breve di cronaca
Prove Invalsi, una motivazione spuntata
Tuttoscuola - 03-12-2005
Tra la fine di novembre e i primi di dicembre l'Invalsi ha disposto le verifiche delle conoscenze e delle abilità degli studenti per tutta la scuola italiana. Come ha dichiarato il presidente dell'Invalsi, Giacomo Elias, lo scorso anno il 99,65% delle scuole aveva svolto le prove.
Anche quest'anno alcuni collegi dei docenti, sollecitati da qualche sigla sindacale, hanno deliberato di non sottoporre alle prove i loro studenti. Non interessa la rilevanza quantitativa del fenomeno, concentrato soprattutto in scuole del Piemonte e della Toscana, né è rilevante la motivazione della deliberazione di contestare un "un atto di arroganza" del Ministero, probabilmente con "un altro atto di arroganza". Interessa molto invece la motivazione di merito portata a giustificazione del gesto.

La somministrazione dell'Invalsi violerebbe il principio dell'autonomia delle scuole perché 'il ministero non ci ha ancora detto quali sono le cose essenziali che i bambini devono sapere'. Il che significa che se fosse soddisfatta la seconda condizione, sarebbe risolta la prima.
Evidentemente, quindi, per questi collegi, le scuole sarebbero più libere e autonome se il Miur stabilisse, a Frascati, sede dell'INVALSI, rigidi standard di prestazione a cui nessun allievo potrebbe sottrarsi e poi controllasse se sono stati davvero raggiunti da ogni docente in periferia.
Ma è pensabile che si possano stabilire da lontano e a priori standard di apprendimento senza partire da una seria analisi empirica degli standard effettivamente raggiunti dagli allievi nelle varie parti del paese? L'autonomia delle scuole e dei docenti d'altra parte non si esplica proprio nel determinare responsabilmente, a partire dagli Osa, gli standard di apprendimento degli obiettivi formativi delle diverse unità di apprendimento approntate per gli allievi, e nel rispondere poi delle scelte compiute e dei risultati ottenuti non solo davanti all'Invalsi, ma anche all'intera comunità sociale?
Non è che queste posizioni denotano il mancato superamento del vecchio centralismo e un deficit di cultura autonomistica da parte delle istituzioni scolastiche? Auguriamoci che non sia così, perché non sarebbe incoraggiante.

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 Laura Fineschi    - 05-12-2005
Ma che motivo c'è di sottoporre l'universo mondo a delle prove che, inevitabilmente, sono spesso somministrate con scarsa scientificità dai vicini di porta o dall'insegnante di classe stesso, purchè di un altro ambito?
Non parlo del peccato veniale di un'imbeccata (che pure non si dovrebbe fare) ma di voci ricorrenti su questionari compilati insieme da bambini ed insegnanti, in un lavoro comune.
Non avrebbe più valore un campione di scuole statisticamente significativo in cui membri del ministero stesso si facciano garanti di una corretta somministrazione? Certo, così ci sarebbero meno soldi da distribuire nel solito carrozzone ministeriale...
Perciò penso che, qualunque sia la motivazione, le scuole che si sono rifiutate di partecipare hanno fatto un favore alle casse dello Stato, diminuendone gli sprechi.