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Quelli dell'Unione ed il referendum
Aldo Ettore Quagliozzi - 06-06-2006
A quelli dell'Unione come me - trinariciuti nell'occasione senza rimpianto e vergogna alcuna - corre da giorni un brivido incessante lungo la schiena al solo pensiero, di certo non erroneo, che tra i quattro saggi di Lorenzago, vattelo a pesca dove possa trovarsi tale loco di ispirazione e di frescure, chiamati dalla Casa delle (il)libertà a redigere la seconda parte della costituzione della seconda o terza repubblica del bel paese, dicevo corre lungo la schiena un brivido terribile, al solo pensiero che tra quei dotti ci sia capitato, suo malgrado o meglio nostro malgrado, anche un tale, di padania provenienza, ilarmente confesso d'essere autore di altre " porcate " legislative nell'allora governo dell'egoarca di Arcore. Ed un tale fastidioso pensiero sarebbe bastevole ad essere assunto come giusto parametro di riflessione nell'imminenza della tornata referendaria che, si da il caso, non abbisogna di quorum per la sua validità, per cui anche con la partecipazione dei soliti trinariciuti dell'Unione si avrebbe un bell'effetto.
A quelli dell'Unione come me corrono brividi lungo la schiena al solo fastidioso pensiero di dover occupare, o meglio condividere, una novella bicamerale o una novella ma più ampia tricamerale con i signori della Casa delle (il)libertà, onorevoli signori che nel corso del lustro ultimo dell'egoarca di Arcore hanno preferito occupare comodamente da soli l'amplissima monocamera di governo, lasciando l'opposizione tutta, il parlamento come tale e le istituzioni, ad albergare sotto i ponti o in caritatevoli rifugi.
Sono pensieri da perenni brividi nella schiena per quelli come me dell'Unione; più dotte sono invece le argomentazioni di Furio Colombo nel suo editoriale " Cittadini ancora uno sforzo ", editoriale pubblicato sul numero della domenica del quotidiano l'Unità, e che si propone come lettura di formazione, di orientamento e di rafforzamento di quel No fatto proprio dalla variegata e chiassosa compagnia dell'Unione.

" ( ... ) Ecco i due quadri di riferimento a cui dovremo ispirarci nella campagna per il referendum. Da una parte la carta e lo spirito della Costituzione nata dalla Resistenza e dal ritorno alla libertà, una carta che in ogni suo punto prevede attentamente come impedire l´accentrarsi del potere che aveva travolto e distrutto il Paese, come attribuire una funzione centrale al Parlamento, come identificare il ruolo dei tre poteri distinti e fondamentali della democrazia (legislativo, esecutivo, giudiziario), come equilibrare il senso e il ruolo del Presidente della Repubblica con i poteri e i limiti del Presidente del Consiglio.
Dall´altro una accozzaglia di articoli sovrapposti, ciascuno elaborato da distinte isole politiche, ciascuno con una sua diversa vendetta da realizzare: vendetta contro il passato antifascista e resistenziale italiano, vendetta contro l´unità del Paese, (una serie di disposizioni distruttive in luogo della secessione), vendetta contro la nitida separazione dei poteri, in odio al potere giudiziario, vendetta contro il delicato "check and balance" della buona Costituzione del 1948, devastata con l´invenzione di un primo ministro dittatore che ha in mano il ricatto di sciogliere le Camere quando qualcuno della sua maggioranza gli dà torto, e priva il Presidente della Repubblica della sua funzione di garanzia, indispensabile al buon funzionamento della macchina democratica.
( ... ) Il gioco orwelliano di parole della destra berlusconiana qui viene osservato in pieno. E´ conservatore chi difende l´antifascismo, l´equilibrio dei poteri, la funzione centrale e integra del Parlamento, la parità di diritti di tutti i cittadini, evitando di far cadere milioni di essi nelle faglie delle aree più povere del Paese.
E´ riformista chi vuole rendere isolata e ridicola la figura del Capo dello Stato, mettere poteri stravaganti e del tutto estranei alle democrazie nelle mani del primo ministro, e costringere il Parlamento a identificarsi con la volontà dell´esecutivo, pena lo scioglimento delle Camere e il ritorno a casa di tutti i peones che non sanno stare al gioco.
E´ riformista chi sovrappone, in un gomitolo intricato e confuso, poteri locali e poteri centrali, gettando sul piatto, per buon peso, anche le polizie locali, senza riguardo all´unità del Paese, alla sua storia e al costo immane, accuratamente ignorato, di tutta l´operazione.
Ricorderete che - al momento della approvazione disciplinata e succube di quella "riforma", salutata da An con la coreografia di bandierine tricolori, stando accanto alla Lega che ha sempre raccomandato di mettere il tricolore nel cesso - il politologo Giovanni Sartori aveva definito quella stessa "riforma" (detta anche "devolution" nel dialetto della Lega), come segue: «Uno schifo, uno schifo, uno schifo!».
( ... ) In un testo di Alexander Hamilton (1787) si legge: «Il sovrapporsi e il saldarsi della volontà dell´esecutivo con quella di un parlamento sottomesso, determina la fine della democrazia e la tirannia della maggioranza».
E´ ciò che accade affidando al primo ministro il potere di sciogliere le Camere a suo piacimento e in relazione alle sue vicende politiche.
( ... ) Restano due impegni da affrontare. Sono un problema di chiarezza e un piano di organizzazione. La chiarezza richiede testi e interventi che possano coinvolgere i tanti italiani che chiedono, per partecipare, di sapere, di essere informati. Molti, troppi ancora non sanno.
L´organizzazione domanda l´impegno personale di noi tutti, ma anche il formarsi di coerenti catene di interventi, presenze, dichiarazioni, con e senza televisione. Dobbiamo tanti, tutti, lavorare a questa impresa che non è il beneficio elettorale di una parte da cui qualcuno uscirà avvantaggiato. Lo scopo è restituire all´Italia la sua Costituzione dunque la sua unità, dignità e libertà, che adesso sono in pericolo."

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 ilaria ricciotti    - 06-06-2006
Mai come in questo momento diventa doveroso per ogni cittadina e per ogni cittadino italiano che vuole vivere in uno Stato di diritto discutere ( nei negozi, dal parrucchiere, nei bar, per le piazze, nei giardini, in palestra, al mare o in montagna ed ovunque capiti) sul referendum e sui motivi per cui, il 25 ed il 26 giugno 2006, bisogna votare NO.
Ne va di mezzo l'unità del nostro Paese e con essa tutte le garanzie proprie di uno stato democratico, di una res-publica che si trasformerebbe in una res - mea, che abbiamo sperimentato a molti livelli.
Quindi per far sì che ciò non accada e trionfi una società basata sulla legalità e sulla giustizia è necessario andare a votare per il NO.