Incontro con Maurizio Maggiani
Milena Mencarelli - 14-10-2005
Ho incontrato Maurizio Maggiani per caso, in una assolata e afosa giornata estiva, lungo i binari di un'altrettanto assolata e calda stazione.
Il coraggio, o meglio, l'impudenza di avvicinarlo, mi è venuta così, improvvisamente e spontaneamente, quasi si trattasse di un amico ritrovato.
Mi sono congratulata con lui per la recente vittoria al Premio Strega, ma non era questo che avrei voluto dirgli...avrei voluto invece parlare di quello che mi passava in quel momento per la testa, così semplicemente, proprio come si fa con un vecchio amico.
Una volta tornata a casa ho avuto il tempo di arrossire per quella mia sfacciataggine e, per cercare di porvi rimedio, gli ho scritto una mail.
Ma la mia propensione alla petulanza è invece aumentata ed ho avuto l'ardire di chiedergli, per conto del sito di Telepax, addirittura un'intervista.
.....E Maurizio mi ha risposto.
Nonostante stia attraversando un periodo difficile e triste, Maggiani mi ha invitato a casa sua, per fare due chiacchiere.
E così eccomi qui, a premere il pulsante del citofono di casa sua.
Maggiani mi accoglie e mi fa salire alla terrazza che ricopre il tetto della sua casa alla Spezia: al centro dello spazio esposto al sole una grande e vecchia bagnarola, con dentro un ulivo carico di olive quasi mature.
E' un ulivo al quale Maggiani dedica molte cure: è facile immaginare lo scrittore mentre, con un paio di vecchie cesoie, attende all'arte delicata e fine della potatura.
Il posto d'onore che lo scrittore ha riservato alla pianta sembra alludere al bisogno di radicarsi, di mettere radici in un posto dove trovar riparo, dove trovare "sostio".
Ci sediamo sotto la frescura di un bersò, fra rose e gardenie fiorite, intorno ad un tavolo.
Maggiani, l'ho notato subito, ha avuto una giornata no; ma tant'è, ormai sono lì e sono pronta ad infierire, sottoponendolo alla prima delle proposte di riflessione che mi ero preparata.
Non ho il registratore con me, quindi quello che riporterò è solo il frutto della mia memoria, probabilmente alterato da impressioni, emozioni e suggestioni del tutto personali.
Ma, d'altra parte, anche "Il viaggiatore notturno" ha a che fare con la trascrizione di una narrazione orale, è un raccontare a memoria ciò che è stato vissuto.
"Ascoltate...", così comincia l'ultimo libro di Maggiani ed io, come il cantastorie tagil, cercherò di raccontare quello che ho visto, quello che ho sentito, lassù, sulla terrazza al centro dell'Universo, chiedendo si accolga, con amicizia, la mia incompleta ed imperfetta trascrizione.


Intervistatrice: Tu racconti che tuo padre non aveva molte parole, ma ti diceva "zoga, ti che te po zogar", dopo averti costruito giocattoli con le sue mani.
Zoga, magna, studia.
La conoscenza, la gioia, la salute e la pace sono l'unica vera ricchezza, le uniche cose importanti per poter vivere e non sopravvivere. Tu dici: "Non ho una filosofia o una linea politica, ma conosco la materia della pace, che è poter crescere e vivere in salute, nella conoscenza e nella gioiosità". Questi diritti sono sempre rispettati?

