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Oggetti proibiti
Granello di sabbia - 09-01-2006
di Eduardo Galeano

Da un paio di valigie scassinate all'aeroporto di Miami in cerca di "oggetti proibiti" si dipana una riflessione ironica ed amara su altre categorie di "oggetti proibiti", come i sindacati alla WalMart, gli immigrati clandestini e la lotta contro il surriscaldamento terrestre.
La notte del Giorno dei Morti, nel novembre del 2005, io ed Helena Villagra abbiamo dovuto fare tappa all'aeroporto di Miami. Venivamo da Honduras, El Salvador e Messico. All'uscita dall'aeroporto in Messico, le nostre 4 valigie furono attentamente ispezionate davanti ai nostri occhi, da mani inguantate che le hanno frugate fin nell'ultimo cantuccio e poi le hanno spedite a Montevideo.
Fin qui tutto liscio, ma non era finita lì. Per continuare ci toccava prendere la coincidenza a Miami. Trascorremmo lì circa 40 minuti che, facendo i salti mortali, furono sufficienti per completare il calvario delle code, i questionari, le domande, le impronte digitali, le foto e lo strip-tease prima dell'imbarco.
A distanza di ore, alla fine del viaggio, scoprimmo che le nostre valigie erano state scassinate. Da una era sparito il lucchetto. Nell'altra era stata rotta la chiusura di sicurezza. All'interno trovammo, sia lodato Bush, una spiegazione. L'apertura era avvenuta a Miami.

"Oggetti Proibiti": questo era il problema. All'interno di ogni bagaglio c'era un avviso dell'Amministrazione di Sicurezza dei Trasporti degli Stati Uniti che recitava: "Il suo bagaglio è stato scelto per un'ispezione fisica. Nel corso dell'Ispezione il bagaglio ed il suo contenuto possono essere stati sottoposti ad un controllo in cerca di oggetti proibiti". E aveva anche la cortesia di ringraziare: "Grazie per la comprensione e cooperazione".
Helena ha l'abitudine, fortunata o nefasta, di vedere la realtà prima che questa avvenga. La vide mentre dormiva, poco prima che le nostre valigie subissero questo attacco di curiosità ufficiale. Ci vide in un aeroporto facendo la fila, obbligati a far passare i nostri cuscini attraverso una macchina. La macchina leggeva, nei cuscini, i sogni che avevamo sognato.
Era una macchina rivelatrice di sogni pericolosi per l'ordine pubblico.
Che hanno trovato gli agenti di sicurezza che hanno aperto le nostre valigie?
Credo che non risultarono sospette per quello che contenevano, bensì per quello che non contenevano. Le valigie non avevano armi di distruzione di massa. Per questo meritavano di essere invase. Come l'Iraq. E, per colmo dei colmi, lì dentro non solo non c'era nemmeno un oggetto di quelli che non solo non sono proibiti, bensì che sono raccomandabili e addirittura imprescindibili nella borsa di una signora e nella tasca di un signore: C'erano molti libri tra i quali, però, non figurava la raccolta completa dei discorsi del presidente del pianeta che già dai primi esordi oratori in Texas si era distinto per la sua prosa raffinata, il suo fervore mistico, la sua trasparente onestà e l'involontario senso dell'umorismo.
Gli agenti non hanno trovato, tra i nostri documenti, nessun contatto di lavoro analogo a quelli della WalMart, modello universale di successo che vieta i sindacati ed altri grattacapi nemici della produttività operaia.
Non hanno trovato nessun documento dei saggi esperti internazionali capaci di dimostrare che bisogna privatizzare addirittura la pioggia, come era accaduto in Bolivia fino a quando il suo popolo non l'ha de-privatizzata.
Non avevamo nessun trattato di libero commercio, come quelli dettati dal Paese onnipotente che mai ha praticato, né pratica una cosa siffatta.
E non portavamo con noi morsetti elettrici, né altri strumenti di tortura necessari per gli interrogatori che questo Paese ha praticato, e pratica, per promuovere la libertà di espressione.
