Il disagio giovanile e l'intervento scolastico
Laura Tussi - 05-11-2005
Il disagio adolescenziale ed il malessere diffuso tra i giovani, a livelli ormai preoccupanti, impongono a tutti, in primo luogo alle istituzioni, il dovere di attuare concreti provvedimenti per cercare di ridurne e, se possibile, di eliminarne le cause. L'obiettivo che dobbiamo prefiggerci è di favorire la formazione di un giovane, che da adulto troverà in se' la forza per non essere sconfitto dalla vita, per non fondare la ragione del proprio vivere sull'avere ma sull'essere se stesso, per non cercare fuori di sé, nella droga e nel rifiuto della vita, la risoluzione dei propri problemi. Da simili premesse consegue che dobbiamo rivedere, con modestia e con l'uso di tutta la ragione e di tutta la sensibilità di cui siamo capaci, anche l'insieme dei servizi sociali e sanitari che abbiamo finora creato. E' un problema sociale e culturale prima ancora d'avere anche risvolti economici. Nel nostro tempo, un'ottica clinica che consideri i disturbi comportamentali degli adolescenti in modo dinamico ed integrato con i fattori sociali ed ambientali è sempre più necessaria. Le patologie psichiche non sono solo le fredde astrazioni descritte nei trattati, ma un complesso insieme sintomatologico che risulta condizionato dalle grandi trasformazioni sociali e culturali degli ultimi decenni. Nel mondo adolescenziale e giovanile, più sensibile ed esposto ai cambiamenti, possono essere evidenziate nuove espressioni di disagio mentale e comportamentale, che, per la loro diffusione, assumono il ruolo di patologie sociali. Spesso risulta incerto il confine tra tali forme di disagio estremo con malattie mentali classiche, quali depressione e psicosi. Un numero crescente d'adolescenti e di giovani risultano alla ricerca esasperata di stimoli intensi, di sensazioni forti (sensation seeking). Molti di loro presentano una sorta d'insensibilità alle gratificazioni della quotidianità. La soglia di gratificazione sempre più alta, la scarsa capacità di provare piacere rende molti giovani anedonici, abulici, annoiati, incapaci, per di più, di saper dilazionare la fruizione degli oggetti desiderati. Solo le attività 'a rischio', straordinarie e pericolose, risultano degne d'attenzione. Tra questi giovani non è raro incontrare soggetti che esibiscono comportamenti molto rischiosi per la vita, disturbi più o meno gravi del rapporto con la realtà, isolamento con atteggiamenti antisociali e disturbi del controllo degli impulsi. Talora si evidenziano forti difficoltà a comunicare, a stabilire relazioni affettive, ad esprimere o a comprendere stati emotivi. Si vive in una sorta di deserto emozionale, con elementi residuali di comunicazione interpersonale ridotti all'espressione d'aggressività o sottomissione. In alcuni casi si registra una sostanziale incapacità ad assumersi qualsiasi responsabilità rispetto alle conseguenze delle proprie azioni, in una sorta di deserto etico, riempito da un'assoluta dipendenza dal denaro, unica misura di successo, nonché dalla cura della propria forma fisica, fine a se stessa. Il labile contatto con la realtà, può sfiorare, frequentemente, i disturbi psicopatologici più gravi della serie psicotica. Le fughe in pseudo-realtà mistiche ed in organizzazioni, sette e culti magico-misterici inducono spesso atteggiamenti regressivi di grave dipendenza psicologica, con comportamenti aberranti, autolesivi, autodistruttivi e, solitamente, incongrui rispetto al contesto socioculturale e lavorativo. Questi adolescenti senza storia e senza futuro si riducono a vivere alla giornata in un tempo soggettivo senza progettualità e senza nessuna evoluzione verso una completa maturazione sociale. La propensione all'aggressività, l'incapacità di gestire i propri impulsi, il vuoto esistenziale, l'incapacità a stabilire e mantenere relazioni affettive stabili, i disturbi ideativi e di rapporto con la realtà, presenti in molti giovani, risultano spesso indistinguibili dai segni e dai sintomi clinici propri o prodromici allo sviluppo di gravi psicopatologie, dai disturbi di personalità alle psicosi schizofreniche, dai disturbi d'ansia alle più gravi distimie. D'altro canto, il tessuto socio-relazionale ed affettivo, in cui stanno crescendo i nostri giovani, spesso molto problematico, può probabilmente favorire lo sviluppo o la slatentizzazione di forme di psicopatologia altrimenti subcliniche. Da ciò, la necessità di un forte impegno preventivo nei confronti del singolo soggetto, ma anche nei confronti delle famiglie e del contesto micro-sociale e macro-sociale, al fine di scongiurare il formarsi di un 'humus' favorevole all'insorgere di forme di disagio giovanile sempre più problematiche ed ingestibili sul piano sociale.

