Torno a casa dalla redazione di
scintilla sulla mia
tipo grigia
- cara
tipo grigia sporca e graffiata, dentro e fuori, sopra e sotto.
Questo è uno dei suoi ultimi viaggi: la settimana prossima arriverà a casa una nuova macchina, non ho ben capito neanche il modello.
Insolito che mi affezioni a un oggetto, ma devo confessare che questa macchina mi mancherà. In fin dei conti va ancora! Non capisco proprio... per qualche rumorino, qualche vibrazione... mai nessuna macchina avrà la sua grinta!... mi godo il fruscio di ricerca di sintonia della radio tra una stazione e l'altra: io la radio la odio: "
in cabina", "
a tenerci compagnia" pimpanti rompipalle che non perdono mai un colpo, con tutto sotto controllo e sempre qualcosa da dire, per quel che dicono poi: «"
depilato o natural?" tira ancora il "
tipo da spiaggia"? tu che amante sei?». Troppe virgolette per i miei gusti, parlano come una rivista "
trendy", poi la pubblicità, tutti che urlano cose a velocità stratosferica evanescenti come cose urlate a velocità stratosferica.
Comunque non sono innervosito, questo è un periodo fantastico di impegno e fermento,
scintilla è tornata alla grande e io mi ci sono tuffato a capofitto. Sono due giorni che scrivo, e poi ho quella tranquillità carmica da pensiero assente.
Intanto percorro il ring verso sud, qui devo uscire verso San Polo, un'occhiata allo specchietto... già è caduto, come una foglia secca.
-
Forza Ronzinante! -
Urlo delle gomme lisce al segnale verde.
Sto pensando a Iskra, ho deciso che sarà lei il soggetto del mio brano sul primo numero, la sua vicenda mi ha colpito tantissimo, non che sia strana o nuova o impensabile, anzi.
Letto. Suona la sveglia. Spengo la sveglia, 8.30. Otto e mezza?! Già, l'intervista. Stamattina devo incontrare Iskra a Brescia: una colazione o un pranzo o una colazione e un pranzo. Mano a mano che mi sveglio recupero anche tutta la mia lucidità e i progetti per la giornata... Nadja! Quella matta mi ha chiamato a mezzanotte per invitarmi da lei a Trento. La adoro. In tempo da record, lavato, vestito e con l'indispensabile per la sopravvivenza, sono alla fermata della corriera, io e il mio fedele tascapane nero - sì proprio un feticcio scippato al sessantotto -.
Montichiari-Brescia: tre quarti d'ora circa, d'estate anche trentacinque minuti. Mi è sempre piaciuto andare in città in corriera: mi dà il tempo per pensare, per adattarmi al cambiamento di contesto, è un periodo di ozio necessario per il mio bioritmo: quando andavo al liceo mi serviva per ponderare scientificamente se, data la stanchezza pendolare, l'irritabilità nei confronti dei professori di giornata e il mio livello di preparazione, fosse il caso o meno di entrare a scuola, e se sì, a che ora? E una volta dentro a che ora uscire? Domande non banali, questioni di non facile soluzione a cui tre quarti d'ora sono appena sufficienti per rispondere in maniera seria.
Arrivato ho comunque mezz'ora di attesa prima che arrivi Iskra, ne approfitto per fare il biglietto per Trento da un bigliettaio quanto mai cosciente della propria antipatia, poi mi dirigo con tutta calma verso la stazione delle corriere dove ho appuntamento con Iskra.
«
Avviso ai signori utenti: si segnala la possibile presenza di borseggiatori: si invita a prestare attenzione!» La stazione delle corse dal nord-est della provincia è una galleria di cento metri, buia e sporca, a due passi dalla stazione dei treni, il classico posto dove ti aspetti sempre di vedere uno stupro o un borseggio con sparatoria e morto annesso. Mai visto nulla che neppure si avvicini a tanta violenza da queste parti, ma qui la gente si ostina a sfoggiare le espressioni più minacciose del tipo
sì-ma-sono-più-cattivo-di-te.
Credo che spesso la mala fama dei posti sia mantenuta viva solo da terrificanti avvisi ai signori utenti e da terrorizzati utenti che, obbligati colà alla sosta, sfoderano come difesa l'impropria arma di un muso duro di legittima aggressione.
