breve di cronaca
L'avventura dei goliardi
Repubblica Bari - 31-10-2005
Quando all´università ci aiutava la Goliardia

All´Università di Bari, si chiamava "Supremo Goliardico Ordine di Santa Stuta". Era la Goliardia. Rappresentava la casta studentesca e si manifestava araldicamente con un tronfio blasone che, in campo argento-rosso, incorniciava una chiave e un remo. Era il rebus iconico che riassumeva una volontà ferrea espressa da un verbo erotico deciso e ineluttabile in quel futuro indicativo plurale facilmente decifrabile. Il titolo "Santa Stuta" non citava un nome di donna e invano avreste scrutinato i dizionari agiografici: non risultava, infatti, alcuna santa o beata, tanto meno vergine, detta Stuta. Il fatto è che si alludeva deliberatamente ad una locuzione dialettale praticata per indicare una posizione sessuale particolarmente ricercata del minimo Kamasutra giovanile. Oggi ben altre competenze i ragazzi possono vantare sin dalle medie e le esplicitano con cruda chiarezza, non hanno certo bisogno di simboli iniziatici. Noi si. Infatti, inquartata nello stemma, compariva una candela accompagnata da un apposito aggeggio, noto ai chierichetti, atto a smorzare i ceri liturgici e notissimo ai chierici vaganti come simbolo di altra profana mansione e di altri spegnimenti.

Era il corredo pittoresco e, immancabilmente sboccato di un gioco collettivo che, praticato da sempre, aveva la funzione di iniziazione generazionale con le sue regole grottesche, le sue liturgie carnevalesche, la sua gioia di vivere gli ultimi anni di spensieratezza prima dei rigori della vita adulta e del lavoro. "Gaudeamus igitur juvenes dum sumus" cantava l´inno ufficiale dei Goliardi.

Altri inni ed altre canzoni sarebbero impresentabili in questo contesto data la pecoreccia volgarità dell´ispirazione. Il corredo espressivo, linguistico e gestuale oggi non farebbe arrossire una conversa, allora era considerato efferato e riprovevole fuori dal corteo goliardico. Ma ai Goliardi era consentito, "semel in anno", ovviamente, tralignare dagli arcigni rigori disciplinari ed esagerare pur in quella plebea volgarità che voleva essere liberatoria. Non era ribellione, certo, era solo un simulacro di ribellione giovanilista e priva di obiettivi politici e ne ho solo una nostalgia generazionale, tuttavia non mi sento di condannarla, neanche per i suoi ludi ingordi di vino e di venere. Dopo i fasti, scarsi, ma decisivi e i nefasti, parecchi e ancora dolenti, del fatidico ´68, inteso come evento epocale e, certo, non come data, come svolta storica invasiva e sistemica, soprattutto nel gramo organismo dell´Università italiana, declinò e si spense anche la Goliardia. Di tutti i vetusti Palazzi d´inverno che bruciarono, di tutte le Bastiglie, qualcuna anche di troppo, che rovinarono nel pianeta e, segnatamente, in Italia la più illacrimata sepoltura, per dirla con uno di quei poeti oggetto di dileggio a quel tempo, toccò proprio alla Goliardia. Avvizzì e dileguò senza scalpore e senza epicedi. Da un giorno all´altro di quell´agenda fiammeggiante di scontri epocali scomparve un vecchio costume studentesco, una tradizione culturale antica, un divertimento collettivo giovanile che era germinato sin dal medioevo e, in progressive ed incessanti trasformazioni, aveva seguito ed assecondato i cambiamenti dell´Università italiana fino all´agonia degli anni sessanta che la videro ridursi ad una specie di carnevale accessorio alla vita accademica, non privo, però, di spunti divertenti e di aspetti benefici. Anche attraverso il picaresco folklore della Goliardia si percepiva la voglia del popolo studentesco di sentirsi comunità e le città che percepivano come una fortuna il fatto di dirsi universitarie per via che ospitavano Atenei, ben volentieri consentivano agli "Ordini goliardici" di spadroneggiare sporadicamente imponendo ai cittadini la divertente vessazione dei giovanili eccessi e quel tanto di baldoria implicita nella vita degli studenti.

Oggi l´Università è triste e intristita. Spesso tracima nell´esamificio. Funestata dalla folle riforma del "triennio e biennio" che l´ha trasformata in un interminabile liceo, subisce, ora, l´ennesima riforma deleteria e gli studenti non hanno certo voglia di scherzare con papiri e feste della matricola. Come dar loro torto? La vita degli Atenei è tetra e faticosa, studiare è diventato arduo, se per studiare s´intende progettare un futuro per sé e per la società, imparare, ricercare, sperimentare sono lussi consentiti a pochi. Le risorse scarseggiano, i maestri immalinconiscono, perplessi. La ribellione ha, giustamente, i colori della rivendicazione e non quelli della festa. E gli studenti hanno perso la voglia di essere giovani e di festeggiare la loro iniziazione, anche sacrificando a "Santa Stuta". C´è rimasta solo una tizia che ha voglia di scherzare, dev´essere una fuori corso, fa il deputato e si chiama Daniela Santanchè. (non è un ordine goliardico). Agli studenti incazzati (andiamo, noi dicevamo così anche prima del ´68) ha squadernato il dito medio. Goliardia pura se fosse stata alla festa della matricola. Ma era sulla porta del Parlamento della Repubblica.

Michele Mirabella
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 Rocco Peruggino    - 23-03-2007
Caro Prof Mrabella ,sono uno studente di ingegneria gestionale presso il Politecnico di Bari.Mi ha fatto molto piacere leggere il suo articolo sulla goliardia barese,peccato sia scomparsa.Io comunque sono un goliarda del Sacer OrdoTaccariellum di Ascoli Satriano (FG) e mi piacerebbe sapere qualche notizia in piu sulla goliardia barese.Se la cosa le puo far piacere il mio indirizzo e mail e' il seguente rsp81@libero.it .Cordiali saluti.Rocco Peruggino.