Risposta a Patrizia
Sandra Coronella - 07-02-2006
Ho letto in rete la lettera di Patrizia Tanda, che diverse persone fanno circolare, evidentemente condividendola.
E' una cosa che mi stupisce e che non capisco.
La lettera di Patrizia Tanda non confuta in alcun modo il programma dell'Unione, semplicemente lo condanna, ed è centrata attorno a questa affermazione:
"La mia modesta impressione è che il tutto sia aria fritta. Un volume di 270 pagine di programma non è un documento agevole o di facile lettura. Confonde le persone: è questo che si vuole? "
Sono andata a rileggermi quel programma. Le pagine dedicate alla scuola (perché credo che di questo stiamo parlando) sono 24. Davvero sembrano troppe?
Davvero la comunicazione mediatica ci ha ridotti ad aver bisogno di semplificare tutto a livello di slogan?
Non lo credo.
In quel programma ho trovato molte cose: generalizzazione di asili nido e scuola dell'infanzia, estensione del tempo pieno, ampliamento del tempo scuola, innalzamento dell'obbligo scolastico.
Vi ho trovato anche affermazioni come: porre la scuola pubblica al centro del sistema formativo, piano finanziario di investimenti nel diritto allo studio, nell'edilizia scolastica, nella sicurezza, nella formazione degli insegnanti, nell'organico funzionale.
Si parla di stabilità dei docenti e di combattere la precarietà con l'immediata copertura di tutti i posti vacanti, di ridefinire gli organi di Istituto, così come i rapporti con le autonomie locali.
Ho citato - testualmente - solo una piccola parte dei punti, e già mi sembra che attuarli sarebbe per la nostra scuola una non piccola rivoluzione.
E mi sembra sbagliato dire, come dice Patrizia, che non sono queste le risposte concrete che la gente chiede.
A me pare invece che siano proprio queste.
E che valga la pena di partire da queste, come condizioni di base senza le quali sarebbero, allora sì, aria fritta anche tante nostre discussioni, che di sicuro non finiranno con il risultato elettorale, e rispetto alle quali ancora molto ci sarà da confrontarsi e da sciogliere nodi.
Perché ciò che ad esempio non c'è nel documento, e che io avrei voluto leggerci, è l'obbligo scolastico a 18 anni.
Ma mentre lo pretendiamo mi chiedo "quale scuola" riuscirà a "tener dentro" ragazzi rispetto ai quali lo stato d'animo di tanti insegnanti è il "non si sa più che fare", per trovare motivazioni e stimoli o semplicemente per mantenere un dialogo.
E sto parlando anche del liceo, non solo del Bronx di qualche istituto professionale.
Così come dovremo discutere con chi vede nell'autonomia il peggiore dei mali, piuttosto che "luogo di responsabilità e di partecipazione", per capire se allora davvero sia meglio una scuola mera esecutrice di circolari ministeriali.
Leggo un articolo del Manifesto di ieri a proposito del convegno del Tavolo nazionale "Fermiamo la Moratti" e vedo che anche qui si discute, e mi pare che gli obiettivi che lì ci si sono posti e su cui si è trovata una voce unanime non siano poi molto differenti da quelli che ho letto nel programma dell'Unione.
E allora perché? Perché dobbiamo accettare che la cattiva politica ci sconfigga, costringendoci a una forma mentale che ci porta in partenza a diffidare di tutto ciò che è mediazione o punto di arrivo parziale piuttosto che farne una leva per andare avanti?
Nel programma dell'Unione trovo scritte anche altre cose che più di tutto mi sembrano importanti.
Si parla di "Patto con la scuola, di una grande partecipazione, poche essenziali linee guida con lo stanziamento di adeguate risorse, di intesa con le Regioni e le autonomie locali, libertà e responsabilità delle istituzioni scolastiche autonome..facendo leva sulla scuola buona che c'è, di valorizzare il lavoro degli insegnanti, il loro ruolo.....la loro funzione di intellettuali e di protagonisti di scelte chiave".
Si tratta insomma di rimettere in moto energie, di voltare decisamente pagina.
Vogliamo tradurre tutto questo in un linguaggio più semplice, più leggibile, più convincente?
Facciamolo.
Ma la realtà non è semplice e a volte semplificarla troppo gratifica forse il nostro bisogno di scelte di campo nette, ma non è detto che ci aiuti a risolvere i problemi.
Anche per questo, secondo me, alle forze politiche è importante chiedere l'impegno ad ascoltare realmente il mondo della scuola, ad attivare spazi e modalità di governo che ci permettano "dopo" di uscire da questa fase di dura resistenza e riprendere a costruire qualcosa di nuovo.
E' più importante questo che chiedere loro oggi prese di posizione che potrebbero anche essere elettoralistiche, e rischiare di dividerci, e davvero non ce n'è bisogno.