«Oh, ciao, sei arrivata» baci e abbracci, decidiamo di incamminarci verso il centro della città e di imbucarci nel primo bar carino. Sono decisamente più imbarazzato io della mia intervistata, mi sembra di farle una violenza nel porre domande personali a lei che in fin dei conti delle mie questioni personali non sa un bel niente, come se fossi in una posizione avvantaggiata, come se le stessi tendendo un agguato dall'alto di un canyon dove i suoi eventuali colpi non possono raggiungermi. Decido che per ovviare al problema avrei condiviso qualche impressione personale nel corso dell'intervista, ma i miei imbarazzi vengono frantumati dalla tranquillità della mia ospite: parla in modo accattivante e fluente, affronta tantissime questioni lanciandomi così tanti stimoli che sono io a doverla interrompere per dare un ordine ai miei pensieri e ai miei appunti.
«
Innanzi tutto presentati».
«
Iskra, quindici anni».
«
Scusa, prendi qualcosa? Io devo ancora fare colazione».
Un te freddo, "
niente brioche?" "
niente brioche", sta seguendo una particolare dieta fatta di autoprivazioni gratuite che le è stata suggerita dal giudizio reale o presunto del dr. chiunque.
Iskra è una bella ragazza, ben lontana dalla necessità di una dieta dimagrante, ma non uno di quegli anoressici manichini alla moda, sufficientemente morbida per risultarmi simpatica e altrettanto intelligente per fare dell'auto-ironia su questa sua imposizione alimentare.
Inizio con la domanda forse più banale: «
Che valutazioni hai avuto nella tua carriera scolastica?», ma mi aspetto che divaghi e mi racconti invece le sue mille curiosità.
Alla redazione scorsa l'idea di scrivere di lei mi è venuta sentendola leggere gli articoli che aveva preparato durante l'estate. Sono stato folgorato dalla vivacità delle riflessioni che portava e mi sono detto che se lei, con una simile vitalità intellettuale era stata bocciata all'Arnaldo, quella vecchia scuola rimaneva una garanzia e forse avremmo dovuto recuperare l'elenco degli altri bocciati per trovare i nostri collaboratori.
Iskra, come l'Arnaldo, non mi delude: «
alle elementari andavo molto bene, le maestre mi portavano a esempio nelle classi più avanzate ecc. ecc., tutti mi dicevano che sarei dovuta andare al liceo classico». "
La scuola le piaceva?", "
sì, le piaceva", leggeva una volta e poi raccontava quello che si ricordava. Alle elementari Iskra era sia brava che buona secondo il giudizio istituzionale, una secchiona per i compagni, ma a lei interessava solo divertirsi e appassionarsi nel raccontare agli altri di quel che leggeva, già me la immagino in un interrogazione di storia che si confonde tra quel che ha letto e quel che ha sognato e ci infila dentro un drago strabico e mago pazzo. La cosa che le riusciva meglio erano le composizioni libere dove poteva sfogare la sua fantasia. Né brava, né buona, direi piuttosto incuriosita.
Adattarsi alla scuola
Se alle elementari le bastarono la facilità d'ap-prendimento e un po' di curiosità, alle medie le cose si complicano. La curiosità di Iskra si sposta fuori dalla scuola, nel riascoltare nozioni su cui è già stata interrogata alle elementari non trova stimoli, le interessano invece quei ragazzi che si attardano all'ingresso della scuola quando la campanella è già suonata: sono così diversi da lei. Per un po' riesce a dare retta a sua madre e al buonsenso del paese fascio-leghista in cui vive e sta loro alla larga perché fumano, vanno male a scuola, di sicuro dopo la terza media andranno a lavorare, e poi, sono camorristi - vi prego di prestare attenzione perché questo è un passaggio cruciale di fine intelligenza -: i loro genitori sono del sud emigrano al nord vuol dire che là non possono più restare, è chiaro, perché sono camorristi!
Insomma la nostra Iskra prende una sbandata per un gruppo di ragazzi evidentemente più liberi, per cui la scuola non è un obbligo, ma un ostacolo che a pensarci bene si può anche aggirare. Passi lì dentro i tuoi tre anni come se fosse la naja, fai più casino possibile così magari ti diverti e di sicuro ti cacciano fuori con un calcio in culo per "
cattiva condotta" e tu li hai fregati: dritto al lavoro a guadagnarti il divertimento che ti spetta senza aver mai dato la soddisfazione di piegarti, mai, neanche davanti al preside. Certo magari ti rimane quell'amaro in bocca di essere additato da tutti, di essere sempre cacciato dall'aula, anche quella volta che invece eri interessato, magari qualche volta ci piangerai pure sopra perché la maestra a quelli bravi sembra quasi gli voglia bene, perché forse tu non avrai preso la scuola come un obbligo, ma anche la scuola ha fatto altrettanto con te.
