È il 28 di maggio e il tardo risveglio della natura offre alla città cielo coperto, privo di sole. Alberto e Clem, due giovani sposi vanno volentieri alla manifestazione di chi, come loro, vuole portare la sua testimonianza di rifiuto nei confronti di una democrazia che stenta a confermarsi in scelte di libertà.
Sono, come quasi tutti quelli che gremiscono la piazza, degli insegnanti di scuola e avvertono l'importanza del loro ruolo nel formare le coscienze dei giovani.
Tra poco i relatori saliranno sul palco per esporre il loro pensiero sull'andamento del paese, tormentato da eventi inspiegabili, quasi tutti rimasti impuniti e avvolti nel mistero di complicità troppo illustri perché siano svelate.
Clem tiene il figlio di pochi mesi tra le braccia e gli racconta per gioco, sussurrandogli all'orecchio, il senso del suo essere lì, insieme ad Alberto, il suo giovane sposo, per quella che lei chiama, «
la festa del coraggio». Poi Clem alza lo sguardo e nota che le nubi si stanno ammassando sulla piazza. Allora si avvicina ad Alberto, gli affida il piccolo. «
Tra poco pioverà, porta a casa il bambino».
Alberto guarda a sua volta il cielo. Non ci sono dubbi, si avvia verso casa. Non abita lontano dalla piazza e quindi pensa che la sua assenza sarà breve. Con passo spedito forse riuscirà a arrivare in tempo per l'inizio della manifestazione. Affidato il bambino alla nonna, Alberto torna correndo verso la grande piazza. Si fa largo a fatica tra la folla che ormai ha riempito le vie circostanti. Riesce a intravedere la moglie, Clem che, per via di una pioggia leggera si è riparata sotto l'arcata di un porticato. Sta per raggiungerla. È arrivato a meno di due passi da lei, tende la mano e un terribile boato lo proietta nell'aria e il suo corpo ricade quasi frantumato al suolo.
Sono morti tutti e due i miei cari Alberto e Clem. Il bambino si è salvato. Oggi ha 32 anni, la stessa età della gigantesca, irrisolta menzogna che avvolge la morte dei suoi genitori a Brescia in quel 28 maggio del 1974.
Me lo sono fatto indicare, il figlio. È lì, seduto da solo al bar che dà sulla piazza dove è avvenuta la strage che ha ucciso, nell'omertà ad alto livello istituzionale, non soltanto suo padre e sua madre, ma anche quel po' di nascente democrazia.
Pensavo di intervistarlo, di parlare con lui, ma non riesco a convincermi che sia giusto distoglierlo dalla sua solitudine e da quel suo profondo silenzio. Quale potrebbe essere la prima domanda? Nessuna. Mi allontano, pensando che Alberto e Clem siano d'accordo con la mia scelta.
Silvano Agosti