Per vincere la tristezza (a proposito del contratto)
Sandra Coronella - 03-05-2002
Il Ministero degli annunci ha colpito ancora; questa volta l'evento preannunciato è il ripristino (certamente e finalmente imposto dall'alto) della disciplina fra gli studenti .Con analoga tecnica solo poco tempo fa si erano preannunciati provvedimenti riguardo alla carriera dei docenti (ricordo che si parlò di superprof), e altre innovazioni a proposito degli esami di Stato (prove standardizzate con valutazione centralizzata).
Solo alcuni esempi, quelli che mi vengono in mente in questo momento, ma so di dimenticarne molti....
Poi - per un po' - tutto sembra tornare nel silenzio, un silenzio pericoloso, però, nel quale sembra non succedere niente ed invece succedono cose. Cose che non dovrebbero essere inaspettate, perchè diretta conseguenza di provvedimenti questa volta non solo annunciati, ma reali: gli organici che si stringono, la conseguente ridefinizione delle cattedre, i progetti che finiscono, il tempo prolungato che non si fa più, il sostegno...chissà...

Ma pare che non si possa fare altro che accettare.
E fra annunci fatti solo per sondare il terreno ed annunci veri, scatta per i più l'abito mentale della rassegnazione.

Al Senato è cominciata (ma a che punto è?) la discussione sulla non - riforma. I propositi dell'opposizione sembrano i più duri...speriamo...anche se per ora l'unico progetto alternativo presentato è quello dei verdi .
E questo un certo disagio lo crea, anche in chi sa di dover rispondere che comunque ciò che va fermato è la delega alla Moratti, e che nuovi progetti potranno esser costruiti con l'apporto di tutte le componenti...
Ma perchè un'affermazione così corretta politicamente non entusiasma, non apre il cuore alla speranza, e ha piuttosto il colore del vuoto?

Viviamo nella scuola, e credo che sia per tutti noi palpabile il senso di solitudine e di frustrazione di tutti coloro che vi lavorano, e in primo luogo degli insegnanti.

Abbandonati a fare i conti come sempre con i problemi più banali: la mancanza di strutture e di risorse, la burocrazia...e con le difficoltà profonde del fare scuola oggi, ma soprattutto costretti ad autoconvincersi di NON AVER PIU' NIENTE DA DIRE.

Gli insegnanti-oggetto, con il loro lavoro spostato, diviso, accorpato, costretti ad interrogarsi con ansia sul dove e a chi insegneranno l'anno prossimo...il che cosa e il come...sembrano (agli altri) molto meno importanti.
Gli insegnanti-bandiera, esposta dagli uni in nome di una società finalmente più severa e meno deviante, più spirituale (!), sollevata da altri in nome di una futuribile rivoluzione, calpestata nell'accusa pesante di aver fallito nel formare le giovani generazioni...

Sto scrivendo troppo.
Ma gli insegnanti sono miei amici. Lavorano dove lavoro io, litighiamo nella pausa-caffè, discutiamo nelle assemblee, partecipano alla crescita dei miei figli, hanno sfilato con me sotto gli stessi striscioni durante lo sciopero...

Inizia la discussione sul contratto.
Lo so bene che non sarà la rivoluzione.
So benissimo che solo arrivarci, ad averlo, un nuovo contratto...sarà dura.
Eppure non vorrei che fosse un contratto triste.
Sono convinta che un'idea forza, per gli insegnanti dovrebbe esserci.
Ci ho pensato, per ora ho solo un abbozzo di idea...

Credo che nel contratto dovrebbe star scritto, in qualche modo, che gli insegnanti, nel loro tempo di lavoro, hanno il diritto-dovere di progettare la scuola.
Non sto parlando delle attività aggiuntive, o del POF (anche questo, certo...).
Dico che parte integrante dell'attività di un docente, non un optional, è riflettere da solo e con gli altri sulla propria esperienza professionale.Verificare, ricercare, costruire percorsi, offrire idee e materiali a chi vuole sperimentare...

Non so in quali tempi e modi questo può configurarsi, credo i più consoni ad un lavoro che non è impiegatizio.
Nella propria scuola, ma non solo.
In luoghi reali e utilizzando le splendide possibilità della rete.

Ma credo che in qualche modo vada affermato che altrettanto importante che insegnare è fornire alla società tutta gli strumenti per capire, appunto, cosa e come si insegna, e che i docenti sono i primi su questo ad aver voce in capitolo, anche se certo in una logica che è di massima apertura verso l'esterno.
E che questo non è un hobby. e non è necessariamente volontariato.

