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Giuseppe Dossetti: pagine di cultura della pace
Aldo Ettore Quagliozzi - 20-06-2006
Nel grande ed assordante - al pari del frinire incessante nella stagione delle calure - cicaleccio della politica del bel paese risplendono di virtù cristiane, e stupiscono in pari tempo, le considerazioni del grande pensatore cattolico Giuseppe Dossetti.
Dovrebbero farne meditazione ed applicazione diuturna tutti i politici del bel paese, di qualsivoglia schieramento, a maggior ragione se gravati dal vincolo del dovere del governare, impegnati, come non mai, nello sport divenuto nazionale del presenzialismo più spinto ed invadente, senza costrutto, fine a sé stesso e deleterio per le stesse repubblicane istituzioni. Da " Pace, bene e Rossetti " di Maurizio Chierici.

"Quei soldati che tornano dall'Iraq. Chi li ha mandati vorrebbero restassero; chi si è opposto al coinvolgimento nella sciagura irachena, chiede di affrettarne il ritorno. Sempre in nome della pace.
Pace vuol dire tante cose. Trasforma promesse e serenità da una bocca all'altra. Per esempio, le vestali del liberismo considerano pace-democrazia e giustizia sociale una specie di triangolo della morte da tener d'occhio, armi alla mano. Succede in America Latina, nel Pakistan del generale amico dell'occidente, per non parlare delle afriche petrolio e diamanti. Normalizzare la pace diventa la violenza armata che reprime chi non accetta l'ingiustizia della povertà di quasi tutti, imposta da ricchezza e appetito di pochi. Milan Kundera, scrittore della leggerezza dell'essere, fa dire al protagonista che si affretta ad attraversare la stazione di Vienna in fuga dalla Praga dei carri russi: «La lotta dell'uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l'oblio».
Ecco il problema: chi ha voglia di ricordare? I tecnici della guerra non ne sentono l'urgenza. Innamorati del mestiere delle armi temono la pace come le persone miti si spaventano per guerra. E la memoria degli orrori diventa il fastidio dei «soliti pacifisti».
Non sempre i falchi sono in divisa. Falchi grassi, falchi assopiti sui banchi del Parlamento, falchi per opportunità, falchi per affari, falchi perbene nelle abitudini quotidiane ma furibondi di fronte ai nemici che ogni mattina i giornali agitano, fantasmi in agguato. Chissà quale complesso li angoscia se non possono vivere senza nemico. Non si capisce perché certi politici destinati a mediare tra i sentimenti della gente e i problemi del paese si lascino trascinare dalla grancassa: patria, onore, sacrificio. Cravatta e doppiopetto, fronte di Porta a Porta. Non importa quanti morti patria - onore - sacrificio lasciano per strada. Lo esige l'orgoglio del paese. È la non ragione della superficialità. Soprattutto quando le trombe sono cristiane e trasformano la fede nel muro dell'incomprensione. Per fortuna sono pochi i credenti così.
Dal cassetto del giornalista escono due lettere di un cattolico che voleva essere solo cristiano; di un politico che voleva essere solo coerente nell'amministrare il bene pubblico senza tradire l'etica alla quale si affidava. Due lettere di Giuseppe Dossetti. Le ha scritte nei primi giorni della prima guerra del Golfo al giornalista che voleva incontrarlo. Il professore era appena arrivato in Giordania dall' Italia. richiamato dai bombardamenti che stavano per incendiare il Medio Oriente. Si ritira nella piccola comunità a poche rampe dal crinale del Monte Nepo, sperone sulla «terra promessa». ( ... ) Come ogni giornalista, il giornalista che dall'albergo di Amman si rivolge a Dossetti in quel gennaio '91, aveva bussato tante volte alle quattro comunità sparse da una parte e dall'altra delle frontiere che tagliano la terra santa. Dossetti non aveva risposto. L'impegno al silenzio continuava. Ma la guerra cambia tante cose, e Dossetti scrive la prima lettera.

