breve di cronaca
Nuova intervista ad Andrea Ranieri
L' Unità - 10-10-2005
Non basta dire abroghiamo la Moratti
«Sei progetti per rifare la scuola»


RINALDA CARATI

«La politica della scuola e dell'università del governo di centro destra? Un fallimento rispetto agli obiettivi che loro stessi si proponevano», dice Andrea Ranieri, responsabile Scuola Università e Ricerca Ds.

A che punto siamo nell'Unione?

«Mi pare che sia avviata una discussione importante. Tutti abbiamo capito che non basta dire "abrogare la Moratti": bisogna rovesciare la deriva politica e culturale in cui lei stava portando la scuola e l'università italiana. La prima cosa è riprendere un processo di riforma; alcuni problemi veri,sono preesistenti alla legge Moratti che non ha fatto che enfatizzare le tendenze più negative della nostra scuola e farne un sistema. Sono anni che la scuola non funziona più come canale di mobilità sociale. Alla fine della scuola media il 70% di chi ha uno dei genitori laureato ha probabilità di prendere distinto/ottimo, contro il 20% di chi non ce l'ha. Anche le diversità di rendimento del sistema al nord e al sud sono ancora pesanti».

È un nodo difficile.

«Si tratta di scegliere una serie di obiettivi coerenti: dobbiamo costruire una scuola di qualità ma anche assolutamente inclusiva. Tra vent'anni i giovani saranno quattro milioni e mezzo in meno di quelli fra i 20 e i 40 anni di oggi, non possiamo sprecarne nemmeno uno. E non possiamo nemmeno sprecare gli adulti perché anche i 40/55enni saranno meno. Questo è l'asse del ragionamento: formazione per tutta la vita, che premi il merito ma non sprechi nessuno».

I punti essenziali del programma?

Punti semplici e chiari. Primo, una scuola dell'infanzia generalizzata, a valenza educativa e non solo assistenziale. Tutti i dati ci dicono che la dispersione scolastica è più forte dove non esiste una buona scuola dell'infanzia, e questo è il primo tassello di una politica che voglia colpire la marginalità sociale, il primo tassello della abrogazione della Moratti. Secondo: elementari e medie devono essere concepite come parti di uno stesso percorso didattico, perché è nel passaggio tra elementari e medie che il rendimento dei nostri ragazzi cala. E va ristabilito il tempo pieno, essenziale per decondizionare dai dati socioculturali di origine. Terzo: portare l'obbligo scolastico subito a sedici anni. Nella prospettiva di aumentarlo. Ma questa è la misura di più sostanziale abrogazione della Moratti:mette al bando la canalizzazione precoce.

Perché non subito a 18 anni?

Ci sono condizioni socioeconomiche del paese che non lo permettono. E l'importante è conquistare le condizioni di successo a scuola dei ragazzi. La stessa conferenza di Lisbona ha dato come indicatore per i paesi europei il numero dei diplomati: l'85% entro il 2006. In Italia siamo al 70%. Mi sentirei di dire che vogliamo - se andiamo al governo - che entro il 2010 l'85% dei ragazzi siano diplomati. Per farlo, bisogna che almeno fino al biennio stiano tutti a scuola e una elaborazione pedagogica, didattica e culturale, la valorizzazione delle intelligenze di tutti. Quarto: rifiutare il duale anche nel percorso delle superiori: la distinzione tra licei da una parte e percorsi professionalizzanti dall'altra va battuta. E l'istruzione tecnico professionale va valorizzata perché è stata forse il più grande canale di mobilità sociale di questi anni. Quinto: un serio sistema di educazione degli adulti. In Italia abbiamo il più basso tasso di occupazione delle persone sopra i 55 anni, soprattutto per la mancanza di un sistema di riqualificazione delle competenze scolastiche e professionali.

Un gran lavoro per viale Trastevere...

