Anna Pizzuti - 06-10-2005 |
Nel mio terzo serale ho quest’anno una ragazza albanese, molto bella e dolcissima. Si chiama Edjola ed io ci tenevo molto a ricordare il suo nome. Impegno purtroppo disatteso già dal primo giorno di scuola. Alla mia incertezza risponde “Mi chiamo Edda; ho deciso così, perché nessuno ricorda il mio nome”. Mortificata dalla lezione, l’ho subito appreso – il nome vero - e lo pronuncio ogni volta che posso, come messaggio di riconoscimento per lei e come regola per gli altri. Non solo con il nome esotico di Edjola, però, ho avuto problemi. In realtà sovrapporre, confondere è stata una mia caratteristica. Mi sono trovata di fronte reazioni simili a quelle descritte dall’autore dell’articolo, ma mi è accaduto anche qualcosa di diverso. Per quattro anni ho chiamato Angela una Daniela. Analizzando il problema insieme a lei, le ho confessato che l’unica giustificazione per l’errore stava in un mio cortocircuito mentale: la forma del viso, i capelli, il colore degli occhi me la facevano associare ad uno degli angeli dipinti da Benozzo Gozzoli. Daniela ha accettato il suo nuovo nome, al punto che, quando ci siamo rincontrate, anni dopo, di fronte alla mia espressione persa : “Sono Dan … stava per dire, ma poi no Angela” ha scelto e mi ha fatto uno dei regali più belli – l’affettuosa accettazione - che ho ricevuto, da insegnante. L'articolo di Galella, però, è stato per me come un sasso nell'acqua, che ad anelli aggiunge anelli. Da quattro anni una delle mie principali occupazioni è quella di seguire l’affannoso ed affannato percorso della riforma Moratti, penetrandola – direi – come posso, in tutti i suoi meandri e smascherandola – sempre come posso - passaggio per passaggio, comma per comma. Con passione, certo, ma senza potermi impedire di sentire l’aridità, la mancanza di anima che questo tipo di analisi finisce per contagiare, quasi per un effetto alone. Di avvertirle come un tradimento, che da linguistico rischia di diventare emotivo, della passione stessa. Passione per la scuola, dico, e per i nomi/identità/destino di ciascun singolo alunno, ragazzo o adulto che sia. La scuola reale la cui stessa identità/destino viene messa in discussione a partire dal nome che le si dà. Identità/destino messe a rischio anche dalla confusione che regna tra gli oppositori alla riforma. Confusione, ambiguità, che nascondono un arroccamento per me incomprensibile, che leggo – e vivo - con una profonda rabbia (non uso mai questa parola, la detesto, ma ora è quella giusta). Non cerco un appiattimento, un “dimenticarsi di sé” impossibile ed ingiusto. Ma avevo creduto che questi anni di lotta avrebbero creato ed insegnato un nuovo modo di stare insieme, fondando l’identità/complessità su una base comune: l’ascolto. Tra di noi. Conservare il proprio nome/identità, ma riconoscere anche quella dell’altro. Una rete, mi sembrava dovesse e potesse essere la forma nuova di lotta: i cui nodi fossero i ruoli ed i luoghi – istituzionali o meno – di ciascuno,capaci di creare voci, non voce, comuni. Ciascuno risorsa per l’altro. Mi chiedo – piuttosto disperata - se siamo ancora in tempo. |
giancarlo - 29-11-2005 |
Caro Luigi, io mi trovo nella tua stessa situazione.non riesco a ricordare nè i nomi nè i cognomi dei miei alunni ma in più non sono per niente fisionomista. Ricordo perfettamente,anche a distanza di anni la persona e tutto ciò di cui abbiamo parlato (se interessante) ma ASSOLUTAMENTE niente del suo viso a meno che non abbia una particolare espressione. Ma questo mi accadeva anche da piccolino, pensa che io ricordo tutti i miei piccoli amici ma solo nelle loro espressioni ma non i volti. Questa situazione mi crea problemi a scuola e per tutto quello che anche tu hai notato ma pensa che io da piccolino, a scuola, non ricordavo il cognome di quasi tutti i miei piccoli compagni. Ti prego non pensare che magari sono un pò tonto, tanto per rassicurarti sonono laureato in matematica e anche in sociologia. Io per ricordare dei numeri devo razionalizzarli ad esempio 80423 io lo ricordo in questo modo 8:4 =2 e dopo il 2 c'è il tre. sembra complicato ma per me è l'unico modo di ricordare, ma questo non mi è possibile per i volti. Che sia un problema psicologico visto che mi accompagna dall'età della ragione. |