31 gennaio 1991

«Cortese signore, non rispondo alle sue domande, ma credo dovermene scusare e dare un cenno di riscontro al suo biglietto. Non so se, come lei dice, sono 'un uomo di pace'. Desidero la pace per tutti e fra tutti. Ma sento che è ben altra cosa essere in veste di 'facitori di pace' nel senso del Discorso della Montagna: cioè, non so se sono di coloro cui Gesù promette la beatitudine di essere figlio di Dio (Matteo 5,9). Mi sembrerebbe grande presunzione quella di esserlo, anche se resta il mio desiderio più grande. Perciò, ancor più da quando questa guerra è realmente scoppiata, mi pare di dovermi attenere ancora più rigorosamente ai miei propositi, senza nessuna eccezione. Solo così penso di potermi avvicinare e diffondere quella pace che, come lei osserva, è un bene universale: a diffonderla, spero, non a parole ma col silenzio e con i fatti, quelli più profondi, più duraturi e perciò più umili, ed essi pure più silenziosi, più schivi di ogni clamore. La prego nuovamente di scusarmi. Spero di essere stato compreso. Con cordialità viva e vera, suo Giuseppe Dossetti».

5 febbraio 1991

«Gentile signore, come ho già avuto modo di dire qui in Giordania a lei e a qualche suo collega, dal momento che questa guerra - contro ogni speranza di ragionevolezza - è deplorevolmente scoppiata, credo di dover osservare ancora più rigorosamente il mio solito riserbo. Ciò mi è imposto, oltre che dai principi e dallo stile cui ispiro la mia vita, anche dalla necessaria delicatezza verso i Paesi nei quali le nostre quattro comunità, di qua e di la dal Giordano, vivono ospiti. La nostra presenza in quest'area non si propone altro fine che quello di un semplice incoraggiamento ai cristiani a restare e a non cercare di evadere (oltre se mai quello di attestare un nostro ascolto e una nostra attenzione verso non poche rivendicazioni islamiche di questa congiuntura). Quindi il nostro essere qui non può non essere rispettoso, umile e pacifico, non solo nelle intenzioni, ma anche nei comportamenti e nei fatti. Deve guardarsi, perciò, dalle parole, che sempre, ma particolarmente in circostanze come queste, possono essere equivocate e stravolte.Dice il Salmo 33, 14-15: ' Preserva la lingua dal male, le labbra da parole bugiarde. Sta lontano dal male e fa il bene, cerca la pace e perseguila'.
Ho l'impressione che non si persegua la pace, quando non solo si dicono parole ambigue ed equivoche, ma si dicono tante 'parole bugiarde'. Ed equivoca è la decisione di inviare uomini armati delle forze armate nazionali in zone di guerra adducendo il proposito di dividere chi spara per proteggere la popolazione nella pace. La scelta delle organizzazioni internazionali di tutela della pace dovrebbe essere fortemente pacificatrice negli interventi e nelle mediazioni senza rafforzare gli schieramenti con altre armi. Non è il rischio che si annuncia, ma la certezza: solo le armi continueranno a dialogare.
Come italiano e antico costituente potrei solo aggiungere che molte menzogne si sono dette al Parlamento italiano, quando per giustificare la partecipazione delle nostre forze aereo-navali, si è fatto dire all'articolo 11 della nostra Costituzione ciò che non corrisponde né alla sua lettera, né al suo spirito, né nella prima parte, né nella seconda la quale non attenua ma conferma il ripudio della guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali. Tanto più che si è preteso ricollegare questa interpretazione a una finzione verbale e al ristabilimento di una legalità internazionale nel quadro della carta dell'Onu. La quale carta è stata in passato troppe volte, come tutti sanno, non strumento di legalità, ma di sopraffazione e di puro arbitrio egemonico: con l'aggravante che ora, in questa congiuntura, mentre formalmente in nome dell'Onu si è scatenata una guerra avviata a divenire sempre più non circoscritta ma illimitata nei fini, nei mezzi e negli sviluppi che coinvolgeranno altre popolazioni di religione diversa, l'Onu medesima si sta rendendo latitante e sembra avere abbandonato la guerra a se stessa (e forse ancor più la pace del tutto indefinita che dovrebbe seguirne), e cioè sembra aver abbandonato il conflitto all'arbitrio per così dire 'tecnico' di una delle due parti in contesa. La ringrazio per il libro che mi ha fatto avere. Mi scusi, ma non è possibile incontraci. Cordialmente, Giuseppe Dossetti». ( ... ) "


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