Maurizio Maggiani: Rilancio a te la domanda.
Sono sempre rispettati questi diritti? Nelle diverse parti del mondo possono essere rispettati uno, due o più di questi diritti; ma ci sono anche parti del mondo dove tutti questi diritti sono negati.
E nel nostro paese ?
I bambini, oggi, vedono garantito quello fondamentale alla gioiosità? Diritto alla gioiosità, diritto di vivere speranzosi, fiduciosi, liberi, pur anche di spaccarsi la testa?
I nostri bambini hanno spazio per vivere, per giocare, per fare scoperte? Sono padroni del territorio come lo eravamo noi da piccoli?
Una delle ragioni per cui mi piace abitare in questa casa è che qui, ancora, i bambini giocano in strada.
Noi garantiamo ai nostri bambini la soddisfazione di bisogni, non di diritti.
E i bisogni crescono sempre di più, facendo aumentare le insoddisfazioni.
Ci sono parti del mondo dove i bambini non piangono quasi mai: a loro basta siano soddisfatti i bisogni necessari alla sopravvivenza ( e, quando non sono soddisfatti, non hanno nemmeno la forza di piangere...). In queste parti del mondo la vita è più semplice nei villaggi (dove le urgenze sono quelle fondamentali) che nelle città (dove i bisogni sono indotti e crescono a dismisura).
I bambini di oggi crescono senza più nessuno che dica loro che cosa fare; i bambini della mia generazione, invece, imparavano molto presto delle cose importanti per vivere, perché qualcuno aveva cura di insegnargliele, appena possibile.
Da piccolo ho ricevuto in dono un paio di cesoie per potare; potare non era un gioco, ma un'arte, con delle regole precise da rispettare.
Ai bambini di oggi mancano le regole; l'educazione ora è sommaria, mentre quella che ricevevamo noi era un'educazione netta, fatta di norme, da seguire o contrastare.
Io ho imparato a capire mio padre tardi nell'età mia. Per molto tempo della mia giovinezza, e lo trovo giusto e necessario, ho contrastato la strada che mio padre mi indicava, mi son messo per strada scegliendo accuratamente la direzione a lui più lontana e ignota.
E' la mancanza di una bussola, da consultare o meno, che genera oggi confusione e aggressività, quell'aggressività che è la forma più diffusa, il sintomo del panico.

Intervistatrice: Nel tuo ultimo libro tu parli della ricerca continua della bellezza, anche in tempo di guerra. La condivisione del dolore, il farci compagnia nel dolore, lo specchiarsi ed il trovarsi: questo è bellezza per te. Pensi che sia possibile e praticabile una educazione alla pace, che possa concorrere a far prevalere il linguaggio della poesia e della bellezza su quello della violenza?

Maurizio Maggiani: Che cos'è l'educazione alla pace? Non credo ad un'educazione alla pace intesa come una delle tante educazioni.
Educazione alla pace, per me, è anche ricerca della bellezza, anche in tempo di guerra e testimoniare la bellezza è un dovere etico.
Fare la pace, fare. Fare bene le cose, "a regola d'arte", come diceva mio padre: una cosa ben fatta è utile bellezza.
E' importante la ricerca della bellezza: mi dispiace che a scuola, ad esempio, non si insegni più la "bella scrittura".
Oggi i bambini hanno a scuola il computer: anche il computer può aiutare alla ricerca della bellezza,
penso, ad esempio, a quanto sia importante la scelta del carattere con cui scrivere....
Fare bene le cose, mettere attenzione e cura in tutto ciò che si fa, anche nel lavoro più umile, anche impegnandosi in una relazione amorosa, o nella fatica del ruolo genitoriale.
A scuola, per esempio, le insegnanti sono terrorizzate dall'assunzione di responsabilità.
La bellezza va anche conservata, ci vuole responsabilità per la manutenzione della bellezza.
Dobbiamo curare, come meglio possono le nostre mani, ciò che amiamo, per farlo crescere in epoche più floride.
Io vedo intorno a noi, purtroppo, corti orizzonti; gli uomini distruggeranno il mondo in cui vivono.
La strada che porta qui, a casa mia, era famosa per la bellezza delle sue scalinate; guardate ora, invece, in che stato sono.
In una via appena riqualificata del centro cittadino, davanti al museo che dovrebbe dar lustro alla città, ci sono due vasi con piante di palme: sono piante sofferenti, asfittiche, l'emblema della desolazione, dell'abbandono e della sciatteria.

Intervistatrice:Tu hai detto che il tuo fine è raccontare delle storie, che hanno lo scopo di dare voce a chi voce non ha, perché una vita senza voce è una vita cui non si rende giustizia.
"Signore donate il pane
a noi che abbiamo fame
e donate la sete e la fame
a noi che abbiamo il pane."
L'importanza quindi dell'ascolto (anche degli sguardi) e del racconto, l'importanza della passione e della compassione....

