breve di cronaca
Corso di arabo
Corsera - 24-10-2005
«Mia figlia, italiana, ci andrà. E vorrei iscrivermi anch'io»

VOBARNO (Brescia) - Ascolta con interesse le ragioni dei lumbard, ma rifiuta di firmare la petizione: «Un corso di lingua araba per mia figlia? Perché no?» La voce fuori dal coro è di mamma Luisa Aroni. «Italiana», precisa. Così come ci tiene a sottolineare di essere sposata a un italiano e di aver avuto due figli, italiani pure loro. «Eppure - aggiunge - se potessero iscriversi anche gli adulti, avrei dato anche il mio nome. E credo di poter assicurare che mio marito avrebbe fatto altrettanto». Sa di essere «tra i pochi», la signora Luisa: «Ho sentito dire che il numero dei bambini italiani iscritti a questo corso di arabo si conta sulle punta delle dita di una mano. Al contrario invece per gli iscritti di origine extracomunitaria. E' un peccato, e nello stesso tempo è anche la dimostrazione che queste iniziative sono più che mai necessarie: se la si vuole davvero, l'integrazione, bisogna cominciare da qualche parte».

Cosa intende dire? «Abbiamo di fronte la cartina di tornasole di una situazione che rischia di esplodere. Comprendo le preoccupazioni della Lega, che sono poi le preoccupazioni di tutti noi genitori: i nostri figli stanno crescendo in una società multietnica e alzare le barriere, anche linguistiche, può solo peggiorare la situazione. Da un lato - spiega ancora la signora Luisa - c'è la paura di confrontarsi con il diverso, di imparare a conoscerlo mettendosi dalla sua parte, come se si temesse di rimanerne "contaminati"; dall'altra c'è il bisogno di identità di questi bambini italiani ma figli di stranieri: non si sentono né l'una né l'altra cosa. Credo sia bello poter dire loro che hanno una lingua e una cultura che meritano d'essere conosciute e imparate».

Sono queste le ragioni che l'hanno spinta a iscrivere sua figlia al corso? «Le motivazioni sono tante. Al centro però c'è il desiderio di offrire a mia figlia uno strumento in più, perché possa affrontare la vita in modo sereno. Vorrei potesse avere meno paura di me. Già, perché anche io vengo assalita da mille dubbi: fa specie guardarsi in giro e scoprire tanti volti diversi, parlate diverse, modi di fare e di essere diversi».

Scusi, ma due ore la settimana di lingua e cultura araba non possono certo diventare la ricetta dell'integrazione tra i popoli, non crede? «E' vero - conclude mamma Luisa - ma conta soprattutto il messaggio: "io imparo ciò che è tipico tuo" è come dire "tu vali quanto me. Siamo sullo stesso piano. Non devo avere paura di te". E viceversa, s'intende».

N. Val.


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