Queste cose non si fanno da viale Trastevere: noi dobbiamo fare pochi provvedimenti, assolutamente chiari, il meno invasivi possibile. E poi bisogna scommettere sulla autonomia scolastica e sulla autonomia universitaria. Bisogna avere obiettivi e standard nazionali uguali da Palermo alla Brianza, anzi se possibile a Bruxelles, ma il modo di raggiungerli deve essere il più possibile affidato alla progettazione delle scuole, insieme a enti locali e regioni. Anche sulla scuola il riformismo dall'alto non è più possibile: penso a una riforma che abbia fiducia nella gente della scuola, devono essere loro i protagonisti. Quindi l'altro tassello è la valorizzazione della professionalità insegnante, salariale e sociale. Tutto sommato questo governo tappa ancora i buchi, noi se saremo al governo dovremo risolvere in 5 anni alle radici il problema del precariato e porre il problema della professionalità insegnante della scuola dell'autonomia. Insomma penso a una riforma che sappia valorizzare al meglio il meglio dell'esperienza delle scuole. E a un governo che sappia essere sponda, e non ostacolo, al processo di trasformazione e di cambiamento.

Leggi qui la precedente intervista

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 Anna Pizzuti    - 10-10-2005
L' intervista rilasciata da Ranieri apparentemente sembra fare dei passi avanti, mentre, a mio avviso, crea ancora più confusione e fastidio.
La politica della scuola e dell’università del governo di centro destra? Un fallimento rispetto agli obiettivi che loro stessi si proponevano” esordisce Ranieri.
Parlare di fallimento di obiettivi in relazione alla politica del centrodestra sulla scuola e non di obiettivi inaccettabili è un errore di prospettiva che, da solo, basterebbe a far abbandonare qualsiasi speranza che, cambiato il governo, per la scuola possa cambiare qualcosa. Suggerirei quindi a Ranieri di rileggersi le dichiarazioni programmatichedel ministro, risalenti al luglio del 2001, perchè constati come già da queste – con l’enfatizzazione del ruolo delle famiglie e della funzione educativa delle imprese, nonché dalla manifesta ignoranza dell’esistenza dell’istruzione professionale – fosse prevedibile quello che è accaduto in seguito.
Mi pare che sia avviata una discussione importante. Tutti abbiamo capito che non basta dire “abrogare la Moratti”: bisogna rovesciare la deriva politica e culturale in cui lei stava portando la scuola e l’università italiana”.
Tutti chi? E poi: certo, non basta dirlo. Ma dirlo è necessario. Anche per Ranieri, altrimenti i punti che lui presenta non stanno proprio in piedi. Se ne rende conto lui stesso
I punti essenziali del programma? gli viene chiesto.
Punti semplici e chiari risponde. Primo, una scuola dell’infanzia generalizzata, a valenza educativa e non solo assistenziale. Tutti i dati ci dicono che la dispersione scolastica è più forte dove non esiste una buona scuola dell’infanzia, e questo è il primo tassello di una politica che voglia colpire la marginalità sociale, il primo tassello della abrogazione della Moratti. Secondo: elementari e medie devono essere concepite come parti di uno stesso percorso didattico, perché è nel passaggio tra elementari e medie che il rendimento dei nostri ragazzi cala. E va ristabilito il tempo pieno, essenziale per decondizionare dai dati socioculturali di origine. Terzo: portare l’obbligo scolastico subito a sedici anni. Nella prospettiva di aumentarlo. Ma questa è la misura di più sostanziale abrogazione della Moratti: mette al bando la canalizzazione precoce.
Su questo aspetto Ranieri torna anche illustrando il quarto punto del suo programma: rifiutare il duale anche nel percorso delle superiori: la distinzione tra licei da una parte e percorsi professionalizzanti dall’altra va battuta
Insomma, sembra di capire: la legge 53 va abrogata ( o battuta!)senza che sia abrogata. Va abrogata “sostanzialmente” non realmente. E qui non si comprende se la speranza è che tutto cambi perché tutto resti come prima, o il contrario: che tutto resti come prima affinché si possa cambiare.
Al di là delle battute, però, ci sono da fare osservazioni più serie. Anzi, una serie di domande dirette a Ranieri.
Come si può realizzare quello che lui dice, senza abrogare la riforma: la legge delega e tutti, dico tutti, i decreti attuativi?
Come si può ristabilire il tempo pieno, senza abrogare il decreto n. 59 e la circolare n. 29? Insieme beninteso, alle Indicazioni che del decreto sono parte integrante? Come si può innalzare l’obbligo, anche solo a 16 anni, senza abrogare parte dell’articolo 7 delle legge ed il decreto sul diritto – dovere e quello sull’alternanza? Come si può rifiutare la canalizzazione precoce senza abrogare commi su commi dell’art. 2 della legge 53? E con il decreto sul secondo ciclo, come la mettiamo? Può venire a Ranieri il sospetto che questo decreto – integrato con il parere della Conferenza Stato Regioni che ne modifica (o meglio che migliora) gli articoli 27 e 28 - o lo si abroga o ci sono tutti i presupposti istituzionali perché sia mantenuto?
Noi dobbiamo fare pochi provvedimenti, assolutamente chiari, il meno invasivi possibile conclude Ranieri.
Provvedimenti non invasivi, certo (e cosa ci sarebbe di meno invasivo di una abrogazione?) ma che, soprattutto, scaturiscano da posizioni non così evasive.