Fattori attuali del disagio psicologico dell'adolescente

Il compito psico-sociale, specifico della fase evolutiva adolescenziale, è la costruzione di un'identità separata, con la capacità di assumere e riprodurre dei ruoli autonomi. La costruzione di un'identità avviene in maniera relativamente semplice, naturale e senza problemi, in una struttura sociale statica o in ogni modo portatrice di modelli e valori ben definiti. In tal caso, la rivoluzione nella percezione di sé, legata alle rapide e profonde trasformazioni della pubertà e dell'adolescenza, è arginato ed instradato in modelli comportamentali ed etici, che delimitano le alternative. Senza dubbio, uno dei fattori che regolano la fluidità o la difficoltà patologica nell'affrontare questa fase evolutiva di passaggio e spesso di crisi, coincide con la disponibilità soggettiva ed oggettiva ad intraprendere delle azioni e a vivere delle esperienze in modo autonomo e separato, rispetto all'universo genitoriale. In altre parole esiste, a causa d'esperienze anticipate d'assunzioni di ruolo oppure, viceversa, a causa della non accettazione da parte dei genitori della possibilità di separazione del figlio, l'eventualità che la costruzione di un'identità autonoma è anticipata od a lungo inibita e resa problematica. Questo vuol dire che esperienze precoci d'inserimento nel lavoro e nel mondo degli adulti possono accelerare l'evoluzione dell'adolescente, ove esperienze di procrastinazione estrema di tale ingresso nella realtà adulta (come nel caso degli studenti universitari o delle lunghissime ricerche di una prima occupazione) possono prorogare, anche fino alla soglia dei trent'anni, uno status ed un vissuto da adolescente. La strutturazione del lavoro contemporanea, con la crescente richiesta di specializzazione e con la concomitante crisi nell'offerta d'impiego per i giovani, favorisce una dilatazione smisurata del "tempo" dell'adolescenza. Le problematiche della transizione adolescenziale nel figlio, legate all'elaborazione della perdita della sicurezza ed all'acquisizione di limiti di ruolo, sono per alcuni versi speculari, ma anche parallele a quelle che sono al centro della transizione e della crisi della mezza età dei genitori. E' quest'ultima, una fase d'abbandono e trasformazione di ruoli, di primo bilancio e confronto col proprio progetto o sogno personale, di presa di coscienza dei limiti della propria vita. Queste due fasi, spesso, coincidono nel tempo, fra genitori e figli, il che rende più arduo per entrambi il compito evolutivo. Infatti, mentre il genitore tende a patire per la perdita del figlio, che si rende autonomo ed esce gradualmente dalla sua vita, il figlio deve affrontare l'ulteriore ostacolo di un genitore che non è più forte e orientato al futuro, ma oppositivo, resistente e timoroso di fronte ad ogni cambiamento. In ambito clinico, il problema dell'autonomia dalle figure genitoriali, autonomia spesso negata, talora rifiutata, a volte agita come ribellione, risulta spesso centrale. La dipendenza psicologica nei confronti delle figure genitoriali e le ansie edipiche, ad essa collegate, sembrano influenzare l'evoluzione identitaria e lo sviluppo di sintomi clinici. Il vissuto di dipendenza può variare, infatti, dalla completa impotenza, conseguenza di una relazione patologica simbiotica, alle condotte oppositive di ribellione sistematica, altrettanto patologica. In sintesi, l'adolescenza contemporanea sembrerebbe caratterizzata da un progressivo dilatarsi della sua durata e da una crescente difficoltà ad assumere un'identità autonoma ed indipendente da quella genitoriale.


Bibliografia:

Adler F., Prassi e teoria della psicologia individuale, Roma 1947
Bertolini P. (1972), Il problema della gioventù socialmente disadattata, Milano Vallardi
Bertolini P., Autonomia e dipendenza nel processo formativo, Firenze, La Nuova Italia
Bertolini P., L'esistere pedagogico, La Nuova Italia, Firenze1990
Bertolini P., Ragazzi difficili, La Nuova Italia, Firenze 1993
Briosi A. Autobiografia e finzione. Quaderni di retorica e poetica, 1986
Demetrio D. Il gioco della vita, Guerini, Milano
Demetrio D. Pedagogia della memoria, Meltemi, Roma.
Galli G. Interpretazione e autobiografia, in Atti dell'Undicesimo Colloquio sull'interpretazione, Marietti, Genova 1990
Merleau-Ponty M. (1945), Fenomenologia della Percezione, Milano Il Saggiatore, trad 1980
Merleau-Ponty M., Fenomenologia della percezione, Giunti e Barbera, Firenze
Palmonari A., Identità imperfette, Il Mulino Bologna
Piussi A. M. (1989), Educare nella Differenza, Torino, Rosenberg &Sellier
Winnicott D.W., Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma 1989
Zanelli P., Uno sfondo per integrare, Cappelli, Bologna