E che vada ribaltata una logica per cui a tutti è consentito di parlare di scuola meno che a coloro che hanno scelto di farla.

Non è utopia pensare di inserire questo in un contratto.
Non è utopia rifiutare di ridurre l'orario di lavoro a quello in aula, e nello stesso tempo rifiutare di impiegatizzare tutto il resto.
Pensiamoci.
E usciamo dalla difensiva. Non stiamo parlando di burocrazia. Nè di gerarchie.


E chiediamo un'opportunità per coloro che lo desiderano e che sono disponibili, in misure forse diverse, ma potrebbe poi diventare normale per tutti.
Quanto è più bello un viaggio, quando lo condividi con altri e sei tu stesso a costruirne l'itinerario...Perchè no?
Pensiamo ai nuovi insegnanti che fra pochi anni intraprenderanno questo lavoro...
Quale prospettiva offriremo loro? Quale immagine di sè stessi dovranno prefigurarsi?


E credo che per il sindacato, sia importante percepire che - accanto all'aspetto economico che è in questa fase importantissimo per dare un segnale - c'è (ed è da tempo la nostra parola d'ordine) quello dei diritti.
Ma non sviliamo questa parola solo ad un aspetto normativo...

Il primo diritto - per chi lavora nella scuola come per tutti - è partecipare alle decisioni, essere protagonisti.
E il primo impegno, per il sindacato, dovrebbe essere dare gli strumenti per difenderlo, questo diritto, e quindi gli strumenti per costruire e approfondire oggi la propria identità professionale.

Provo a esplicitare meglio qualche idea.

Alcuni dei provvedimenti già assunti da questo governo, in primo luogo il taglio degli organici, con la saturazione delle cattedre a 18 ore e l'eliminazione degli organici funzionali hanno dato un duro colpo non solo alle prospettive di lavoro per molti precari, ma a idee e progetti (parlo della scuola superiore perchè è la realtà che conosco meglio) che erano in corso o che si pensava di realizzare.
Un po' già stiamo accorgendocene, un po' sarà più chiaro a settembre.

Come far in modo che questo non si traduca solo in rassegnazione e senso di impotenza?

Lotte e scioperi sono stati condotti e sono in corso in molte regioni, e credo che in alcuni casi si sia anche ottenuto qualcosa, ma il problema in generale resta.

Io credo che opporvisi ora significhi contestualmente difendere la scuola dell'autonomia.
Il vero senso dell'autonomia non è mai stato la possibilità di scegliere i giorni di festa o qualche attività extracurriculare.
Era invece quello di sperimentare dei percorsi didattici e di verificarne strada facendo la validità sia dal punto di vista didattico che gestionale.
Questo non si può fare senza risorse.
Le risorse non ci sono o sono notevolmente diminuite, parlo ovviamente sia di risorse economiche che umane.

E allora che facciamo?
Ci rassegnamo?

Personalmente credo di no, e credo che il discorso possa essere saldato a quello del contratto.
Occorrerebbe secondo me chiedere e inserire nel contratto risorse da destinare a coloro (singoli? gruppi? scuole?) che siano interessati e disponibili non ad attività astratte e cartacee (punto di debolezza che abbiamo scontato in passato), ma a fare attività di ricerca e sperimentazione insieme, costruire percorsi, analizzare esperienze, far nascere insomma dalla realtà viva delle scuole, ancora e più che mai, le proposte di riforma della scuola, in alternativa a quella che viene chiamata riforma e che è solo mortificazione e svilimento di ogni energia positiva.

Questo sarebbe un modo anche per arricchire la professionalità dei docenti e del personale tutto e per costruire percorsi di autoformazione.

Può essere?

sandra coronella



interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 antonella la rocca    - 05-05-2002
Leggo e condivido parola per parola, soprattutto perchè sono appena ritornata da un soggiorno in una piccola scuola svedese, e la cosa che ho maggiormente invidiato a quei colleghi era la dimensione umana del loro tempo-lavoro.
Una sala per professori con divani, tappeti e piccolo angolo cottura per farsi un caffè mentre si parla di lavoro, si fanno le riunioni; uno studiolo da condividere con tre colleghi, con tendine , computer ed internet per preparare lezioni;una giornata di lavoro dalle 8.30 alle 16.00 con pausa di h.1.30 per pranzare , mensa pagata, a casa quasi nessun lavoro.
500 euro in più di stipendio !
I nostri studenti sono più preparati dei loro , ma molto, molto meno autonomi e responsabili.