«
Alle medie - dice Iskra -
siamo diventati tutti arrivisti», nessuna curiosità da parte degli studenti, nessun interesse da parte degli insegnanti; gli studenti si passano i bigliettini e non fanno i compiti, i professori (perché alle medie sono professori!) cacciano dall'aula e bocciano a settembre, con un segno rosso a fianco del nome sul registro: ognuno nel suo ruolo, non riuscendo a fuggire alla scuola, ne cade vittima e cerca di adattarvisi nel modo meno compromettente possibile.
In fin dei conti la nostra Iskra svicola, e svicola bene: a fine medie se ne va con un bel distinto raccolto con una tesina scaricata completamente da internet che non ha mai neanche letto, come dalla prima media inventa, inventa i libri che non è riuscita a leggere per le vacanze, inventa per la tesina un Messico tutto suo, un Messico che ha visto, ma che non ha letto su nessun libro di testo, con Che Guevara "
scrive quello che i suoi occhi hanno raccontato" e, ultimo ma non meno importante, inventa internet!
La scuola è così, ti chiede di ripetere quello che lei già sa, la scuola non cresce mai, non migliora, non si arricchisce, ma è come se giocasse a ping pong contro il muro: tira una pallina di nozioni alla "
spera-in-dio", chi la prende la prende, chi capisce capisce e si attende che le ritorni una pallina di nozioni quanto più simile a quella scagliata. Certo da parte del corpo docenti c'è la matematica certezza che nessuno rilanci mai una copia perfetta della docente pallina progenitrice, «
Sono anni che faccio questo lavoro, chi sa le cose che dico meglio di me?!», quindi immaginate lo stupore di vedesi tornare una pallina non uguale, ma totalmente diversa: «
Magna arrogantia! Due, sei andata fuori tema!» oppure, con aria distinta: «
Internet? Venga avanti messere, mostri il suo volto, posso provare anch'io? Sortilegio!».
Non tutte le scuole escono col buco
I primi cinque anni di scuola hanno il fascino della novità, i tre anni di medie sono di comoda sopportazione grazie alla pochezza dei metodi didattici, ma le superiori non hanno vie d'uscita. Le maglie della rete qui sono fresche, ben curate e guardate a vista da buoni guardiani.
La nostra cara ragazzina di campagna arriva in città entusiasta, gente interessante, mille esperienze, cose mai viste, ma non sa ancora che il liceo classico è scuola per pochi. L'Arnaldo è sì scuola di massa, ma non per tutti, in questo istituto (ma credo che sia nel dna del liceo classico), si mantiene viva la muschiosa arroganza di essere la scuola per eccellenza, la scuola überscuola, non adatta a tutti. Già nelle sciocche formalità, tanto per complicare le cose e rendersi sempre meno accessibile, il classico mantiene incomprensibili riferimenti a un passato monarchico - è mai possibile che si inizi in quarta e si finisca in terza? come cazzo contano? -, ma forse la separazione tra ginnasio e liceo non è casuale, i primi due anni infatti sono una zona di quarantena, un filtro prima della sancta sanctorum della cultura italiana: il vero e unico liceo, classico, di razza purissima dove solo i più meritevoli per onori scolastici o nobiliari e, è vero, qualche plebeo ignorante particolarmente ostinato possono accedere. Il ginnasio sono due anni terribili in cui si mandano a memoria quantità disumane di nozioni interessantissime come regole grammaticali e fonetiche di lingue che più nessuno parla e forse nessuno ha mai parlato, il tutto condito da professori che con fare snob ti insinuano di continuo il tarlo del «
forse il classico non è la tua scuola» o del «
certa gente dovrebbe capire da sé se non è portato per una certa scuola» - notare una certa allusività -.
