tam tam |  espressioni  |
Con licenza parlando
l'Espresso - 24-10-2005
Agli inizi del 1991, parlando della Guerra del Golfo, avevo spiegato che il 'fuoco amico' è "la bomba che ti tira addosso per sbaglio uno stronzo che porta la tua stessa divisa". Forse oggi, dopo il caso Calipari, i lettori sarebbero più sensibili al fatto che di fuoco amico si muore; ma 15 anni fa moltissimi reagirono non all'immoralità del fuoco amico bensì all'immoralità della parola 'stronzo'. C'erano state molte lettere di lettori e, se ricordo bene, anche critiche su altri giornali, a tal punto che ero stato costretto a scrivere una successiva Bustina in cui ricordavo quanto illustri autori della nostra letteratura avessero usato parole consimili.

In 15 anni il costume cambia e Rizzoli può permettersi oggi di pubblicare 'Stronzate' di Harry G. Frankfurt (6 euro e si legge in un'ora). Frankfurt è professore emerito di filosofia mi pare a Princeton e l'italiano 'stronzate' traduce, in quanto a funzionalità, il titolo inglese di 'Bullshit' che, sostantivo usato talora in funzione verbale, significa letteralmente 'merda di toro', ma viene usato nelle stesse situazioni in cui in italiano si userebbe stronzata o stronzate.

Credo che si possa definire stronzata anche qualcosa per cui non valeva la pena di spendere denaro perché non funziona ("Questo cavaturaccioli elettronico è una stronzata") ma più comunemente si applica il termine a qualcosa che viene affermato, detto, comunicato: "Hai detto una stronzata, quel film è una vera stronzata". Ed è sulla stronzata eminentemente semiotica che si sofferma Frankfurt, partendo da una definizione che un altro filosofo, Max Black, aveva dato di 'sciocchezza' (nel senso di stupidaggine o fesseria) come "falsa rappresentazione ingannevole, pur senza giungere alla menzogna, soprattutto per mezzo di parole o atti pretenziosi, dei propri pensieri, sentimenti o atteggiamenti".

Dovete sapere che i filosofi americani sono molto sensibili al problema della verità dei nostri enunciati, tanto che passano il tempo a chiedersi se sia vero o falso dire che Ulisse è tornato a Itaca, dal momento che Ulisse non è mai esistito. Per Frankfurt si tratta dunque, primo, di definire in che senso una stronzata sia cosa più forte di una sciocchezza e, secondo, che cosa significhi fornire una falsa rappresentazione di qualcosa senza mentire.

Per l'ultimo problema non c'è che da ricorrere alla vasta letteratura in argomento da Agostino a oggi: chi mente sa che ciò che dice non è vero, e lo dice per ingannare. Chi dice il falso senza sapere che è una falsità, poveretto, non mente, semplicemente si sbaglia, o è matto. Suppongo che se qualcuno, credendoci, dicesse che il sole gira intorno alla terra, noi diremmo che ha detto una sciocchezza, e persino una stronzata. Ma nella definizione di Black sta il fatto che chi dice una sciocchezza lo fa per fornire una falsa interpretazione non solo della realtà esterna ma anche dei propri pensieri, sentimenti e atteggiamenti.

Questo accade anche a chi mente: uno che dice di avere cento euro in tasca (e non è vero) non solo lo fa per fare credere che in tasca sua ci sono cento euro ma anche per convincerci che lui crede di avere cento euro. Ma Frankfurt chiarisce che, a differenza delle menzogne, le sciocchezze hanno come fine primario non quello di fornire una falsa credenza rispetto allo stato di cose di cui si parla, ma piuttosto una falsa impressione di ciò che avviene nella mente del parlante. Questo essendo il fine delle sciocchezze, esse non raggiungerebbero lo stato di menzogna perché, per usare un esempio di Frankfurt, un presidente degli Stati Uniti può usare espressioni bolsamente retoriche sul fatto che i Padri Fondatori erano guidati da Dio, non per diffondere credenze che lui sa false ma per dare l'impressione di essere persona pia e amante della Patria.

Quello che caratterizza la stronzata rispetto alla sciocchezza è che essa è una affermazione certamente errata, pronunciata per far credere qualcosa di noi, ma chi parla non si preoccupa affatto di sapere se dice il vero o il falso. "Quello che di sé ci nasconde chi racconta stronzate è che i valori di verità delle sue asserzioni non sono al centro del suo interesse.". Affermazioni del genere fanno subito rizzare le orecchie, e infatti Frankfurt conferma i nostri peggiori sospetti: "I campi della pubblicità e delle pubbliche relazioni e quello, oggi strettamente correlato, della politica, sono pieni di stronzate così assolute da essere diventati ormai indiscussi paradigmi del concetto". Il fine della stronzata non è neppure quello di ingannare su degli stati di cose, è quello di fare colpo su uditori dalle scarse capacità di distinguere il vero dal falso - o anch'essi disinteressati a queste sfumature. Credo che chi pronuncia stronzate confidi anche nella debole memoria del suo uditorio, il che gli consente anche di dire stronzate a catena che si contraddicono tra loro: "Il produttore di stronzate. cerca sempre, in un modo o nell'altro, di passarla liscia".

Umberto Eco
  discussione chiusa  condividi pdf