Anna Di Gennaro - 05-10-2005 |
Segnalo l'editoriale dell'associazione DIESSE, particolarmente significativo, a cura del presidente Roberto Persico, il primo ad aprire lo sportello di ascolto per docenti, esttamente un anno fa. Da www.diesse.org 5 OTTOBRE: GIORNATA MONDIALE DEGLI INSEGNANTI Istituita per la prima volta nel 1993 dall’UNESCO, la “Giornata mondiale degli insegnanti” vuole richiamare l’attenzione pubblica sul ruolo dei docenti nel mondo e sulla loro importanza nella società. Il tema di quest’anno, “Formazione, la forza del corpo docente!”, evoca in maniera evidente il collegamento tra la formazione dell’insegnante e l’incidenza che la professione da lui svolta ha sulla società. Nello stesso tempo la giornata è l’occasione per riflettere, in senso più vasto, sulla condizione dell’insegnante nel nostro Paese (ci limitiamo in queste brevi considerazioni all’Italia, lasciando a studi più approfonditi l’analisi del quadro mondiale dell’educazione). I quasi 800.000 docenti italiani vivono oggi una delicata fase di trasformazione del loro lavoro. La riforma del sistema scolastico, cominciata con l’autonomia e proseguita con la legge 53/2003, li obbliga a cambiare atteggiamento e a mettere in discussione posizioni e compiti che sembravano consolidati. All’insegnante di fatto si chiede moltissimo, dalla progettazione dei percorsi didattici personalizzati al rapporto con le famiglie portatrici di problemi sempre più complessi. Il cambiamento però non è favorito da un rafforzamento della identità dell’insegnante e del suo compito educativo, per cui gli insegnanti lasciati soli a vedersela con le novità finiscono per innervosirsi o reagiscono con l’attivismo fine a se stesso. Non v’è dubbio che si stenta a prefigurare oggi quello che sarà l’insegnante di domani, perché l’immagine dell’impiegato statale fatica ad essere abbandonata e quella di un professionista capace di interagire con situazioni differenti da luogo a luogo non si traduce in realtà. Il percorso verso un nuovo stato giuridico che metta in mano all’insegnante la decisione circa il suo destino professionale ha trovato un terreno accidentato e tanti nemici. I docenti italiani rappresentano l’unico esempio di personale laureato, tra i dipendenti della pubblica amministrazione, senza possibilità di progressione ai livelli successivi per tutto l’intero corso del proprio esercizio, dall’ingresso nella scuola fino alla pensione. E l’ultimo rinnovo contrattuale ha sancito questo stato di cose. Inoltre gli stipendi dei docenti italiani, seppure siano cresciuti dal 1996 ad oggi, restano ancora lontani dagli standard europei e soprattutto vengono sempre introdotti a pioggia, senza alcuna attenzione specifica per la qualità, salvo piccole concessioni alla retribuzione professionale. Ma il fenomeno che fa più impressione oggi per il suo effetto devastante è la cosiddetta sindrome del “burn-out”, termine tratto dal gergo sportivo che indica lo stress da affaticamento fisico ed emotivo. Sembra dilagare nella scuola, il burn-out, e colpire indifferentemente giovani che entrano in crisi di fronte alle prime difficoltà, così come adulti più scafati alle prese con l’eterna burocrazia. Si può non credere agli psicologi del lavoro che stanno scrivendo libri su questa malattia dell’insegnante, ma non si può negare che tutto il settore sia attraversato da una profonda crisi di identità e motivazione. Paradossalmente, il decreto legislativo relativo alla formazione e al reclutamento degli insegnanti, varato dal Consiglio dei Ministri il 25 febbraio 2005 e ora all’esame delle commissioni parlamentari che il governo approverà entro il 17 ottobre può aggravare la situazione anziché migliorarla. Infatti se come è previsto l’intera formazione del futuro docente sarà appaltata ai corsi di laurea magistrale attivati dall’università, e non anche alle scuole, si perderà la possibilità di realizzare una significativa integrazione tra esperienza didattica e preparazione teorica. Le università sforneranno giovani dalle molte pretese ma dalle poche attitudini. Inoltre la rigidità del meccanismo del reclutamento per graduatorie regionali assegnerà a caso i docenti alle scuole, impedendo loro di proporsi con il reale curricolo posseduto e alle scuole di assumere sulla base della offerta formativa specifica che le caratterizza. Non c’è tuttavia da stupirsi di certe resistenze del legislatore perché l’apparato centralistico fatica a percepire che la professione docente è una sintesi indissolubile di libertà e competenza. Le competenze sono necessarie ma è in un tessuto di libertà di educazione, di cui fa parte anche l’autonomia dei soggetti di proporsi a istituzioni scolastiche consapevoli del proprio profilo, che maturerà il futuro della scuola. Anche e soprattutto attraverso gli insegnanti. |