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 Anna Pizzuti    - 07-02-2006
Cara Sandra, ho espresso anche io, più volte, forti preoccupazioni rispetto a quello che potrà accadere dopo il 9 aprile; non al momento della lettura del programma dell’Unione, ma seguendo passo passo i segnali che è stato possibile cogliere in questi anni. Il documento del “buon senso” ad esempio e le varie dichiarazioni di modificabilità, ma non di abrogabilità della riforma. Insieme – per contro - all’impegno alla “cancellazione” che – se pure faticosamente - era stato preso durante il congresso dei Democratici di Sinistra ed alla dichiarata volontà abrogativa presente nei documenti congressuali della FLC.
Le preoccupazioni derivavano – e derivano – non solo dai contenuti o dal contrasto tra documenti e valutazioni, ma dalla sensazione che non si sia colto, fino in fondo, quanto di diverso – in termini di difesa e di lotta – è venuto maturando nella scuola, in questi quattro o cinque anni.
Una specie di binario con vari scambi ed incroci, lungo il quale si sono mosse, da una parte la ri/scoperta di un senso forte della scuola sedimentato negli anni passati: da Don Milani a tutta una serie di “ordinamenti” che avevano costruito una scuola certo non perfetta, ma dentro la quale cura ed innovazione si intrecciavano con una sorta di ampia “continuità progressiva”, dall’altra la consapevolezza che tutti i contenuti della riforma Moratti ed i modi in cui è stata costruita/imposta, corrispondessero ad un disegno complessivo che con quella scuola hanno ben poco a che fare.

L’immagine del binario non è causale: mi è venuta in mente non tanto pensando a due linee che non si incontrano, ma per darti l’idea di qualcosa che procede senza interrompersi e, procedendo si costruisce. Certo, a volte i sussurri – ma anche il silenzio – sono stati più pesanti delle grida, ma siamo stati lì a rintuzzare punto per punto, comma per comma, posizione per posizione la distruzione della scuola.

Da qui l’attesa di una posizione che raccogliesse, nei toni e nel linguaggio, prima ancora che nei contenuti, tutto quello che è stato costruito. Scriverla, la parola abrogazione, non avrebbe espresso, secondo me, un’intenzione puramente elettoralistica, ma avrebbe segnato l’inizio proprio di quel “patto per la scuola” di cui pure si parla nel programma. E che, sempre secondo me, per nascere o rinascere deve avere aria pura, intorno.

Certo che i punti che evidenzi sono condivisibili, ma la domanda è sempre la stessa: come si attuano “dentro” la riforma non abrogata? Le poche essenziali linee guida si sovrapporranno, si intrecceranno, si incardineranno nella confusione esistente? Le daranno ordine?

Sono d’accordo con te sul fatto che non è la lunghezza dei documenti, il problema, e che le idee hanno bisogno di spazio. E che la sintesi è un’arma a doppio taglio. Proprio per questo a me sarebbe piaciuto che fosse stato prodotto più che un programma, una sorta di libro bianco sulla scuola. Diviso in quattro parti. Nella prima un esame, punto per punto, di tutto ciò che ha reso la riforma Moratti irricevibile, nella seconda l’analisi, fondata sull’esperienza e sulla denuncia, degli aspetti delle precedenti riforme che hanno dato anche la minima giustificazione all’operato della destra (e mi riferisco ad un riesame profondo e “laico” dell’autonomia), nella terza un esame altrettanto spassionato e laico di quale sia l’autonomia di cui c’è bisogno nelle scuole. Di come si costruisca veramente “il luogo di responsabilità e partecipazione” nel quale ho creduto e credo anche io.
A questo punto la quarta parte avrebbe potuto contenere tutto quello che metti in rilievo, ma non ti sembra che, in questo modo, avrebbe avuto un significato ben diverso?

