù di Nazareth
Vincenzo Andraous - 30-06-2006
Padre Giovanni Crisci, un Frate Cappuccino di quelli tosti, perché nati con la terra alle ginocchia, e le parole, quelle nude, intorno alle dita, mi ha fatto dono in questi giorni del libro che ha pubblicato: Imputato Gesù di Nazaret.
Sguardi sulla sua vita religiosa e anche su quell'altra, di uomo di sponda, fede che è speranza in un carcere che annaspa nel proprio tempo fermo.
Ci sono righe scritte da autori sconosciuti che non consentono facili rese alla ragione, altre di scrittori famosi che non permettono mediazioni d'accatto alla propria coscienza.
Ci sono pezzi di strada impolverata racchiusi in altre righe, buttate lì, senza alcuna presunzione di colpire al cuore il lettore, eppure risultano righe che non cancellano la memoria per quanto accade, ci accade, intorno, spesso a un palmo dal nostro naso........senza accorgerci della tragedia che incombe.
In questo suo intercalare tra la parola che è colpa, ma ne trasforma la pena in speranza, Padre Giovanni Crisci non spende tempo a tentare di strattonare risposte comode, a costruire scrigni di certezze, piuttosto egli spinge chi legge a imbattersi in aree problematiche che non sono poi così irrisolvibili, soltanto occorre parlarne in termini diversi, come ad esempio il carcere, la pena, nelle accezioni odierne, che tolgono allenamento alla fatica, quindi a ogni sguardo prospettico, capace di ricostruire percorsi di riconciliazione.
In questo volume c'è il cammino di un uomo che non intende dare il fianco alle solitudini imposte dal sapiente in agguato, vi è intatto il coraggio dell'uomo che vive nei sussulti umani dei Vangeli, con compassione profondamente convissuta.
Egli lo fa trattando il bene e il male con le braccia affondate nel dolore, senza presunzione di salvare alcuno dal proprio destino.
Padre Crisci sobbalza al cospetto dell'imputato Gesù di Nazaret, dei tanti uomini inchiodati alle proprie responsabilità, eppure il suo è uno sguardo in alto, con gli occhi lucidi di chi crede nella persona che risorge dai detriti delle proprie sconfitte umane.
Egli lo fa spiegandoci che Via Crucis sta a via della Croce, indicando il cammino percorso dall'imputato Gesù con il legno del patibulum.
C'è in questa passione e in questa preghiera la similitudine con il detenuto, con chi è ristretto e privato della libertà, come Gesù a quel tempo derubato della propria dignità.
Una similitudine con chi è piegato dalla disperazione della colpa, ma nel cammino dell'espiazione ritrova memoria e valore di una ricomposizione necessaria a ogni frattura e lacerazione.
Similitudine con quella via Crucis, perchè consente di rielaborare quanto accaduto, fino a rendere possibile l'incontro con il volto reclinato dell' innocente.
Ho questo libro tra le mani, "Imputato Gesù di Nazaret" : in queste pagine non traspare solamente la Fede di chi crede, c'è di più, c'è la possibilità per ogni uomo detenuto di credere con consapevolezza che scelta e responsabilità formano la più alta delle libertà, persino nel baratro di una cella.

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