 Red    - 10-10-2005
Tuttoscuola riassume le tappe autunnali della Riforma:

ll Consiglio dei ministri di giovedi' prossimo dovra' approvare gli ultimi due decreti legislativi di attuazione della riforma Moratti, pena la loro decadenza.
Scade infatti lunedi' 17 ottobre il termine ultimo fissato dalla legge (proroga della delega iniziale di 24 mesi) per adottare i decreti legislativi mancanti per completare il quadro della riforma del sistema di istruzione e formazione.
I due decreti mancanti sono, come e' noto, quelli relativi all'attuazione dell'art. 5 della legge delega (formazione e reclutamento degli insegnanti) e al secondo ciclo di istruzione e formazione.
Entrambi i provvedimenti stanno concludendo l'iter consultivo e mancano solamente del parere della Commissione istruzione della Camera, dopo l'espressione di parere da parte del Senato avvenuto nei giorni scorsi.
In base all'ordine dei lavori parlamentari, il parere finale, accompagnato da una serie di osservazioni gia' proposte dai due relatori di maggioranza (on. Napoli per il decreto sulla formazione-reclutamento dei docenti, on. Garagnani per quello sul 2° ciclo), dovrebbe essere espresso martedi' 11 ottobre, ormai in “zona Cesarini”.
Dopo essere adottati dal Consiglio dei ministri, i due provvedimenti dovranno essere promulgati dal Capo dello Stato (prima decade di novembre?) e poi pubblicati definitivamente in Gazzetta Ufficiale (ultima decade di novembre?).
A quel punto la Moratti potrebbe brindare per il coronamento di un'impresa su cui non molti quattro anni fa erano disposti a scommettere. Ma ben sapendo che, approvati i decreti di definizione delle linee ordinamentali, l'attuazione della riforma e' ancora tutta (o quasi) da fare. E va ricordato che le indicazioni nazionali che hanno accompagnato la rivisitazione del primo ciclo d'istruzione hanno ancora carattere provvisorio in attesa della loro definizione secondo le regole indicate dalla stessa legge di riforma.


 gp    - 11-10-2005
(..)"Secondo: elementari e medie devono essere concepite come parti di uno stesso percorso didattico, perché è nel passaggio tra elementari e medie che il rendimento dei nostri ragazzi cala. (...)"

E' la stessa concezione di Berlinguer che aveva risolto il dilemma con una addizione: cinque (anni di scuola elementare) più tre (di scuola media) uguale ... sette.

E allora Andrea Ranieri sia chiaro: è la legge n. 30 di Berlinguer che l'Unione ha in mente di rispolverare?

 da l'Unità    - 11-10-2005
Primo: abrogare la Moratti (con i disastri non si scherza)