Insomma chi sopravvive a questa prolungata e istituzionalizzata mortificazione è idoneo a frequentare il liceo classico, in questo caso l'Arnaldo da Brescia. In elegante palazzo settecentesco, a due passi da Corso Zanardelli, secolare covo di arnaldini. È solo una tautologia apparente, in quella scuola sopravvivono dinastie secolari: cognomi che si ripetono più e più volte per più e più generazioni da una parte e dall'altra della cattedra, cognomi che si cercano e soppesano amicizie e familiarità da una parte all'altra della cattedra in un'aura di malsana eternità, antiche tenzoni professore-alunno che si perpetuano nelle generazioni impossessandosi di bis bis nipoti tra le mura dello stesso teatro macabro, una dannata immortalità carica del rumore di pesanti catene trascinate.
Questo aspetta la nostra Iskra, ma lei non lo sa. Pensa di essere furba, ma non lo è a sufficienza, con declinazioni e coniugazioni non si svicola inventando o raccontando, questa scuola sembra non avere buchi da cui scappare.
Lei è piena di vitalità e voglia di fare, capire, conoscere, ma il liceo no, così, non potendo trovare stimoli in questa scuola come non mai staccata dalla realtà e dalla sua realtà, si costruisce un suo personalissimo percorso di studi.
"
Lotta comunista": corso di sette mesi con assemblee di fanta-geopolitica, vendita del giornale porta a porta e frequenti telefonate inopportune - quando scopre che il Giappone minaccia l'invasione in forze dell'Italia fugge con un gruppo arecrisna.
"
Atlantide": mentre cerca l' ufficio del suo santone di riferimento si imbatte in un volantino della Sinistra Giovanile e decide di aderirvi, se non che - la ragazza non è poi tanto sveglia - si presenta per l'incontro di Atlantide presso la vecchia sede della CGIL, ora questura, Crisna, benevolo, la fa imbattere in un angelo che la porta in via Folonari. Scopre che l'angelo ha un doppio fine: partecipa al MSB.
"
MSB": sta per Movimento Studentesco Bresciano.
Solo in seguito la nostra pellegrina approda alle calme acque di
scintilla, dove, provata dai numerosi travagli di un anno di ginnasio, attende la bocciatura.
«
Ti sei iscritta di nuovo all'Arnaldo?»
Mi risponde che sì, il liceo classico è proprio la sua scuola.
S'è fatto mezzogiorno e abbiamo finito di parlarci. «
Se vai verso la stazione facciamo la strada assieme». Stazione. Baci e abbracci, ciao a presto.
Schizzo sul mio binario eccitatissimo, ho già un'idea di come scrivere il racconto e voglio parlarne con Nadja, passaggio fondamentale per un buon articolo. Trento è più lontana del solito e piano piano il sonno mi vince.
C.P. - 20-12-2007
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Sono una dei plebei che ha frequentato l'Arnaldo. Sono stata la prima della mia famiglia, e per ora l'unica. Ho studiato quella serie infinita di nozioni, declinazioni, coniugazioni, irregolarità cui fa riferimento l'articolo, e devo dire che mi è anche piaciuto. Ho patito le pene dell'inferno al Ginnasio, il Liceo non è stato meno difficile. Credo però che anche le altre scuole riservino i loro ostacoli. Non mi sono sentita discriminata o torturata, lo spazio per la mia curiosità c'è stato, ed è stato anche di qualità. Ora, proprio grazie a quel percorso, agli stimoli che hanno arricchito la mia mente, sto diventando anche io un'insegnante.
L'Arnaldo è un mostro sacro solo per chi si ferma alla sua storia, in realtà è veramente un'ottima scuola, certamente difficile, certamente non è per tutti, ma lo si può dire di qualunque istituto superiore. Il classico è legato al passato, ma è un passato che si proietta sul futuro, che forma e accresce. Socrate, Platone, Cicerone sono ancora dei validi maestri di vita. Dalla letteratura dell'antichità deriva tutta la letteratura successiva, all'origine sta il mito classico, dopo tutto, perché spiega l'umanità, i suoi crucci e i suoi problemi, che ritornano continuamente nella storia.
Tutto in realtà dipende dal tipo di professore, dalla sua capacità di trasmettere passione e curiosità, e non dalla scuola in sé. L'Arnaldo vanta degli ottimi educatori, ricchi di difetti, come tutti, ma comunque validi, i miei insegnanti lo sono stati. Non demonizzerei quindi il nostro liceo cittadino, tetro fuori, ma luminoso nelle aule di chi sa insegnare davvero. |