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 Anna Di Gennaro    - 05-11-2005
Il mio commento è interamente contenuto nell'articolo sottostante:

da Corriere della Sera Lunedì, 31 Ottobre 2005

EDUCAZIONE ALLA SPERANZA
di Ermanno Paccagnini

Di fronte a quanto sta accadendo nel mondo della scuola, e nel mondo lavorativo in genere, ti rendi conto che c'è soprattutto una non-materia che chiede di essere insegnata: l'Educazione alla speranza. Il che non è compito facile, perché spesso i primi a non nutrirla sono proprio gli insegnanti, che certe vessazioni burocratico-ministeriali appesantiscono nell'impegno quotidiano.
Di qui, per dirla con le parole di uno studente, l'immagine di professori «lenti, svogliati, con passo incerto come di chi sta andando al patibolo, al mattino, quando escono dalla sala professori per andare nelle classi».
Non tutti, e neppure la maggior parte, ovviamente; anche se è realtà talora constatabile, e che incide in quella funzione fondamentale del docente che è di far capire allo studente che la scuola non è passiva acquisizione di nozioni, ma mettersi in gioco, provarsi, disponibilità verso se stessi prima ancora che verso professori e famiglia. Una disponibilità che è assunzione di responsabilità, perché - scrive Giovanni Scarafile in La vita che si cerca.
Lettera a uno studente sulla felicità dello studio (Effatà Editrice, pagg.
72, euro 5) - «uno studio che non sappia guardare all'esterno, facendosi interprete dei bisogni dell'intorno in cui si opera, è un'inutile clausura».
Ed è tale disponibilità al confronto come disponibilità alla speranza, in quanto disponibilità alla fiducia in se stesso, che il docente deve alimentare.
Pena il trasformarsi, come dice Steiner, in un «più o meno amabile becchino».

 claudia    - 07-11-2005
Nel lontano 1975, scrissi la mia tesi di laurea dal titolo "La teologia della speranza e le sue implicazioni pedagogiche". Non ci avevo più pensato. Ora, leggendo con estremo interesse i contributi di Tussi e Di Gennaro, ho rievocato con emozione la passione civile di quei tempi. Ho ripreso in mano il volume dimenticato, anche se la memoria e la prassi non hanno scordato i dibattiti e i valori del mio professore, i miei, quelli dell' università e della scuola targate anni 70. Quanti "rivolgimenti" da allora! Eppure non si muore dentro se si spera e si recupera dal passato qualcosa che vale per il futuro.
Vorrei suggerire parte della bibliografia a cui feci riferimento a quel tempo perchè mi sembra attuale per chi volesse approfondire tali temi:

C.Geffrè: Una nuova epoca della teologia (Cittadella)
J.M De Jong in Dibattito sulla teologia della speranza di Jurgen Moltmann (Queriniana)
H. Fries in Dibattito sulla teologia della speranza di Jurgen Moltmann (Queriniana)
J.Moltmann :Teologia della speranza (Queriniana)
E.Bloch: Ateismo nel Cristianesimo (Feltrinelli)
E.Bloch: Gli strati della categoria della possibilità in Filosofi tedeschi d'oggi (Il Mulino)
E.Bloch:Dialettica e speranza (Vallecchi)
J. Moltmann: Religione, rivoluzione e futuro (Queriniana)
J.B.Metz: Sulla teologia del mondo(Queriniana)
G. Girardi: Credenti e non credenti per un mondo nuovo (Cittadella)
R.Alves: Teologia della speranza umana (Queriniana)
M.L. King: La forza di amare (SEI)
N. Abbagnano: Possibilità e libertà (Taylor)
A. Banfi: La filosofia e la vita spirituale (editori Riuniti)
G.M. Bertin: Educazione alla ragione (Armando)
I. Copi: Introduzione alla logica (Il Mulino)
R. Garaudy: Progetto speranza (Cittadella)
H. Marcuse: L'uomo a una dimensione(Einaudi)
P. Freire: la pedagogia degli oppressi (Mondadori)
G. Girardi: Educare per quale società? (Cittadella)
G.M. Bertin: Educazione e alienazione(La nuova Italia)
P.Gianola: Educazione e politica (SEI)
W. Pannenberg: Il Dio della speranza (Dehoniane)
B. Mondin: Le cristologie moderne(Paoline)
G.M. Bertin: La morte di Dio (Armando)
G.M Bertin: Crisi educativa e coscienza pedagogica(Armando)
H. Schilling: Teologia e scienze dell'educazione(Armando)