Domenica in Piazza del Popolo le parole scuola e istruzione sono state ripetute tante volte. Come ha osservato dal palco Mariangela Melato un paese che non investe nella scuola, nell'istruzione, è un paese che considera la cultura un di più, qualcosa di non indispensabile e anche di poco utile. È così che la disattenzione e l'incuria che da sempre caratterizzano l'azione del governo Berlusconi nei confronti della scuola, dell'istruzione, della ricerca, si sono riversate oggi sullo spettacolo, sull'arte e sulla cultura; quasi a suggellare, con un doppio nodo nero, il destino comune di tutti gli elementi che rappresentano più evidentemente l'identità di un paese. Tutto ciò in cui - secondo quei politici - l'Italia merita di identificarsi è evidentemente il sorriso finto e stereotipato delle veline o la raffinata capacità di mentire e di aggredire mentendo che molti esibiscono nello spettacolo triste dell'urlo e dello sberleffo cui ci hanno abituati e che impropriamente chiamano politica. Per questo ancora di più mi insospettiscono, mi inquietano le dichiarazioni di quella parte dell'opposizione che ha preso le distanze rispetto all'eventuale abrogazione della cosiddetta riforma Moratti, qualora fosse il centrosinistra a vincere le elezioni. Nessuno crede che quella italiana prima dell'era Berlusconi fosse la migliore scuola possibile. E nessuno pensa - come ha detto Andrea Ranieri qualche giorno fa - che abrogare la Moratti sia l'unico provvedimento da prendere. Perché non sarebbe risolutivo, perché lascerebbe irrisolti alcuni punti critici che caratterizzano la scuola italiana da molto prima che la Moratti tentasse di smantellarla. Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista da sempre chiedono l'abrogazione della legge, ma lavorano da sempre per un modello di scuola alternativo. I primi hanno addirittura presentato un disegno di legge lo scorso anno. Romano Prodi al Palaeur parlò di abrogazione della legge come priorità del centrosinistra. E credo che Prodi - non solo per la sua esperienza politica, ma soprattutto grazie alla sua formazione di docente universitario - abbia perfettamente chiare quelle che erano le criticità della scuola italiana, che la «cura Moratti» ha semplicemente reso più drammatiche. La riforma Moratti, in più, ha sovrapposto un apparato ideologico - basato su una lettura elitaria e socialmente determinata, che poi non significa altro che antitesi della scuola pubblica - su un sistema che già scricchiolava; e che perciò ha preso ad ondeggiare drammaticamente. La riforma Moratti ha spalmato dosi eccessive di ignoranza e di integralismo cattolico su una organizzazione dei contenuti delle discipline scolastiche che già erano stati abbassati negli standard, con obiettivi sempre più modesti. La riforma Moratti ha tentato di intaccare modelli organizzativi del lavoro dei docenti (l'insegnante prevalente rispetto al team di insegnanti alle elementari; la svalutazione delle compresenze tra docenti) che mortificano una condizione professionale - in tutti gli ordini di scuola - che già precedentemente aveva perso molta della propria autorevolezza: colpa della sempre maggiore precarizzazione; colpa della categoria, certamente; ma colpa anche di una classe politica che non ha saputo e voluto valorizzarla adeguatamente. Abolire la riforma Moratti sarebbe un atto dovuto, se le cose andassero bene per il centrosinistra e se il centrosinistra - come speriamo e come siamo sicuri che sia - ha a cuore le sorti del sistema dell'istruzione del Paese. Non significherebbe dimenticare l'urgenza della generalizzazione della scuola materna; l'importanza di ripensare la scuola media, a detta di molti il punto più critico del sistema italiano; tralasciare l'innalzamento (quello vero, reale) dell'obbligo scolastico, strumento di civiltà e di crescita del paese; non potenziare ulteriormente l'istruzione elementare; non intervenire sulla valorizzazione dell'istruzione tecnico professionale. Non significherebbe infine evitare di interrogarsi su quali conoscenze, competenze e capacità dovranno avere coloro che lasciano la scuola per affrontare il mondo del lavoro o intraprendere il percorso universitario. Vorrebbe dire, invece, ripartire, mettere mano a tutti questi e ad altri problemi con un progetto di scuola che archivi in via definitiva ogni tentativo di stigmatizzare attraverso il percorso scolastico le provenienze sociali; di divaricare i percorsi sulla base del diritto di nascita; di evitare di rimuovere gli ostacoli che impediscono la completa crescita culturale e morale dei futuri cittadini italiani; di non valorizzare professionalità e competenze che molti di noi mettono quotidianamente al servizio dei propri studenti e della nostra società. Per fare tutto ciò è importante credere in una riforma che non piova dall'alto, ma che ascolti attentamente, con pazienza, disponibilità e sincero spirito di collaborazione la voce del mondo della scuola. Tutti insieme: politica, sindacato, associazioni e - soprattutto - insegnanti, studenti, lavoratori della scuola.

Marina Boscaino