Tralascio poi un piccolo tarlo che mi ronza nella mente da quando sono venute fuori, ancor prima del programma, le varie posizioni dei responsabili scuola dei partiti. Le ho viste piuttosto “scollate” da quelle, ad esempio, dei parlamentari degli stessi partiti che nelle commissioni o nell’aula hanno contrastato la riforma. E il tarlo mi fa chiedere chi è che l’ ha scritta, quella parte del programma, o a chi toccava scriverla.

Cara Sandra, c’è un altro punto della tua risposta, che mi tocca molto: quello in cui ti interroghi su come “tenere dentro” ragazzi rispetto ai quali “non si sa più che fare”. Cinque anni persi, su questo fronte, in termini di ricerca, di studio, di creatività, di investimenti veri. Per la scuola tutta, non contro la dispersione.
E troppe soluzioni facili o demagogiche. Ma guarda però la risposta: se fosse stato vero che certi ragazzi si tengono a scuola solo con i percorsi integrati con la formazione professionale, questi sarebbero dovuti scoppiare, non i licei.
Paradossalmente, la fuga verso i licei costituisce il fenomeno più interessante da analizzare e dal quale ripartire. Perché è il segnale della persistenza di un’idea della scuola come riscatto e come crescita. Uno schiaffo, per il doppio canale, più forte di quello che la politica sia riuscita o riuscirà a dare.
Uno schiaffo, però, pagato da una generazione di ragazzi.


 da http://www.dsonline.it/aree/scuola/    - 08-02-2006
Per un ulteriore approfondimento sulle posizioni DS rispetto alla riforma Moratti ci viene segnalato il bollettino n.29 (Red).

Questo bollettino è interamente dedicato alle questioni relative al "secondo ciclo" dell'istruzione, dopo la pubblicazione sul sito del Ministero dell’Istruzione del Decreto legislativo di attuazione della Legge Moratti in materia (v. bozza DdL con note a fronte curate da Giorgio Sciotto, a pag. 18 del bollettino). L'argomento viene affrontato in modo approfondito dagli articoli di Andrea Ranieri e di Giorgio Sciotto.

Indice
Andrea Ranieri: “Una risposta chiara e coerente per delineare il futuro della scuola” (pag.2);
Giorgio Sciotto: “Secondo ciclo della Moratti” (pag. 4);

Lo schema (con note a fronte) del DL concernente la definizione di norme generali relative al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione a norma dell’art. 1 della legge 28 marzo 2003, n.53(pag.18). Il testo ufficiale è consultabile sul sito www.miur.it



 Anna Pizzuti    - 12-02-2006
Ieri mattina, in occasione della presentazione del programma, parlando della scuola, Prodi ha pronunciato queste parole:
"È chiaro che la riforma della scuola, attuata nella legislatura che si chiude, in alcuni dei suoi aspetti andrà radicalmente cambiata".
E', evidentemente, la sintesi di quanto si diceva nel programma dell'Unione, sul quale si è acceso un vivo dibattito.
Dibattito che sintetizzo (ripetendomi) con la domanda che già in tanti abbiamo posto: come si fa a modificare la legge 53 nelle parti - pur significative -indicate nei documenti programmatici, senza abrogarla?
Ieri, però, ascoltando le parole del Professore, mi sono convinta che la prospettiva della domanda vada cambiata.
Partendo dalle parole alcuni aspetti.
Mi sono chiesta: se sono alcuni gli aspetti che andranno radicalmente modificati, quali sono quelli che il futuro eventuale governo intende mantenere?
Credo che questo vada detto, per chiarezza ed onestà.
E ancora: se una legge viene "modificata", continua, però, ad essere chiamata con il suo nome.
Quindi avremo ancora una riforma della scuola chiamata "riforma Moratti"?
Ma un nome, mi dispiace doverlo ricordare, non è solo un nome, come ben sapeva anche Giulietta Capuleti.

 Oliver    - 14-02-2006
Sono d'accordo che le notizie spesso sono autodistruttive, per cortesia evitiamo di separarci su tutto. Mandiamoli via!!!