Le equazioni chimiche, l'Orlando furioso, i versi di Lucrezio e l'apparato digerente: tutte nozioni, tutto "mandato giù" a memoria. Così prende otto, o nove forse, se sorride un po' di più e porta la cosiddetta ricerchina. Nessuna preoccupazione per i genitori, ansiosi per il suo futuro, e così la lasceranno uscire quando vuole e lei non avrà problemi. Lisa ha 17 anni, frequenta il quarto anno di liceo ed è brava a scuola, è brava senza studiare nemmeno troppo, le piacciono le materie che studia ma non il modo in cui gliele insegnano.
A volte ha l'impressione che gli insegnanti atrofizzino la sua curiosità: vedere i suoi compagni lobotomizzati guardare il professore e annuire, la demoralizza. Nella sua classe c'è la gara al voto, sono tutti pieni di un'invidia e di una competizione incomprensibile. Chi studia di più, avrà il voto più alto, chi dice più cose, sarà il più premiato dai professori, e chi ha il voto più alto, diventa il migliore; e non importa se ha capito o no, non importa se l'argomento gli interessa o meno. E il suddetto Migliore studia tutte le materie allo stesso modo, e per loro va bene così. Che il suo studio non sia consapevole è ormai irrilevante: primeggia, e questo basta.
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E la cosa più assurda -dice Lisa -
è che gli insegnanti sembrano incoraggiare questa competizione che a volte diventa addirittura crudele".
Lisa è sfortunatamente capitata in prima fila, ma vicino alla finestra e, talvolta, durante la spiegazione stanca di un professore annoiato, il suo pensiero vola fuori, da tutt'altra parte, tra le righe di quel bel libro letto l'ora prima, alla ricerca di quella creatività e quello spirito d'iniziativa che la scuola le ha un po' spento. Le tornano ripetutamente in testa le frasi di un libro letto qualche anno prima e tanto amato:
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Okay. Tutto mi dice di essere forte, determinato negli scopi, capace di andare avanti nella Vita, ma se uno sente che è arrivato il momento di cambiare un po' rotta o anche solo il bisogno di fermarsi a ragionare sul serio per proprio conto?Voglio dire: e i cazzi di sette e mezzo in latino, per esempio, che da semplici strumenti sono diventati una specie di fine ultimo?...Insomma, a quanto ne so dovrei studiare per strappare un titolo di studio che a sua volta mi permetta di strappare un buon lavoro che a sua volta mi consenta di strappare abbastanza soldi per strappare una qualche cavolo di serenità tutta guerreggiata e ferita e massacrata dagli sforzi inauditi per raggiungerla. Cioè, uno dei fini ultimi è questa cavolo di serenità martoriata. Il ragionamento è così. Non ci vuole un genio.
E allora, perché dovrei sacrificare i momenti di serenità che mi vengono incontro spontaneamente lungo la strada?Perché dovrei buttarli in un pozzo, se fanno parte anche loro del fine a cui tendere? Se un pomeriggio posso andare a suonare o uscire con una ragazza che mi piace, perché cavolo devo starmene in casa a trascrivere le versioni dal traduttore o far finta di leggere il sunto di filosofia? La realtà è che mi trovo costretto a sacrificare il me diciassettenne felice di oggi pomeriggio a un eventuale me stesso calvo e sovrappeso, cinquantenne soddisfatto, che apre la porta del garage col comando a distanza e dentro c'ha una bella macchina, una moglie e due figli gemelli con i capelli a caschetto identici in tutto ai bambini nazisti della kinder.[...]Dunque la domanda è: un orrore di queste proporzioni vale più del sole e del gelato di oggi pomeriggio?Più di qualunque ragazza?"
...Certo il protagonista di questo libro è un lui, ma Lisa si ritrovava terribilmente in questo ragionamento. Pensava alle piccole rinunce che aveva fatto per lo studio: il corso di dizione che le sarebbe tanto piaciuto frequentare, le uscite serali durante la settimana...Ne valeva davvero la pena? Alla fine forse sì, ma il dubbio rimane...e se invece?...Ecco, il professore l'ha vista e la riprende: la testa piegata di lato, gli occhi persi nel vuoto e il sorriso ebete la tradiscono e smentiscono la sua mano che lentamente finge di prendere appunti. D'accordo, scusi, lo so, non si fa. Bisogna mantenere un buon voto in condotta e continuare ad apparire bravi e interessati ai loro occhi. Ma oggi non è proprio giornata di stare attenti e perdendosi tra gli alberi e il cielo Lisa ripensa ai racconti di sua nonna, che era costretta ad andare a scuola nascondendosi nei fossi per la paura dei bombardamenti e il tono agghiacciante con cui ricorda le punizioni della maestra: bacchettate sulle mani o, per gli studenti meno diligenti, l'obbligo a passare la mattina in ginocchio sui fagioli, in un paesino sperduto della montagna abruzzese...punizioni del genere ora non sono più concesse, ma la logica non le sembra che sia cambiata troppo...certo è strano: nonostante questa sorta di tortura sua nonna si rammarica ancora di non aver potuto continuare a studiare oltre la quinta elementare e dice che lei non si rende conto della fortuna che ha. Lisa ricorda poi i racconti di suo padre, sessantottino un po' nostalgico, che ripensa alle loro contestazioni, che avevano tutt'altro sapore, al loro obiettivo di realizzare una scuola senza distinzioni di classe, in cui la cultura non fosse merce barattata, ma occasione di crescita alla portata di tutti, con consapevolezza e coerenza. Quando era in prima superiore, dopo la prima manifestazione, suo padre le aveva fatto vedere una foto di una loro manifestazione e dei volantini che avevano scritto durante un'occupazione: "
...l'assemblea ha deciso di occupare il Liceo e di farne un campo antiautoritario dove gli studenti possano impostare una controscuola antiautoritaria, dove la didattica tradizionale sia sostituita dal lavoro culturale e politico, eliminando la formazione individualista ed egoista dello studente tipica della scuola di classe e autoritaria italiana". Parole forti, certo, ma piene di speranza, speranza che Lisa vedeva anche negli occhi dei ragazzi della foto. Eppure la formazione individualista dello studente a lei sembrava che ci fosse ancora, eccome...nessuna collaborazione, nessun aiuto. C'era addirittura chi offriva dei soldi per poter copiare i compiti; certo se i nostri governanti sostengono che sia il primo modo per imparare a fare affari, non c'è da stupirsi. Quanti pensieri le frullano per la testa, forse per colpa del sole che gioca a nascondino con le foglie, e il professore continua a guardarla male. Basta, è l'una e un'altra giornata è finita. Meno uno. Quella lancetta che segna l'ora è proprio un sollievo.
Ma Lisa non vuole darsi per vinta, anzi, è convinta che un altro mondo, un'altra scuola, siano ancora possibili. Anzi, è proprio convinta che ci siano, là fuori, un altro mondo e un'altra scuola. Una scuola basata sulla riflessione, sul ragionamento comune, collettivo, sulla condivisione. Una scuola in cui l'insegnante si sieda tra gli alunni, mettendosi lui per primo in discussione, come se ogni volta che spiegasse, imparasse anche lui per la prima volta.
Forse sono solo speranze inconcepibili, forse è solo tutto un'utopia, ma Lisa ha solo 17 anni e a quest'età non si è autorizzati a distruggere un sogno così bello, così giusto.
Virginia Mariani - 22-10-2005
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... miserere nobis!
ma ancora, come Martin Luther King, "I have a dream".
Hasta la victoria siempre!
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