breve di cronaca
Tassare i poveri per favorire i ricchi
l'Unità - 29-03-2006
La scuola nell'èra Moratti

La lotta di classe è tornata d'attualità? Ho letto di recente alcuni articoli e mi sono inorgoglito pensando a una citazione di questa rubrica. Ma ovviamente la lotta di classe di cui si trattava era un'altra, quella classica, un concetto cardine del pensiero di Marx, ancorché oggi vagamente retrò. E infatti Giuliano Ferrara ne parla in termini provocatori. Gli risponde Michele Salvati, serio, con un fondo sul "Corriere della Sera" nel quale la liquida definitivamente, facendone dipendere la dipartita alla caduta del muro di Berlino e alla scomparsa dell'Unione Sovietica. Infine, Franco Carlini, su "il manifesto", riaccende la discussione, contestando radicalmente la posizione di Salvati e riaffermando l'esistenza e la vitalità della categoria filosofica, anche nelle moderne economie dell'immaginario e dell'immateriale.

Le nostre "lotte di classe", è chiaro, sono altro. Rappresentano una parafrasi scherzosa della celebre locuzione, né irridente né riduttiva, semplicemente un gioco di parole. Tuttavia ultimamente sto riflettendo sempre di più su questa intenzione ironica, che sostituisce alla "classe" sociale quella scolastica, perché potrebbe rivelarsi una sorta di lapsus freudiano. Un'espressione che ne tradisce inconsciamente un'altra. Se è vero che nelle società postindustriali il capitale intellettuale si va sovrapponendo a quello economico. E che ciò che un tempo poteva essere ricondotto a uno scontro fra capitale e lavoro oggi si manifesta nella disputa fra chi detiene il controllo del sapere e dei mezzi che lo divulgano e chi no.

Dei giovani trentenni, come i fondatori di Google, grazie all'invenzione di un algoritmo che ha reso il più rapido ed efficiente il loro motore di ricerca, sono diventati nel giro di qualche anno i più ricchi e potenti uomini del mondo, insieme a Bill Gates, che qualche tempo prima, avendo creato il primo programma operativo dei personal computer, si era affermato come leader mondiale del software. Un algoritmo e un programma operativo. Qualcosa che è alla portata di mano della nostra cultura, della nostra intelligenza e creatività. L'intelletto che si fa capitale, che trasferisce nel regno dell'economia ciò che classicamente, grazie all'insegnamento dei Greci, abbiamo sempre considerato svincolato dalla possibile utilizzazione pratica.

Nell'ultimo rapporto Ocse, che per noi italiani ogni volta è motivo di frustrazione, si segnala che in Europa, «il retroterra sociale svolge un ruolo maggiore nel determinare la performance di uno studente in Paesi come Germania, Francia e Italia, che negli Stati Uniti». Ciò vuol dire che da noi, come in Germania e in Francia, esiste nei fatti una sorta di "scuola di classe" e che questa peraltro frena la nostra competitività anche rispetto al sistema asiatico oltre che a quello americano dell'istruzione. In altri termini, l'Ocse ci esorta a investire nella scuola e a investire per tutti. Perché in questi paesi esiste una "predisposizione classista" e un modo «catastroficamente regressivo di finanziare le opportunità educative esistenti: tassando i poveri per sussidiare le opportunità dei ricchi», come scrive nel suo studio Andreas Schleicher, direttore del programma dell'Ocse.
Gli insegnanti di scuole periferiche questa realtà la conoscono. Spesso sono di fronte a ragazzi distratti o demotivati, inquieti e turbolenti. Che sorridono in un gesto di scherno alla "Franti". O che sfoderano un cipiglio battagliero e antagonista, sfidando i loro "educatori". Ostacolandoli in maniera silente o rumorosa. E ai quali si risponde nella maniera più semplice e repressiva, esaurendo le "lotte di classe" con la cacciata di una delle parti. Che cosa si è fatto in questi anni per combattere la mortalità scolastica, altissima in relazione al disagio sociale? Che cosa, per colmare il divario fra centro e periferia? Il finanziamento alle private non va esattamente in questa direzione. Al contrario, perpetua e rafforza una scuola classista nella quale le differenze sociali si cristallizzano, a danno dell'intera collettività. Per una volta in cui le ragioni dell'economia e quelle ideologiche e sociali dell'uguaglianza, Ocse docet, potrebbero invece, a beneficio di tutti, procedere a braccetto.

Luigi Galella

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