Nelle nostre valigie non c'erano vassoi di MacDonald´s né di Burger King, né di nessun'altra azienda che ha sposato la nobile causa di lottare contro la fame moltiplicando gli obesi.
E non c'erano nemmeno automobili, il che senza dubbio deve aver richiamato l'attenzione in un Paese dove anche i neonati hanno la patente e possono appestare l'atmosfera dalla nascita senza avere nemmeno un'idea approssimativa della parola Kyoto.
Risultava rivelatrice anche l'assenza di semi transgenici, di quelli che stanno trasformando i contadini di tutto il mondo in felici funzionari della società Monsanto.
E non era meno rivelatrice l'assenza della stampa transgenica, i cuigiornalisti transgenici definiscono catastrofi naturali i quotidiani atti di terrorismo della società dei consumi.
Arrivavamo rincorsi dagli uragani. Eravamo stati in alcuni dei Paesi più colpiti da queste pazzie, cicloni, siccità, inondazioni, sempre più frequenti e feroci.
Che cos'hanno di naturale queste catastrofi ammazzapoveri? La natura è così perversa? È pazza dalla nascita? Perversa e pazza? O stiamo confondendo il carnefice con la vittima? È la natura che avvelena l'aria, intossica l'acqua, rade al suolo le foreste e manda il clima al manicomio?
In Honduras abbiamo visitato le rovine di Copán che fu uno dei regni maya misteriosamente crollati sei secoli prima della conquista spagnola. O forse non tanto misteriosamente. I ricercatori tendono a credere, con crescente certezza, che si trattò di catastrofi ecologiche. Nel caso di Copán, almeno, è chiaro che le foreste furono ridotte in deserti che davano pietre invece che frumento. Non si sta ripetendo questa storia? Solo in Honduras lo sterminio avanza ad un ritmo di 75.000 alberi al giorno, secondo la denuncia del sacerdote Andrés Tamayo, che vive al servizio del cielo e della terra.
Nelle Americhe ed in molti altri Paesi del mondo, le foreste naturali, verdi feste di diversità, vengono brutalmente ridotte al nulla o convertite in pascoli per il bestiame o in false foreste industriali che inaridiscono la terra.
Non possiamo guardarci nello specchio del passato? Forse che anche la memoria è un oggetto proibito?
Il disastro dell'uragano Stan in Chiapas si sarebbe dimezzato, dicono gli esperti, se questa regione fosse ancora difesa dalle sue foreste. A Cancún, dove Wilma non ha lasciato in piedi nulla ed ha svuotato le spiagge della loro sabbia, gli immensi mega-alberghi del business del turismo avevano annientato le dune ed i boschi di mangrovie che proteggevano queste coste.
E gli altri uragani? Queste inarrestabili folate che trascinano folle disperate da sud a nord? Sono catastrofi naturali? A Tegucigalpa, San Salvador, Oaxaca abbiamo visto donne a piedi nudi cariche di bambini, venute da villaggi lontani a fare la fila davanti all'ufficio cambi. Erano in attesa del denaro mandato dagli Stati Uniti da un marito, un fratello o un figlio.
Le disgrazie si travestono da fatalità del destino e dicono che sono naturali. È naturale che un Paese condanni i suoi figli più poveri a giocarsi la vita e ad inseguire una speranza al prezzo dell'umiliazione e dello sradicamento' In tutta l'America Latina i filantropi della Banca Mondiale hanno moltiplicato le esportazioni. Di carne umana.
Emigranti o espulsi? Molti di quelli che se ne vanno, i cosiddetti "mojados", come vengono chiamati i clandestini che attraversano la frontiera con gli Stati Uniti, si accasciano nel cammino, per la sete o per un proiettile, oppure tornano mutilati ai loro paesini di origine. Quelli che sopravvivono e approdano al paradiso promesso, si sfiancano facendo qualsiasi lavoro a qualsiasi costo, giorno e notte, affinché lontano, nel Paese che li ha espulsi, le loro famiglie spossessate della terra e del cibo possano sopravvivere.
Dura odissea.
Anche loro sono oggetti proibiti.
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