Maurizio Maggiani: Sì, Milena, è sempre successo così, così da qualche migliaio di anni: che qualcuno si faccia una passione di ciò che ha visto, toccato, sentito, e la sua si fa una passione così grande da compiere il miracolo di darsi voce. Voce dell'anima, canzone, così che la gente che passa accanto si ferma ad ascoltare, con orecchie palpitanti di curiosità e amore.
E' la passione che dà senso alla vita; e la compassione è condivisione della passione: è la pìetas latina.
Pìetas è dunque farsi carico, farsi carico, ad esempio, di una persona amata e proteggerla dalla desolazione dell'incertezza e della solitudine, è la cura che l'uomo deve rendere all'uomo. Dividere la passione, condividere la passione; mettere a disposizione la tua passione per qualcosa o qualcuno, porre la tua passione nel cuore della città.
Fare una scelta e della scelta compiuta farsene una passione. Ma chi può dire che la tua passione abbia più valore della mia? Il metro etico te lo può fornire solo la comunità, la cultura, anche se le idee giuste sono sempre idee semplici da capire, le cose buone trovano sempre un modo semplice per essere fatte.



Vorrei raccontare a Maggiani la storia di Rime, una sedicenne di Jibla, una città dello Yemen in cui il tempo pare essersi fermato qualche centinaia di anni fa.
Rime ha una passione: imparare l'italiano. Ma il diritto alla conoscenza le è negato e, nonostante la sua vivace intelligenza e l'ardente curiosità, a lei è riservato solo un futuro già scritto da altri.
Vorrei dunque raccontargli la storia di Rime, ma, porgendogli la foto della ragazza, la mia voce si incrina.
Ma Maggiani conosce bene realtà come queste, realtà che, solo sessant'anni fa, erano la norma anche nel nostro paese.
Con schiettezza e semplicità mi dice che Rime, almeno, va a scuola, sa leggere e scrivere e che la sua forza, che è riuscita ad mettere radici in un terreno poco fertile, crescerà ancora e si trasmetterà ai suoi figli, che vivranno in orizzonti più vasti.

Dalla terrazza di Maggiani si può contemplare, ora, il tramonto sul golfo della Spezia, un tramonto stordito di colori.
Si è alzato il vento, il vento della sera.
E il fresco della sera nuoce a chi soffre di mal di schiena: è ora di salutare il mio cortese ospite, ha sopportato anche troppo questa intrusione nella sua intimità.
Mentre mi conduce via dalla terrazza, si accorge che le sue rose marezzate non stanno bene oggi: forse hanno bisogno di acqua.
Hai ragione Maurizio: è questo l'essenziale, fare le cose "a regola d'arte", mettere attenzione in ciò che si fa "..è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante...Tu sei responsabile della tua rosa" .
Dopo i saluti discendo con calma le scalinate che mi riporteranno laggiù, verso la stazione della Spezia: è proprio vero, le aiuole non ci sono più, o meglio, sono occupate da erba secca e arbusti intristiti; anche camminando qui è difficile trovare la bellezza, non vale la pena fermarsi.
Anche se, come Maggiani ci insegna, la bellezza non può essere uccisa, solo deturpata, e chi sa guardare con occhi giusti troverà bellissime anche certe cicatrici.

Un treno transita sui binari dove ho incontrato Maurizio Maggiani quest'estate: Antoine de Saint-Exupery diceva che gli adulti, sul treno, dormono, o, tutt'al più, sbadigliano.
Sul treno che lo accompagna spesso nella sua erranza, Maggiani forse, come i bambini, vorrebbe schiacciare ancora il naso contro i vetri del finestrino.

Milena Mencarelli
La Spezia, 30 settembre 2005



Maurizio Maggiani è nato a Castelnuovo Magra (SP) nel 1951.

Si è fatto conoscere come scrittore nel 1987, vincendo il concorso per la narrativa del settimanale "L''Espresso".
Ha pubblicato in seguito altre opere narrative:
"Màuri, Màuri" (1989),
"Vi ho già tutti sognato una volta (1990),
"Felice alla guerra" (1990)
e poi "Il coraggio del pettirosso" , con il quale nel 1995 ha vinto il Premio Viareggio - Rèpaci per la narrativa e il premio Selezione Campiello.
In seguito Maurizio Maggiani ha pubblicato "La regina disadorna" (1997), per cui ha ricevuto il Premio Alassio e il Premio Stresa per la narrativa.
Successivamente "E' stata una vertigine" (2003)
e "Il viaggiatore notturno" (2005), con il quale ha vinto il Premio Strega 2005.
Ha scritto racconti su riviste italiane, spagnole, francesi, tedesche e inglesi.
E' editorialista per "Il secolo XIX" e scrive per "La Stampa".

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